Il caso Chinnici, l'antimafia e la memoria del padre - Live Sicilia

Il caso Chinnici, l’antimafia e la memoria del padre

Sono tempi davvero brutti per chi si è intestato determinate battaglie.
SEMAFORO RUSSO
di
2 min di lettura

Davvero brutti tempi per l’antimafia dai galloni dorati, delle telecamere al seguito, fotografata e lusingata, scortata e riverita, invitata permanente nei talk show, corteggiata dai partiti con offerte di candidature blindate. Sì, davvero brutti tempi per l’antimafia da cerimonia perché si è scoperto che suoi illustri rappresentanti all’ombra del luccicante distintivo di antimafioso doc commettevano, e pure oggi qualcuno di loro commette, gravi reati dilettandosi in loschi affari e ruberie, almeno secondo le accuse e i processi in corso o definiti.

Davvero brutti tempi per l’antimafia delle passerelle se siamo obbligati ad assistere a spettacoli davvero sconsolanti come il disinvolto cambio di casacca di parlamentari familiari di vittime della mafia per approdare, addirittura, nella vituperata Forza Italia dei pregiudicati Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri. Rita Dalla Chiesa è stata eletta alla Camera dei Deputati in una lista di FI e adesso si mormora dell’arrivo nel partito del signore di Arcore della europarlamentare del PD Caterina Chinnici, magistrato e figlia di Rocco, il fondatore a Palermo del Pool antimafia ucciso dalla mafia nel 1983.

Con tutto il rispetto, soprattutto ricordando il dolore vissuto dai familiari delle vittime di Cosa Nostra, ci riesce difficile credere che si tratti di scelte motivate da ideali e valori, nonostante l’on. Chinnici in un’intervista al Corriere della Sera abbia giustificato la sua adesione al Ppe nella delegazione di FI con lo scostamento troppo a sinistra del nuovo PD di Elly Schlein. Ciò avrebbe potuto provocare addii, accesi dibattiti interni sui temi assai cari alla Chinnici (etica, religione, minori…) non un trasloco armi e bagagli in un partito con il quale non dovrebbe avere nulla da spartire.

Molto più verosimilmente siamo dinanzi a scelte di diversa natura, pragmatiche e ben calcolate in vista del prossimo futuro, capiremo presto cosa le ha prospettato Antonio Tajani, coordinatore nazionale di FI, che l’ha accompagnata nella decisione insieme all’amica, cito ancora l’intervista al Corsera, Rita Dalla Chiesa. Medesimo discorso vale, sebbene non appartenga alla categoria, per Giancarlo Cancelleri, dal M5S a FI con un salto che nemmeno la campionessa Fiona May.

Nel mio precedente articolo su Livesicilia, pubblicato il 24 aprile scorso (“La preside dello Zen tra i coraggiosi in trincea in terra di mafia”), quando non sapevamo delle intenzioni della Chinnici, si può leggere il seguente passaggio: “…Abbiamo visto e vissuto le carriere politiche di familiari delle vittime di Cosa Nostra quasi fosse uno status, quasi fosse un destino ineluttabile fare il parlamentare, l’assessore, l’eterno candidato o candidata a tutto…”.

Nel terribile periodo delle stragi di mafia era ammissibile candidare parenti dei nostri eroi uccisi da boss sanguinari con la complicità di personaggi in giacca e cravatta di casa nei Palazzi delle istituzioni, poteva essere utile a rafforzare e consolidare l’indignata reazione popolare a quei massacri. Dopo no. Continuare a farlo ha alimentato e alimenta il rischio di ambizioni, carrierismo e attaccamento al potere. Probabilmente un rischio divenuto, ahinói, già realtà.


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