PALERMO – Un giudice respinge. Un altro giudice “sospende”. Così, il pignoramento continua a pesare sulle casse dell’Ars. Ma i suoi effetti, al momento, sono congelati. Per questo motivo l’Assemblea ha potuto pagare oggi gli stipendi dei circa 270 dipendenti. Bloccati, dopo la decisione del Tribunale di Palermo che in primo grado ha dato ragione ai lavoratori dell’Ars che avevano di fatto chiesto il riconoscimento di alcuni arretrati legati a scatti di anzianità mai riconosciuti. Una sentenza alla quale l’Ars non ha dato seguito. Scelta che ha portato i legali dei 76 dipendenti che hanno proposto il ricorso, a chiedere un mega-decreto ingiuntivo da circa 28 milioni di euro. Pignoramento disposto poche settimane fa.
Così, oggi il Tribunale d’Appello ha respinto la richiesta di sospensiva dell’esecuzione del pignormanento avanzata dall’amministrazione dell’Ars. Sospensiva che è invece arrivata dal “giudice dell’esecuzione”. Così, le ordinanze dei due magistrati presentano luci e ombre per l’Assemblea.
Il giudice d’appello, ad esempio, ha rigettato alcuni degli argomenti avanzati dai legali dell’Assemblea, che avevano sottolineato, ad esempio, la “ineseguibilità della sentenza” perché non era specificata l’esatta somma da corrispondere come “arretrati”, oltre al “gravissimo pregiudizio per l’amministrazione” costretta a trovare altrove le somme necessarie ai propri fini istituzionali; l’Ars aveva evidenziato anche come i dipendenti che hanno avanzato il ricorso ricevano regolarmente lo stipendio, e quindi non soffrano alcun tipo di pregiudizio economico. Tutte tesi, come detto, respinte dal giudice Matteo Frasca. Secondo la Corte d’appello infatti “l’esistenza di un rapporto subordinato tra gli odierni contendenti consentirebbe agevolmente all’amministrazione appellate di recuperare, all’esito eventualmente positivo del giudizio di appello, le somme corrisposte ai propri dipendenti”. I giudici hanno riscontrato, poi, nell’appello dell’Ars, “una genericità del lamentato irreparabile pregiudizio patrimoniale”, e che “non è stata allegata la documentazione idonea a certificare il budget annuale a disposizione, l’attuale consistenza economica delle risorse, la preesistenza di ulteriori pignoramenti”.
Nella stessa ordinanza, però, i giudici d’appello specificano, da un lato, che “gli appellanti sono individualmente creditori di una somma evidentemente inferiore a quella complessiva oggetto del pignoramento” (ricordiamo che alcuni di loro hanno richiesto arretrati di circa 313 mila euro, mentre l’Ars ritiene di dover pagare, a fronte dei 28 milioni pignorati, non più di tre milioni), e che “ogni questione relativa alla effettiva e concreta eseguibilità delle prescrizioni contenute nel dispositivo della pronuncia è aliena dalla valutazioni di questa Corte rientrando nella competenza esclusiva del giudice dell’esecuzione”.
Un altro giudice, insomma. Che si è espresso proprio negli stessi minuti. E, rispondendo al “ricorso in opposizione” avanzato dai legali dell’Assemblea, nel quale sono stati ribaditi i dubbi sulla “quantificazione del pignoramento”, il “pericolo del grave ed irreparabile danno”, l’”impignorabilità” di quelle somme, stabilita da una recente delibera dell’Ars, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto che “sulla base di una deliberazione sommaria, paiono sussistenti i gravi motivi per disporre la sospensione inaudita altera parte dell’esecuzione”.
Insomma, il pignoramento e i suoi effetti sulle casse dell’Ars vengono “congelati”. Per questo motivo, l’Assemblea ha potuto erogare in giornata gli stipendi. Ma ovviamente, siamo ancora all’inizio di una querelle che ha già un appuntamento fissato: quello del 6 dicembre per l’udienza sulla sospensiva del pignoramento.
Ma è già “guerra” anche sull’interpretazione di queste decisioni dei giudici. I legali dei 76 dipendenti, infatti, brindano a una “vittoria”: “Il discorso è molto semplice – spiega Vito Patanella – l’Ars ha chiesto al giudice d’Appello la sospensiva, e il giudice ha detto di no. La decisione del giudice dell’esecuzione, invece, è semplicemente un atto dovuto, un fatto tecnico, legato all’opposizione avanzata dall’Assemblea”. “Se l’Ars – proseguono i legali dei lavoratori – hanno sbagliato a fare i conteggi siamo disponibili ad ascoltarli. Ma la quantificazione iniziale l’ha fatta l’Ars, non noi”. Secondo i legali inoltre non ci sarebbe alcuna relazione tra il pignoramento e il mancato pagamento degli stipendi di settembre al personale. “Banca Nuova (tesoriere dell’Ars) ha allegato un prospetto – affermano gli avvocati – che certifica un’ulteriore disponibilità sui conti di 51 milioni”. Oltre a Silvana Patanella, si occupano del caso anche gli avvocati Vito Patanella e Giuseppe Giunta.
Secondo il capo di gabinetto aggiunto dell’Ars, Paolo Modica de Mohac, invece, “Il giudice d’appello s’è dichiarato incompetente a decidere. Il giudice dell’esecuzione, che era quello, appunto, ‘competente’ a prendere una decisione, ha accolto la nostra richiesta di sospensiva, addirittura ‘inaudita altera parte’: vuol dire che erano così chiari i motivi per sospendere il pignoramento, che non c’è stato bisogno di sentire i legali dei dipendenti. Io ritengo – conclude Modica – ma questa è una valutazione strettamente personale, che non sia né morale, né etico fare certe richieste. Specialmente in questo periodo, di grave crisi. Non dobbiamo dimenticare che noi dipendenti dell’rs viviamo già in una condizione di privilegio”.