CATANIA – Da fabbrica opulenta a rifugio per disperati. Da simbolo dell’Italia industriale a ricovero di fortuna per centinaia di persone che, senza vergogna, si riparano lì, nascosti allo sguardo indiscreto della città che, a pochi passi, vive come se nulla fosse. È la ciminiera accanto l’ex Consorzio Agrario di Viale Africa, diroccata e piena di insidie, davanti all’ingresso della quale campeggia un cartello di inizio lavori, mai avviati, diventata rifugio per chi, e a Catania sono sempre di più, non riesce a permettersi un alloggio.
A pochi passi dall’ex Palazzo delle Poste, ribattezzato qualche anno fa l’Hotel dei disperati, a qualche metro dalla nuova piazza Rocco Chinnici, di fronte a una scuola elementare c’è un mondo che vive in condizioni inaccettabili, tra una distesa di rifiuti – misti ad escrementi e vestiti – quasi insormontabile, tra cocci di vetro e materassi abbandonati.
Entrare nell’edificio è semplice: un’apertura praticata nel lato del cancello di ingresso, permette a chiunque di accedere. Una volta all’interno, la scena che si presenta agli occhi e choccante: quello che una volta era il pavimento non si scorge più, ricoperto da una quantità di rifiuti e immondizia incredibile. Ogni angolo è
stracolmo. Alcuni mucchi nascondono pericolosi buchi, talvolta voragini, dalle quali si intravede la struttura sottostante.
Una scala porta alla parte superiore, una sorta di zona notte: dietro cortine realizzate con tende, coperte o lembi di stoffa, si trovano adagiati sul pavimento i giacigli, anche questi circondati di rifiuti. Fuori, il posteggio dei dipendenti dell’Ufficio postale racconta della vita cittadina che scorre come sempre. Tra i due mondi, un po’ di filo spinato e tanta indifferenza.
La parte superiore dell’ex industria, invece, viene utilizzata come cucina: è qui che, la sera, gli occupanti della struttura, quasi tutti africani e provenienti da vari paesi, mangiano qualcosina.
A raccontarcelo è proprio uno di loro, Ben. Ha 46 anni e viene dal Mali, dove ha lasciato la moglie e sei figli. Ci spiega che all’interno dell’ex raffineria vivono in circa cinquanta, tutti uomini – non si può permettere a donne e bambini di vivere in questo modo. Lui, prima di arrivare a Catania, è stato a Caltagirone, poi in Germania. Ci dice che fa il bracciante e che, non importa cosa si raccolga, la paga va dai 20 ai 25 euro al giorno.
Anche John fa il bracciante in campagna: ha un sorriso sulle labbra che non scompare, neanche quando ci racconta della vita che fa e di quella che desiderava – lavorare e poter campare la famiglia. John ci dice che la mattina molti di loro vanno a lavarsi all’Help center della Caritas e che, ogni tanto, i volontari portano
loro vestiti e scarpe. In Italia, lui come tanti altri, è arrivato imbarcandosi in Libia. L’obiettivo è la Germania.
Infine incontriamo Mohamed. Vive in Italia da 12 anni e oggi sta a Catania. Ma vuole andare via. A Roma. È da poco iniziata la raccolta degli asparagi, ci dice, lì ci sono nuove opportunità.