Se Raffaele Lombardo è il Grande Antipatico della politica, Francesco Gudolin è il Grande Antipatico del calcio, sicuramente a Bologna e a Palermo per tacere di altre contrade. Un’antipatia centellinata con gusto, divisa goccia a goccia, spezzata come il pane, briciola per briciola. Uno che parla di salvezza quando la squadra è in zona Champions. Uno fissato con lo Zingarelli (“ma tu lo parli l’italiano?). Uno che allena come si timbra il cartellino in fabbrica il lunedì mattina, senza sorridere mai. Uno che non sopporta le domande scomode e le critiche. Dopo Palermo-Fiorentina, dopo il celebre gol di Cavani, Francesco Guidolin disse in sala stampa: “Edinson è il nostro gioiellino”. Puntualmente una valorosa cronista di una radio minore (sempre i più piccoli sono i più coraggiosi dei grossi) lo rimbeccò: “Un gioiellino nello scrigno, visto che lei non lo fa giocare mai”. Egli, il mister di Castelfranco Veneto, diventò paonazzo, poi viola addobbo funebre. E farfugliò, sibilante: “Senta, io dico che mandare allo sbaraglio un ragazzo che non parla nemmeno bene l’italiano è una cosa scorretta”.
Non gli piacciono le critiche a Checco (per gli amici) ribattezzato Ciccio in terra di Sicilia. Per la verità non piacciono a nessuno dei calciatori, allenatori o affini, considerato che si privilegiano ormai i quesiti formulati direttamente dall’inginocchiatoio. Una volta un cronista di casa nostra consolò uno sconfitto Malesani: “Avete giocato benissimo”. E quello: “Ma se abbiamo fatto schifo”. Quando l’offerta supera abbondantemente la domanda.
Dunque, Ciccio G. è il Grande Antipatico. La prova? Nonostante il migliore piazzamento nella storia del Palermo, nessuno qui lo ricorda con immutabile amore. Anzi, qualcuno gli imputerebbe perfino un paio di scudetti mancati. Del resto, Ciccio non poteva piacere ai palermitani. Troppo serio, troppo misurato, troppo signore, troppo di profilo basso, troppo nordico, troppo innamorato della Sicilia, al netto di ogni possibile atteggiamento da ruffiano. Troppo antipatico, Ciccio Guidolin. Che la Dea Eupalla (inventata da Brera) ce lo conservi a lungo.
Partecipa al dibattito: commenta questo articolo