CORLEONE (PALERMO) – “Inopportuna e fuori luogo, nella lotta alle mafie non sono ammissibili ombre e ambiguità. Non lo merita Corleone che ha bisogno di trasparenza, di speranza e di atti concreti. Ma sopratutto non lo meritano le migliaia di vittime innocenti delle mafie, uccise per un ideale di giustizia e di democrazia. E non lo meritano i loro familiari che quotidianamente con il loro impegno mantengono viva la loro memoria”. Lo afferma l’associazione fondata da Don Luigi Ciotti, Libera, commentando la vicenda della foto del candidato sindaco a Corleone del M5s, Maurizio Pascucci, con il marito della nipote del boss defunto Bernardo Provenzano.
Il candidato del M5s, che oggi il vicepremier Luigi Di Maio, capo politico dei grillini, ha “rinnegato”, scegliendo di non partecipare al comizio a Corleone in vista del voto di domenica, dal 2000 al 2005 è stato portavoce di Libera in Toscana e ha lavorato in una cooperativa legata proprio all’associazione Libera fondata all’inizio da undici corleonesi per coltivare 240 ettari confiscati dal 2002 tra i comuni di Monreale e Corleone.
E c’entra ancora Libera e la storia personale del candidato con la scelta di fotografare Maurizio Pascucci e il marito della nipote del boss defunto Bernardo Provenzano all’interno del bar: quello scatto sarebbe stato realizzato per rispondere alle accuse mosse durante la campagna elettorale al candidato sindaco del M5s accusato di fare antimafia giustizialista avendo suggerito in passato ai volontari nei campi di Libera di non frequentare il bar del nipote di Provenzano. A spiegare la decisione sono alcuni attivisti del M5s a conclusione della riunione nella sede del comitato elettorale.
Dice il deputato Giuseppe Chiazzese: “Siamo andati in quel bar proprio per dimostrare che noi siamo inclusivi, per prenderci il caffè… quel signore si è dissociato dal boss, prendendone le distanze. Dobbiamo fare un’opera di inclusione. Noi non li vogliamo i voti dei mafiosi e nessuno ha dubbi dell’antimafia di Pascucci”.
Intanto, al bar del nipote di “Binnu”, c’è sconforto. Salvatore sta alla cassa del bar. Gli amici entrano, gli danno una pacca sulla spalla. A neppure un chilometro c’è piazza Garibaldi, dove Pascucci, provato per la vicenda, fa il suo comizio, col discorso che aveva preparato prima dello choc. Scuote la testa Salvatore, maglione blu, jeans e scarpe da tennis: “Non voglio dire nulla, la prego…”. Poi arriva la figlia, piange. Salvatore le accarezza la testa, la consola, anche lui con gli occhi lucidi. “Ancora con sta storia di Provenzano…”, dice un amico, che insieme ad altre persone, all’interno del bar York in corso dei Mille a Corleone.