Il cantiere nel mirino del clan |Tutte le intercettazioni - Live Sicilia

Il cantiere nel mirino del clan |Tutte le intercettazioni

L'imprenditore paternese non si piega e denuncia.

Il retroscena del blitz
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MALVAGNA – Francesco Confalone e Rosario Russo non si sarebbero capacitati di come la loro potenziale vittima, un imprenditore paternese, non cedesse ai loro ricatti, nonostante gli avessero già fatto trovare una bottiglia incendiaria nel suo cantiere a Malvagna. Il nervosismo di Confalone, 36 anni, arrestato ieri insieme al “collega” Russo, 25 anni, nell’ambito del blitz Porto Franco, emergerebbe chiaramente in una delle intercettazioni captate dai Carabinieri di Taormina “perché fino a ieri gli ho chiamato … e ancora l’appuntamento lo dovevano fissare …. Mah …questo mi pare scimunito compare! …noi altri …un giorno, due giorni glieli diamo, tre giorni va bene ma mi sembra che si sta prendendo il dito con tutta la mano”. “Che tempo deve prendere… sta cercando forse come farsi attaccare al muro a schiaffi”, si legge ancora.

L’obiettivo dei due indagati – destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Messina Tiziana Leanza su richiesta della Dda peloritana – sarebbe stato quello di avanzare richieste di denaro alla ditta offrendo in cambio la “tipica” protezione di stampo mafioso. Entrambi i due soggetti sono ritenuti elementi di spicco delle famiglie criminali Ragaglia-Sangani, storicamente affiliate al clan dei Laudani. E dovranno ora rispondere delle accuse di tentata estorsione con l’aggravante del metodo mafioso.

Il BIGLIETTO, LE MINACCE E L’APPUNTAMENTO – L’appuntamento di cui parla Confalone aveva lo scopo – secondo gli inquirenti – di “definire” i dettagli delle estorsioni. Appuntamento a cui il titolare dell’impresa non è però mai andato, perché al contrario ha pensato bene di denunciare in tempo i suoi potenziali estortori. Si tratta del responsabile di una ditta paternese aggiudicataria di un appalto per il completamento dei lavori della strada Circonvallazione di Malvagna, piccolo comune del messinese, dell’importo di oltre 600 mila euro. Ed è proprio il geometra che l’11 febbraio del 2016 si reca nella stazione dei carabinieri per presentare una denuncia, poco dopo aver ritrovato nel suo cantiere la bottiglia incendiaria, attaccata alla maniglia di un escavatore. Nello specifico, l’imprenditore ha rinvenuto un flacone contenente il liquido infiammabile, un accendino e un biglietto recante una frase dal tono chiaramente estorsivo: “O cecchiti amicu bonu dicussa”. La minaccia avrebbe avuto lo scopo di far abboccare la vittima, di spaventarla e indurla così a pagare il pizzo. Ma le resistenze mostrate dall’imprenditore hanno invece mandato all’aria il piano ideato dai due presunti aguzzini.

Ma Russo e Confalone avevano messo gli occhi sulla ditta già qualche giorno prima. L’amministratore ha raccontato ai Carabinieri di aver notato aggirarsi nei pressi del cantiere una minicar di colore scuro con a bordo due giovani, che invitati a non transitare nell’area avrebbero affermato di averne necessità essendo loro dei pastori. Poco dopo il ritrovamento della bottiglia, un’altra auto, una Peugeot scura sarebbe nuovamente passata in corrispondenza del cantiere. La vittima delle minacce avrebbe poi riconosciuto in foto uno dei due giovani dell’auto, che altro non era che il giovane Russo, risultato anche intestatario della Peugeot. I riscontri eseguiti dai Ris di Messina hanno inoltre permesso di accertare che la calligrafia del messaggio intimidatorio rinvenuto nel cantiere apparterrebbe proprio al Russo. Quest’ultimo era già noto alle forze dell’ordine per dei precedenti in materia di traffico di droga. Così come Confalone risulta essere un pregiudicato.

Per gli inquirenti, tramite quell’avvertimento avrebbero, dunque, preso forma le pretese estorsive dei due. Ma il temporaggiamento della vittima inizia a far insospettire gli indagati. Russo e Confalone temono che l’imprenditore non accetti d’incontrarli perchè magari è intento a trovare una strada alternativa per sottrarsi così alle estorsioni. A quel punto i due pensano di metterlo di fronte ad un ultimatum, scaduto il quale sarebbero passati alle vie di fatto avvalendosi di altri “amici”, magari di Paternò. È quanto emergerebbe in un telefonata intercorsa tra Confalone e Russo.

“Ascolta, noi altri due giorni aspettiamo… male che va non sono questi due giorni… i due giorni passano… vi mettete sull’auto tu…. Carmelo… e mio cugino (Dario Mazzeo) … mio cugino ti presenta all’amico suo… l’amico suo vi porta direttamente da questo! Visto che …lui sta cercando tutte le quaterne”. E ancora “se la risposta non ce la fanno avere, vi mettete sull’auto e andate là che tu lo sai cosa devi fare, non c’è bisogno che te lo dico io”.

Poco dopo quest’ultima telefonata, infatti, Confalone avrebbe contattato il cugino Dario Mazzeo per organizzare la spedizione nel cantiere della vittima, così da piegarla ai ricatti. “Gli hai chiamato all’amico tuo? … se lui ancora non te l’ha data… chiami a Carmelo, chiami a Saro (Rosario Russo), te li porti, ve ne salite la sopra e lo “ziccate” voi altri (…) A me mi interessava che mi sbrighi questa cosa … di questo…con quest’appuntamento”.

Nonostante i tentativi messi in atto da Confalone, la situazione però non si sblocca. È allora che l’uomo decide di ricorrere all’aiuto degli amici paternesi. Ma anche questa strategia fallisce, perché l’incontro non avviene. C’è un intercettazione in cui Confalone rimarebbe del tutto spiazzato del fatto che nonostante “si fosse messo in mezzo Barbaro Navarria” la questione continuasse a non risolversi. E medita, dunque di pressare fino a quando non riuscirà ad ottenere il suo scopo. “Ma questo è fuori e appuntamento non è ha voluto fare … (…) questo ascolta , io lo devo fare sentire cercato da tutte le parti… deve capire, ma questo proprio mi sta portando alle strette… (…) si deve sentire chiamato da tutti i lati, quando capisce che è incastrato (rivai che baddi nta cascia) questo chi minchia è, chi minchia non è… Dico la la curiosità non ti viene di sapere chi sono e chi non sono? Hai lo spavento addosso… non si sente, se si sentiva a quest’ora mandava a chiamare subito, anzi scendeva lui”.

Le attività di captazione dei dialoghi, ad un certo punto, però si interrompono poiché Confalone rinviene nella sua auto la cimice nascosta dai Carabinieri, come si evince dall’esclamazione di un soggetto che in quel momento si trova insieme all’indagato: “ti ngagghianu”, ti hanno beccato, gli dice. Ma la reazione di Confalone all’accaduto sarebbe del tutto composta e persino ironica, “Eh bravi”, esclama.

 

 

 

 

 


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