Una settimana fa gridò allo scandalo. Accusò Live Sicilia: o mente o inventa. Rispose colpo su colpo, commento su commento, ai lettori che a centinaia chiedevano risposte e spiegazioni. Lui è Leoluca Orlando, il sindaco di Palermo. Il caso è quello di Alfredo Milani, dirigente nominato da Orlando il 19 luglio scorso a capo del settore Fitti del Comune, beccato nel ’99 con una mazzetta in tasca.
Come era compatibile quell’incarico con una storia cruda e inquietante come quella raccontata dalle cronache giudiziarie del tempo? Orlando, sette giorni fa, disse che non avrebbe potuto fare altrimenti. Che la legge non gli consentiva altro che confermare Milani nei ruoli chiave dell’amministrazione. Anzi, spiegava il sindaco, lo aveva tolto da un incarico più importante, quello delle Risorse Umane “dove lo aveva messo Cammarata” per trasferirlo al settore Fitti.
Oggi, sette giorni dopo, Livesicilia è in grado di dimostrare che Alfredo Milani, tredici anni fa, fu licenziato dal Comune di Palermo. E che una persona decise, discrezionalmente, assumendosi la piena responsabilità, che quel licenziamento non doveva avere corso. Quella persona era il “professor” Leoluca Orlando, sindaco di Palermo. Come emerge dal carteggio amministrativo di quegli anni, documenti riscontrati e verificati da Livesicilia, il sindaco di Palermo decise di concedere una seconda chance all’allora dirigente del servizio Tarsu. La decisione di riammetterlo a Palazzo delle Aquile arrivò a distanza di cinque mesi dal giorno in cui Milani patteggiò una condanna a due anni per avere intascato mazzette da alcuni imprenditori. Soldi in cambio di sostanziosi sconti sulla tassa per lo smaltimento dei rifiuti.
Il primo documento del carteggio amministrativo è del 14 marzo 2000. In quella data Alfredo Milani scriveva al sindaco Orlando, al segretario regionale del Comune e alla Ripartizione del personale. La lettera di Milani era la risposta a una nota che il dirigente aveva ricevuto il 4 marzo e in cui veniva affrontata la “risoluzione del rapporto di lavoro a seguito del patteggiamento da me richiesto”. In pratica, Milani era stato proposto per il licenziamento dal Comune. Milani prese allora carta e penna e scrisse anche a Orlando: non cercava alibi, parlava di “un momento di debolezza che non può stereotipare un intero vissuto”. Chiedeva di “ritrovare dignità e rispettabilità” e si appellava alla “benevolenza” dei suoi interlocutori per rientrare in servizio.
Dalla sua parte pesava, e il dirigente ne faceva menzione nella lettera, il fatto che all’epoca del patteggiamento non fosse ancora entrata in vigore la legge 475/99. Una legge che ha reso immediato e automatico il licenziamento per un dipendente che patteggia una condanna per concussione o corruzione. Fino al 1 gennaio 2000 – il patteggiamento di Milani è del 9 novembre 1999 – vigeva, invece, una norma che riconosceva un margine di discrezionalità all’amministrazione sulla scelta di licenziare o meno un dipendente infedele.
Orlando oggi scrive: “Il signor Milani è un dipendente in servizio con la qualifica di dirigente e l’amministrazione non può a proprio piacimento licenziarlo o assegnarlo ad un incarico non dirigenziale. L’amministrazione può solo applicare la legge. Piaccia o non piaccia agli autori dell’articolo”, ha scritto il sindaco commentando di suo pugno un servizio di Live Sicilia. Insomma, il Professore oggi sente di avere le mani legate. C’è stato, però, un momento in cui Orlando ha avuto la possibilità di scegliere di mandare a casa un dipendente. E ha deciso diversamente.
Milani sperava in una seconda possibilità e invocava la benevolenza degli amministratori, citando questioni personali e umane. Il 20 marzo l’allora dirigente coordinatore della Ripartizione personale Servizio Disciplina, Sergio Pollicita, oggi responsabile dello Sviluppo organizzativo di Palazzo delle Aquile dove ha ricoperto anche l’incarico di capo di gabinetto, chiedeva al sindaco e al segretario generale di “esprimere le determinazioni necessarie a porre in essere gli adempimenti conseguenziali”. Insomma, come si doveva procedere sul caso Milani? L’1 aprile arrivò la risposta. Vergata a mano dal sindaco in persona. Fu Orlando a “graziare” Milani: “Tenuto conto delle giustificazioni prodotte dal dirigente Milani, preso atto delle difficoltà economiche rappresentate dallo stesso e relative alla necessità di provvedere al mantenimento della propria famiglia, tenuto conto che alla procedura risulta applicabile la normativa che precede l’entrata in vigore della legge 475/99 si dispone la formalizzazione del provvedimento di riammissione in servizio del suddetto dirigente a decorrere dal 3 aprile 2000 con messa a disposizione presso la ripartizione Segreteria generale senza la corresponsione di alcuna indennità di posizione. Firmato, il sindaco Prof. Leoluca Orlando”. L’iter si completava poche ore dopo con l’atto a firma di Pollicita di riammissione in servizio “in attesa del conferimento dell’incarico da parte del Signor sindaco”.
Milani tornò al lavoro. E’ ancora al suo posto. Tredici anni dopo. Grazie a una scelta discrezionale, senz’altro legittima e nelle sue motivazioni anche rispettabile, assunta da Leoluca Orlando. Che però una settimana fa dimenticò di raccontare questo particolare. Che forse avrebbe fatto prendere un’altra piega a questa storia.