CATANIA – “Bisogna fare in modo che gli aspiranti rifugiati si sentano rassicurati dalla concreta possibilità di raggiungere lo Stato in cui vogliono andare”. A dirlo è il procuratore capo della Repubblica di Catania Giovanni Salvi, in una intervista al Corriere della Sera. “Oggi – dice – vige la regola che una volta identificati in Italia, i profughi devono restare qui in attesa del riconosciuto dello status di rifugiati e se li trovano altrove li rispediscono qui. Perciò molti si sottraggono all’identificazione. Così si trasformano in clandestini, senza diritti e senza doveri, più esposti al mercato del lavoro nero e al rischio di commettere reati. Se invece si garantisce loro che una volta identificati potranno raggiungere il Paese che li avrà in carico e l’opportunità di muoversi verso quello in cui chiedono asilo, dove magari hanno parenti e più agevoli prospettive di vita, sarà loro interesse non diventare clandestini”.
Salvi parla della possibile missione europea, sotto l’egida dell’Onu, per distruggere i barconi: “L’affondamento delle navi in mare, una volta intercettate, è legittimo e utile. La distruzione dei mezzi sulle coste libiche, invece, mi pare un’operazione più complessa. Per le difficoltà nella loro individuazione” e “per i rischi che eventuali azioni colpiscano anche i pescherecci utilizzati dalla popolazione locale”. Il problema, continua il procuratore, si può risolvere “solo affrontandolo in Libia. L’unica soluzione strutturale è trovare uno o più interlocutori con i quali raggiungere accordi per disciplinare i flussi e reprimere il traffico illecito”. “Senza questa soluzione si può tentare di ridurre o contenere danni e drammi, ma nella consapevolezza di un fenomeno che non si arresterà da solo”. (Fonte ANSA).