“Aprire la tomba di Salvatore Giuliano? La cosa non mi fa per nulla contento?”. Lo afferma in un’intervista a CNRmedia il nipote di Giuliano, Salvatore Sciortino, in vista della riesumazione prevista il 28 ottobre dopo l’incarico affidato dalla procura di Palermo al medico legale Livio Milone, che dovrà effettuare gli esami del dna per accertare se il cadavere sia realmente quello del bandito.
“Ci porto i fiori da oltre 40 anni – dice Sciortino – ma visto che si è venuta a creare questa situazione di mistero e curiosità intorno a questa tomba, a questo punto sono curioso pure io e voglio scoprire a chi ho portato i fiori per tutti questi anni. E’ importante fare chiarezza anche per me. Sono curioso di vedere se quella è la tomba di mio zio”.
Sciortino parla anche della figura del bandito di Montelepre. “Il mito di Giuliano esiste ancora, a distanza di 50 anni. Certo, adesso che c’è la crisi economica persone che vengono dall’estero ce ne sono meno ma quando l’economia tirava, almeno due o tremila persone venivano ogni anno in pellegrinaggio, per vedere la casa, la tomba. Mi piacerebbe che Giuliano venisse ricordato come il simbolo della ribellione del sud oppresso e sfruttato. Lui era il braccio armato del movimento per la liberazione della Sicilia, la sua formazione militare era chiamata Brigata Palermo, non la ‘banda di Giuliano’ come diceva lo Stato. Nella Brigata Palermo c’erano cinque reparti, quattro maschili e uno femminile. E quello femminile lo guidava mia madre”, conclude il nipote di Giuliano.