PALERMO – Dopo aver presentato ricorso al Tar per chiedere la sospensiva e l’annullamento dell’arcinota ordinanza 191 della giunta Orlando sulla movida notturna, una ventina fra gestori, musicisti e disk jockey di Palermo ha deciso di costituirsi nell’associazione ‘Vivo civile’. L’obiettivo è “proseguire la battaglia contro un provvedimento che giudichiamo iniquo e ambiguo – dicono –. Siamo sicuri di vincere il ricorso. Ma non ci fermeremo qui: vogliamo promuovere altre iniziative per il bene comune di questa città, per il decoro e la pulizia urbani, contro l’abusivismo e l’illegalità”.
La presentazione di ‘Vivo civile’ si è tenuta stamane presso la sede del centro antiviolenza “Lia Pipitone”. A fare gli onori di casa c’erano i principali promotori del ricorso, Antonio Ferrante, presidente della costituenda associazione, ed Eduardo De Fillippis, consigliere della Settima circoscrizione. Oltre all’artista Tony Troja, erano presenti anche alcuni degli esercenti più “agguerriti”, come Marco Mineo del Cavù, Fabio Ciulla di Siciliano e Vespa Cafè, Giuseppe Lo Grasso del Newart Winebar, Michele Gullo del Ricovero e Rosi Gambino del Taocube.
Il presidente Ferrante è tornato sul contestato provvedimento partendo da un distinguo che non vuole essere meramente linguistico: “Noi non siamo la movida – afferma –. Questo termine ormai ha assunto una valenza negativa. Noi siamo imprenditori che con la loro attività fanno crescere la città. Palermo non può vivere senza il turismo, la cultura, l’enogastronomia. Quest’amministrazione si è dimostrata ambigua – continua Ferrante –: chi paga le tasse viene sanzionato, chi piazza le bancarelle abusive viene tutelato”.
Tra i punti maggiormente contestati, com’è noto, ci sono i limiti orari e di volume della musica, sia di sottofondo sia dal vivo, e il divieto di servire all’esterno bevande in vetro o in lattina. A parere di Ferrante, quest’ultima è la misura “più incomprensibile e di difficile applicazione, né sono indicate in modo chiaro le sanzioni. Le altre misure invece trasformano la città in un parcheggio di giorno e in un dormitorio di notte”. “Non vogliamo il ritiro dell’ordinanza – afferma Troja – né che in posti come la Vucciria, Ballarò o i Candelai smettano di lavorare. Ma devono esserci regole uguali per tutti”.
Gli esercenti avevano proposto una ‘contrordinanza’ di compromesso, che l’amministrazione ha accolto solo in parte: il limite orario spostato di un’ora, il limite sonoro innalzato fino a 85 decibel, il mantenimento della filodiffusione fino all’orario di chiusura, norme più chiare in materia di raccolta differenziata. “A un mese dall’uscita dell’ordinanza i miei incassi hanno subito un crollo – dice Ciulla – e ho dovuto già licenziare due dipendenti”. “Anch’io ho subito una flessione, di almeno il 70% – aggiunge Lo Grasso –. Appena spegniamo la musica la gente se ne va”. “C’è un’ingiustizia di fondo in questa ordinanza – chiosa Rosi Gambino –. Ci sono locali adibiti a sale da ballo e discoteche che non hanno niente di diverso dai nostri, ma che sono in salvo dai divieti”.