Il Pd e il partito dei "sempreinpiedi" |Quattro liste per battere i grillini - Live Sicilia

Il Pd e il partito dei “sempreinpiedi” |Quattro liste per battere i grillini

Per il dopo Crocetta il Pd punta a un'alleanza larga che metta dentro quasi tutto il vecchio centrodestra siciliano. Una carovana che negli ultimi tre lustri ha transitato sotto le insegne cuffariane, berlusconiane, lombardiane e crocettiane. E che ora è pronta ad accasarsi sotto i vessilli renziani.

il dopo crocetta
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PALERMO – Qualcosa è cambiato. Dalle parti della maggioranza, dopo i giorni difficili del “caso Tutino” si avverte per la prima volta dopo mesi un insolito ottimismo. Se nelle conversazioni dei mesi scorsi serpeggiava la quasi rassegnazione a una sberla elettorale alle prossime regionali, negli ultimi giorni la coalizione che sostiene Rosario Crocetta appare ringalluzzita e investita da nuove speranze sulla possibilità di successo, malgrado la “minaccia” di un exploit grillino.

Certo, tra il dire e il fare c’è di mezzo quel che resta della legislatura. Le ricostruzioni romane parlando di un Renzi intenzionato a portare al voto la Sicilia e la città di Roma nella prossima primavera. All’Ars tira un’aria ben diversa, con i deputati che appaiono saldamente attaccati ai loro scranni. Ma nel caso in cui davvero l’ipotesi di voto anticipato nel 2016 dovesse concretizzarsi, il Pd si sta attrezzando con ritrovata fiducia. Puntando le sue fiches sul nascituro partito dei “sempreinpiedi”. 

La strada è tracciata così come raccontato lunedì da LivesiciliaNei piani del Pd c’è un patto con i centristi per riproporre alle urne la maggioranza che oggi sostiene Renzi a Roma. E le ultime uscite pubbliche dei vertici di Ncd e Udc confermano lo schema.

La parola d’ordine è “liste”. Al plurale. È questo il valore aggiunto su cui punta il Partito democratico, a cui toccherà l’arduo compito di far dimenticare agli elettori i poveri risultati dei suoi governi guidati da Crocetta. Risultati che potrebbero spingere i 5 Stelle a un exploit senza precedenti, consegnando ai grillini siciliani Palazzo d’Orleans.

La contromossa che il Pd studia è duplice. Da una parte si cercherà di portare a casa qualche risultato da offrire agli elettori, spingendo al massimo sulle riforme, fin qui sempre annunciate e mai realizzate, come auspicato ieri nel vertice tra Crocetta, Raciti e D’Alia. Dall’altra si punterà molto sulla quantità delle liste, che nei piani della coalizione dovrebbero trainare il candidato premier. Un valore aggiunto, quello delle liste, che i 5 Stelle, si ragiona in casa Pd, non hanno, correndo da soli e senza alleati.

E così si lavora al piano per sdoganare una grande ammucchiata, con dentro una gigantesca carovana che negli ultimi tre lustri si è mossa con disinvoltura sotto le insegne cuffariane, berlusconiane, lombardiane, e che ora è pronta con tempestività ad accasarsi sotto i vessilli renziani. I “sempreinpiedi”, appunto.

Lo schema per le regionali venture, che nessuno ancora sa quando arriveranno, prevede almeno quattro liste. La prima sarà quella del Pd, con una lotta all’ultimo sangue tra gli uscenti per conservare lo scranno nella nuova Ars con venti seggi in meno. La seconda è la lista del presidente, aperta alla società civile, senza big a fare da tappo. Un esperimento che funzionò per il Megafono di Crocetta, dopo essere tragicamente fallito con Anna Finocchiaro.

La terza lista nascerà dall’unione di Pdr e Sicilia democratica. Un matrimonio che si dovrebbe perfezionare già nei prossimi giorni. Le creature dell’eternoTotò Cardinale e del compianto Lino Leanza, che hanno raccolto vagonate di deputati eletti nel centrodestra e folgorati sulla via del renzismo, faranno asse. E cercheranno di trovare posto per altri possibili interessati. Già oggi la pattuglia conta pezzi da novanta dell’era del centrodestra cuffariano, come l’ex assessore regionale Michele Cimino (tra i leader del Pdr) e altri ex miccicheiani, ex romaniani, ex aennini e compagnia cantando.

E poi c’è la quarta lista, che dovrebbe rappresentare il pilastro centrista. Un nuovo soggetto politico che prenderà le mosse da Area popolare, con Ncd e Udc a far da locomotiva e altri possibili passeggeri da caricare su. L’Udc dopo essere stata nei governi di Cuffaro (ma era l’Udc di Cuffaro), di Lombardo (ed esserne uscita in tempo prima di affondare), e di Crocetta (dove ha piazzato anche il suo segretario uscente, Giovanni Pistorio), si candida a rimanere ancora in sella. Gianpiero D’Alia ha varato un rinnovamento della classe dirigente del partito per sperare ancora in un futuro dei casiniani, sopravvissuti alla caduta di almeno due ere politiche.

Il partito di Angelino Alfano, che al momento è all’opposizione in Sicilia si prepara al salto definitivo, che archivierà probabilmente le velleità onomastiche di “centrodestra”. L’Ncd di Alfano, Schifani e Castiglione, pilastri del berlusconismo siciliano negli anni d’oro sganciatisi dal Cavaliere nel nome della responsabilità, si prepara al grande abbraccio col renzismo. E se oggi al governo nazionale il piccolo partito può rammentare l’Udeur di mastelliana memoria, la speranza, per restare ai paragoni con i lontani anni dell’Ulivo, è quello di mettere su almeno una specie di Margherita, un rassemblement neocentrista capace di attrarre altri specialisti del complicato sport del rimanere in piedi sempre e comunque. E già si parla di un possibile avvicinamento di Saverio Romano, che coi suoi si è sganciato dal ribelle Raffaele Fitto con cui aveva fatto coppia negli ultimi mesi, per seguire Denis Verdini e i suoi responsabilissimi neorenziani di complemento. Un progetto che in Sicilia dovrebbe sedurre anche pezzi di Mpa. Tutti insieme appassionatamente, in una perfetta continuità col centrodestra a cui a ogni pie’ sospinto il Pd attribuisce la paternità dei siculi guasti che avrebbe ereditato.

Lineare, no? Tanto, da rendere plausibile – tra gli altri altrettanto plausibili – lo scenario di una candidatura di Roberto Lagalla, rettore uscente dell’Università di Palermo dato da tempo in rotta di avvicinamento verso i renziani. Come regolarmente accade a ogni elezione il suo nome torna tra i candidabili (e fin qui sempre senza mai essere candidato). Oggi è ancora una volta sui quotidiani. Per lungo tempo papabile del centrodestra, l’ex assessore alla Sanità del governo Cuffaro è oggi papabile del centrosinistra allargato ai moderati. Segni dei tempi. Ma accanto al suo nome continuano a circolare quelli di Faraone, Bianco, Chinnici, D’Alia, Lavia e chissà quanti altri ancora. C’è tempo per scegliere il candidato governatore, al momento il tema sul tavolo è quello della coalizione.

Insomma, se la sinistra eternamente perdente in Sicilia è riuscita all’ultimo giro a spuntarla grazie alle divisioni del vecchio centrodestra, oggi per il dopo Crocetta tenta una ricetta diversa: candidare dalla propria parte in blocco il vecchio centrodestra. Quasi per intero, al netto di un pugno di irriducibili berlusconiani o ex aennini. Un’operazione non dissimile da quella vista all’Ars con l’allargamento monstre della coalizione portato avanti in questi anni. Resterà da vedere se sommare i voti sarà pratica facile quanto sommare i deputati. 


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