Il pesce di Cosa nostra | I boss e il monopolio del mercato - Live Sicilia

Il pesce di Cosa nostra | I boss e il monopolio del mercato

Paolo Calcagno e Giuseppe Ruggeri

Dalle forniture all'ingrosso alla vendita al dettaglio nei mercati storici di Palermo. Così i mafiosi di Porta Nuova stroncavano ogni forma di concorrenza. Nella foto da sinistra Paolo Calcagno e Giuseppe Ruggeri

Palermo - il blitz Panta Rei
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PALERMO – Le forniture di pesce erano cosa loro. Paolo Calcagno, considerato il reggente del mandamento di Porta Nuova, e il suo braccio destro, Giuseppe Ruggeri, controllavano l’intera filiera. Dalle forniture all’ingrosso alla vendita al dettaglio nei mercati storici di Palermo. La loro scalata illecita del mercato fino a raggiungere il monopolio è passata attraverso due imprese: la Frescogel e la Worldfish. Entrambe sono finite sotto sequestro. Hanno sede in via Tiro a Segno e in via Cappuccinelle.

A Palermo tutto ruota intorno a me forse non l’hai capito”, diceva Ruggeri con una frase emblematica ad un accondiscendente grossista veneto. Nei mercati Capo e Ballarò il controllo mafioso era asfissiante. Si spingeva addirittura fino alla scelta di cosa si dovesse vendere e a quale prezzo. I boss decidevano pure come dovevano essere allestite le bancarelle.

Palermo e non solo. Una volta un grossista di Bari chiuse un affare con un azienda ittica di San Vito Lo Capo. Il padroncino palermitano incaricato di consegnare la merce avvertì subito Ruggeri. La sua risposta fu perentoria: “Lasciagli tutto là sopra, come un crasto… mezzo bancaletto, te ne faccio uno e mezzo io e ricompensi”. Ruggeri fiutò il pericolo e chiamò tutti gli autotrasportatori per fare terra bruciata attorno al grossista pugliese. “… va bene cugino, non ci sono problemi, basta saperle le cose…”, diceva un camionista di Mazara del Vallo, dimostrando di avere recepito la lezione. E Ruggeri aggiungeva: “…glielo puoi dire al signor Dituri, senza ordine dei Ruggeri non possiamo caricare nessuno nei nostri camion…”.

Nel mirino finì pure un rivenditore di Porticello che a Natale dell’anno scorso osò vendere una partita di cozze ad un cliente senza l’autorizzazione di Ruggeri. Che andò giù duro con le parole contro il dipendente che si era permesso di perfezionare l’affare: “Lo prendo e lo scanno qua, e poi lo cacci…. manco la conta delle cozze sai fare, cosa inutile”. Dello stesso tenore furono le farsi rivolte direttamente al grossista di Porticello che aveva trovato, per una volta, conveniente rifornirsi non da Ruggeri: “Ora ti sei fatto, no un nemico, ti sei fatto un grande nemico. Te l’avevo detto io. A me i tonni te li puoi infilare nel culo ad uno ad uno. Ora ti faccio vedere che cosa succede con te. Dovessi perdere la mia dignità”. “… che nemmeno più i pesci mi devo vendere io? Giusè…”, provava a reagire timido il commerciante.

Anche un grossista di Termini Imerese conobbe i metodi di Ruggeri che un giorno lo convocò alla Frescogel. Aveva saputo di una grossa fornitura: “Dato che mi hanno telefonato che hanno voluto consegnato qualche 200/300 chili di cozze, ho detto…mah… ci mancherebbe altro, Ruggeri Voi lo sapete che io con voi sono in buoni rapporti da sempre, no da ora. Dico forse c’è un motivo che ho lasciato…”.

Un’altra volta si era sparsa la voce che qualcuno non autorizzato vendesse pesce congelato nel mercato di Porta Carini. Giuseppe Di Giovanni, fratello del boss Tommaso, e dipendente della Frescogel proponeva una soluzione: “…mi senti a me…io devo prendere ad uno estraneo e lo devo far stare un paio di giorni a Porta Carini…”. Totani, calamari, pesce spada, gamberi: Ruggeri ordinava a Di Giovanni di consegnare ai pescivendoli dei mercati popolari i quantitativi di pesche che lui stesso aveva deciso. I venditori erano obbligati ad accettare. Punto e basta. “Vedi che sono molti. Poi te li mandano indietro”, diceva Di Giovanni. Neanche per idea replicava Ruggeri: “Non hanno niente da mandare. E sabato la stessa pietanza”.

Quando sorgevano dei contrasti fra i commercianti, Calcagno e Ruggeri facevano da arbitri. Ad esempio i prezzi andavano calmierati. Se c’era chi li abbassava senza autorizzazione qualcun altro invocava l’intervento del braccio destro del reggente del mandamento: “Vedi che c’è un’altra cosa Giuseppe… mi dispiace che non ci sei… i cristiani a quanto le vongole da me a 7 euro se ne vanno… si vanno a prendere le vongole a 6 euro due chili di vongole… Gino a 6 euro… Giuseppe a 6 euro quella piccola… Giuseppe te lo sto dicendo perché ti voglio bene…”.

Fra le vittime più illustri della concorrenza illecita del clan c’è lo storico vivaio di frutti di mare sul lungomare dell’Addaura. Il titolare, Giovanni Fazio, ha deciso di chiudere l’attività lo scorso ottobre. Per lui era sempre più difficile reggere il mercato volendo rispettare le regole, senza contare il brutto tentativo di rapina che ha subito di recente. Un paio di suoi ex dipendenti rimasti a spasso avevano pensato di mettersi in proprio. Per loro Ruggeri, però, era un ostacolo insormontabile. Le microspie hanno intercettato le conversazioni di Ruggeri con i grossisti veneti che rifornivano Fazio: “… vedi che tu stai andando contro di me, non ti preoccupare che sarai servito a dovere… io mercoledì sono a Venezia. Ora cominciamo a mettere le distanze… stiamo attenti, poche parole buon intenditore…”. Il grossista era sorpreso: “… qua tutti traditori ma come cazzo funziona in Sicilia io non riesco a capire”. E Ruggeri metteva le cose in chiaro: “A Palermo tutto ruota intorno a me forse non l’hai capito”.

 

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