Un’iniziativa dal sapore antico. Tra candele, incenso, e canti in latino. Ma il momento centrale è stato però in italiano, quando cioè Don Antonio Ucciardo, che insegna religione presso l’istituto tecnico aeronautico “Ferrarin”, e tiene la cattedra di teologia dogmatica presso l’istituto superiore di scienze religiose “San Luca” di Catania, ha commentato il passo del vangelo di Giovanni riferito proprio al ministero di San Pietro: “Seguimi” e “pasci le mie pecorelle”. “Se è vero infatti che Giovanni Paolo II si è conformato a Cristo accettando di morire sulla croce – ha detto Ucciardo- il mistero della morte di Gesù non si esaurisce però sul Golgota, ma negli inferi, il regno dei morti, il luogo della radicale solitudine e dell’estrema solidarietà di Cristo con l’uomo”. “Il Papa – ha sottolineato il teologo- ha rinunciato al papato, ma non all’amore di Cristo, anzi ha scelto di morire in solitudine con Cristo, affinché il suo sacrificio personale porti frutti di grazia a tutta la chiesa che è ingovernabile”.
La riflessione di Ucciardo è forte. Lui stesso ha detto che “non possiamo comprendere l’intera portata” della lezione di Benedetto XVI. É vero però un dato: l’affondo teologico-spirituale del sacerdote catanese è figlio dello studio dell’opera ratzingeriana. Lo stesso Papa teologo aveva parlato già da giovane, in Introduzione al Cristianesimo, del nesso tra morte e solitudine nel mistero della croce, preannunciato proprio dal grido disperato del Gesù morente: “Dio mio, perché mi ha abbandonato”. L’invito di Ucciardo è dunque quello di pregare e di rifuggire dalle individualità che “stanno lacerando la Chiesa”.
Intervistato da LiveSiciliaCatania, alla domanda se col prossimo pontefice potrà continuare a celebrare la messa tradizionale, peraltro liberalizzata dallo stesso Benedetto XVI, Ucciardo è sereno: “Credo che non cambi nulla. Anche perché il Papa non ha voluto dare un contentino a dei cattolici nostalgici, semmai ha voluto farci riscoprire la bellezza di questa liturgia e sostenere, di rimando, la corretta celebrazione della nuova messa”. Davanti alla valutazione se l’utilizzo del messale antico abbia portato dei benefici anche a Catania, Ucciardo non ha dubbi: “I frutti ci sono. C’è un gruppo stabile che segue la celebrazione e che sta approfondendo lo studio del culto divino, secondo le direttive del Vaticano II”. “Lo ribadisco però – ha ammonito Ucciardo- non ho intenzione di celebrare un tradizionalismo che, se sganciato dal magistero vivente, diventa solo un idolo, alla stessa maniera del progressismo”.
Sullo stato di Salute della Chiesa di Catania è ugualmente confortato: “Grazie a Dio, dalle nostre parti non ci sono divisioni. Ma se guardiamo alla Chiesa universale -ha chiosato- è lo stesso Papa a denunciare come essa sia divisa. Se unità – ha aggiunto- vuole dire fede, oggi siamo davanti ad una crisi. Bisogna riconoscere – ha detto Ucciardo laconicamente- che la fede cattolica va sempre più spegnendosi. Per questo – ha concluso il prete teologo- il Papa, con una determinazione tutta montiniana, ha detto, e lo condivido, che bisogna tornare all’autentica interpretazione del Concilio”.