Tzorvas il greco ha compiuto una grande e due buone parate. Ha subito il gol di Conti per colpa sua, responsabilità di barriera mal piazzata e di riflesso tardivo, mentre nulla poteva sulla perscussione sarda che ha devastato le coronarie dei prodi rosanero, già con i tre punti in saccoccia. Sul web, nei bar, nelle sacrestie, sulle tolde dei velieri, negli sgabuzzini, nel condominio, nei campi, da Bolzano a Palermo, insomma, ovunque, rimbalza una questione fondamentale per il futuro del pianeta. Essa è variamente declinata, ma noi la riassumiamo secondo una celebre formula di Giuseppe D’Agostino, la voce sportiva più bella che c’è: ‘sto Tzorvas è un campione o un attarone? Dicesi attarone – nella vulgata panormita – portiere assopito, sconclusionato e colabrodo. Da qui, l’esclamazione: miiii ‘ru attarone. Eccetera.
Il problema è stato esaminato, ieri, in tribuna stampa. C’era chi osservava il bell’ellenico con sospetto. Sarà mica la causa della crisi greca? Altri lo assolvevano. La parata sul colpo di testa è stata sensazionale. Tzorvas ha allungato la mano con uno splendido guizzo. Sul passaggio di Conti se l’è inviata in rete da solo. E dunque, prodigio o schiappa? La piazza palermitana ha un rapporto psicologico complesso con i guardapali. O li odia o li ama, quasi a prescindere dal valore. Amatissimo fu Luca Berti che era un grande interprete del ruolo. Amatissimo fu Sicignano con i suoi deficit cognitivi tra i pali. Odiato fu Graziano Vinti, per venire al tempo recente. Nell’evo presente si ripropone il dilemma che ha innalzato o incenerito uomini di polso. Dal lettino di Freud alla porta e ritorno. E se lo lasciassimo parare in pace, Tzorvas il greco? E se ci abituassimo all’idea che esistono perfino portieri normali?