Il crac di Pubbliservizi: dall'ex Provincia al fallimento - Live Sicilia

Il crac di Pubbliservizi: dall’ex Provincia al fallimento

Il tribunale di Catania non ha omologato il concordato preventivo e ha avviato la liquidazione giudiziale della partecipata.

CATANIA – I motivi sono diversi. E ciascuno di essi sarebbe stato sufficiente, da solo, a convertire l’amministrazione straordinaria per la Pubbliservizi in una procedura di fallimento. Per il tribunale di Catania, però, vanno elencati tutt’e quattro. Affinché si capisca perché neanche cinque milioni di euro sarebbero bastati a salvare dal tracollo la società partecipata dalla Città metropolitana di Catania e sprofondata in un buco nero dal quale solo la liquidazione sembra destinata a salvarla.

Per ricapitolare la storia bisogna tornare indietro di un anno. Era la fine del 2021 e il sindaco metropolitano Salvo Pogliese, ai tempi ancora in carica, aveva firmato il prelievo di cinque milioni di euro dal “Fondo perdite delle società partecipate” nel bilancio dell’ex provincia. I soldi sarebbero serviti a rasserenare le famiglie dei poco meno di 400 dipendenti di Pubbliservizi e, insieme, il tribunale di Catania. Da tempo, infatti, Pubbliservizi tentava di accedere al concordato preventivo, per affrontare il futuro con un piano di ristrutturazione del debito sostenibile.

La società aveva allora presentato la proposta di concordato agli uffici di piazza Verga. E, un anno fa, i cinque milioni messi sul piatto dalla Città metropolitana sembravano bastevoli a tirare un sospiro di sollievo. Ma non lo erano. Neanche quando, a parole, a quella somma sono stati aggiunti altri 500mila euro. “Il tribunale ritiene che la procedura di amministrazione straordinaria di Pubbliservizi s.p.a. debba essere convertita in procedura liquidatoria“, si legge nel decreto dei magistrati. Pubbliservizi non sarebbe né in grado di ripristinare un sano andamento d’impresa, né sarebbe capace di pagare i creditori in condizioni normali.

Negli scorsi mesi, alcuni paletti affinché il crac fosse scongiurato erano stati messi direttamente dal Ministero dello Sviluppo economico. Il primo era che ai cinque milioni citati la Città metropolitana di Catania, socia di maggioranza, aggiungesse mezzo milione. Il secondo riguardava invece il conferimento, sempre da parte dell’ex provincia, di un immobile a Pubbliservizi (un capannone in via Gelso Bianco, da usare come sede della società). Il terzo era una rimodulazione delle tariffe di servizio, “con possibilità di fare i dovuti investimenti aziendali“. Tutti adempimenti che però, per il tribunale, sarebbero stati lontani dall’essere rispettati.

I 500mila euro di incremento del trasferimento straordinario, scrivono i giudici, era solo “prenotato” da parte della Città metropolitana. E sarebbe diventato concreto, e quindi erogabile, solo se si fossero realizzate un’altra serie di condizioni. Tra le quali il rinnovo del contratto di servizio tra Pubbliservizi e la Città metropolitana per il 2023/2024 (ancora non avvenuto) e “l’avvio di azioni di responsabilità“, cioè di richieste di risarcimento ai danni di chi – professionisti e amministratori – avrebbe permesso che la partecipata arrivasse a raschiare il fondo del barile. Inoltre, aggiungono i giudici, “questo collegio non constata alcuna verifica e conferma della revisione dell’impianto tariffario che consenta una sicura copertura dei costi”.

Per i giudici, sarebbe stato necessario prevedere contratti di durata più breve che triennale, in modo da permettere aggiustamenti e “negoziazioni” più frequenti. E poi sarebbe stato indispensabile che la Città metropolitana pagasse di più. A novembre 2022, il commissario straordinario dell’ex provincia Federico Portoghese ha firmato l’atto di indirizzo per l’affidamento di vari compiti a Pubbliservizi. Importo totale? Quasi undici milioni e mezzo di euro. “Non sufficienti ad assicurare l’equilibrio economico finanziario della società partecipata per il 2023″. Quando Pubbliservizi ha chiesto più soldi, Portoghese avrebbe risposto picche, ponendo quegli 11,4 milioni come “limite invalicabile“.

Condizioni che rendono l’equilibrio economico-finanziario di Pubbliservizi, per i giudici, impensabile nel futuro. Il fallimento (o, per essere più precisi, la “liquidazione giudiziale”) è l’unica strada. Per il 2022, Pubbliservizi continuerà a operare. Non è detto, però, che il 31 dicembre sia la data ultima per la partecipata: “sussitendone l’opportunità, l’esercizio può essere prorogato”. Cioè, Pubbliservizi, se ce ne fosse la possibilità, potrebbe continuare a lavorare nei settori che le competono (la manutenzione delle strade provinciali, per esempio, o quella delle scuole). Ma potrebbe anche accadere che ne venga “ordinata in qualsiasi momento la cessazione“.


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