Il Palermo dei 'picciotti'| e del doppio allenatore - Live Sicilia

Il Palermo dei ‘picciotti’| e del doppio allenatore

Per spiegare la concretezza di Beppe Iachini bisogna tornare indietro nel tempo quando guidava a centrocampo il Palermo di Arcoleo.

il processo ai rosanero
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PALERMO – Campionato di serie B, ’95-’96, allenatore Ignazio Arcoleo, presidente Giovanni Ferrara: questa era la formazione tipo: Berti, Galeoto, Assennato; Iachini, Ciro Ferrara, Biffi; Vasari, Di Già, Scarafoni, Tedesco e Rizzolo. Classifica finale: settimo posto. Quasi un prodigio, visto che l’obiettivo di partenza era la salvezza. Prodigio, tutto (o quasi) merito dei due allenatori del Palermo. Due? Sì, due: ora possiamo dirlo, il segreto di quel campionato fantastico fu il poter disporre non di un solo allenatore, ma di due: uno in panchina, l’emergente Arcoleo, reduce da tre campionati eccellenti nel Trapani, e uno in campo, Iachini.

Arcoleo assemblò con mano felice, direi ispirata, un gruppo eterogeneo, composto da ragazzini ( i cosiddetti “picciotti”, perché tutti palermitani doc, provenienti dalla squadra “primavera”, come Galeoto, Assennato e Tedesco, Lucenti) da un campioncino in erba, anch’egli palermitano verace, Vasari, da un attaccante di genio come Rizzolo (che proveniva da una stagione sfortunata, con la speranza che in maglia rosanero ritrovasse l’estro perduto) e da gente scafata ed esperta della categoria come Berti, Biffi (il capitano), Di Già e Scarafoni.

E, soprattutto, lui, Giueppe Iachini, detto Beppe. Arrivò nel Palermo che aveva già 31 anni suonati, età che, specie a quei tempi, era già un’età .. avanzata per un calciatore. Arrivò con la fama del mediano di rottura, il cosiddetto incontrista frangiflutti, ma in quel Palermo di “picciuttieddi” – poiché era necessario, anzi indispensabile – si trasformò in regista, in play maker, davanti alla difesa. Una trovata geniale, opera sua e del mister, col quale aveva un’intesa naturale, che andava ben al di là del rapporto allenatore-giocatore.

Arcoleo intuì subito che le sue idee modernissime sul calcio offensivo, che prediligeva, potevano applicarsi a quella manica di ragazzini solo se lì in campo con loro, in mezzo a loro, a guidarli, a dare l’esempio, potesse esserci un giocatore vero, completo, non solo … di piede ma, ancor di più … di testa. E capì subito che gli serviva uno con l’esperienza, il carisma, l’intelligenza di Beppe Iachini. E fecero, insieme, quel po’ po’ di campionato che sorprese un po’ tutti, i colti e gli incliti e che, a fine girone d’andata, li vide nientemeno che primi in classifica.

Perché questa lunga premessa prima di spiegare com’è veramente Iachini, al di là delle etichette ? Un po’ perché, dato lo spessore del personaggio, gli spetta di diritto; un po’ per capire meglio la “rivoluzione” portata nella sua squadra, che con la sua guida dalla parte destra della classifica ha chiuso in testa il girone di andata. Il tutto in meno di tre mesi, trentatre punti in 14 partite, una media di oltre due punti a partita.

Un lavoro eccellente, direi sorprendente se non si stesse parlando di Iachini, uno che a “imprese” del genere ci ha abituati, visti i suoi precedenti specifici ( serie B, squadra presa in crisi e condotta fino alla promozione) al Chievo, al Brescia e alla Sampdoria. Qual è il suo segreto? Se glielo chiedi, lui fa una smorfia: “Quale segreto! Non ci sono segreti, oltre al lavoro: lavoro, lavoro ed ancora lavoro!”. Ecco come risponde, niente di originale, è vero, ma estremamente sincero.

Però lui aggiunge un dettaglio strettamente personale, che spiega la sua indole meglio di un lungo discorso: “Aspettiamo prima di parlare di serie A ormai a portata di mano: noi dobbiamo pedalare, non sognare!”. E ancora: “ Sono stato chiamato per riportare subito il Palermo in serie A e ce la sto mettendo tutta per riuscirci, ma se mi volete dare un bel “10” per il girone di andata chiuso in testa, vi rispondo che il “10” dovete darlo ai ragazzi: sono loro che scendono in campo, io mi limito a indicare loro la strada giusta e loro sono bravi a seguirla!”. E poi, facendosi ancora più serio di quanto di solito non sia, precisa: “Io no sono un mago, non amo stare in prima pagina, ho il mio carattere e me lo tengo e forse questo mi è costato qualcosa in termini di carriera… Ma va bene così, anche perché io voglio messere giudicato solo per il mio lavoro… Come sono dentro veramente lo so io, lo sa mia moglie, lo sanno i miei figli… E penso che basti!”.

Insomma, cari lettori, Iachini è uno concreto, che non ama gli svolazzi né come allenatore, né come persona: gli piace fare i fatti, perché – come si dice – le parole, se sono solo parole, se le porta via il vento. E poi, aggiungo io, lui conosce bene Zamparini, sa di che pasta è fatto, perché non lo conosce solo da allenatore, ma anche da (ex) giocatore. Nel ’97, infatti, quando giocava nel Venezia, chi era il suo presidente? Indovinato: era lui, “Zampa”. Che non è mai stato un presidente “facile”, ma un autentico molosso, che non molla mai, neppure di un centimetro, la testa del suo allenatore e al primo dubbio lo caccia via. Non per niente, è universalmente, conosciuto come il più famelico “mangiallenatori” d’Italia. Insomma, se questa estate ebbe una qualche esitazione ad accettare la proposta del presidente di allenare il Palermo, suvvia, lo si può capire. Prese tempo, Iachini che Zamparini non gli diede e così si “inventò” Gattuso, allenatore del Palermo! Capita nel calcio, perché nel calcio capita di tutto e di più. Il poi lo conosciamo, sei partite, sette punti, due trasferte consecutive, due sconfitte: con lo Spezia e col Bari. Via Gattuso, e di nuovo di filato su Iachini. Che stavolta accetta senza esitazioni, non promette nulla di più e nulla di meno che l’unica cosa che gli chiede il presidente, la serie A. E la sua mano si vede subito. In verità non tanto nel gioco quanto nei risultati e qualcuno con la puzza sotto il naso semina zizzania ugualmente: non gli basta che il Palermo risalga la classifica con gli stivali delle sette leghe, vuole anche lo spettacolo. “Arriverà anche quello – assicura, pacato come sempre, Iachini – è solo questione di tempo!”. Anche se, aggiungerei io – e qualche altro come me che il ritorno in serie A mica può aspettarlo altri 32 anni – non è obbligato a darcelo. Per andare in A, bastano i risultati! Ma lui è uno tutto d’un pezzo, non parla molto, dice cose stringate, semplici, che tutti possono capire. Una è questa: “Ho chiesto, per gennaio, un uomo di regia e ho fatto due nomi, Lodi e Valdes, ma si sono accasati altrove. Stiamo vagliando altre soluzioni e, data la delicatezza del ruolo, preferisco gente esperta”. Ma è anche un uomo che ama il rosanero, basta vedere come spiega gli spalti vuoti nonostante la testa della classifica: “La retrocessione è stata vissuta male, dopo dieci anni di gran calcio in serie A… Anche il meteo non ci ha aiutato…E l’appeal degli avversari? Vuoi mettere Juve, Milan, Inter con il … Cittadella? “.

Poi, però, conclude così: “Ma sono sicuro che se il Palermo continuerà a vincere, gli spalti torneranno a riempirsi e questo per me sarà motivo d’orgoglio, perché l’atro mio obiettivo, dopo la serie A, è rendere felici i tifosi, ritrovare il loro entusiasmo!” .


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