Salvatore Di Liberto (nella foto) è un uomo sconvolto, distrutto. Il servizio di “Striscia la Notizia” andato in onda ieri sera, che lo vede al centro di una presunta compranvendita di posti di lavoro all’Amat per fini elettorali, ha gettato nello sconforto lui e la sua famiglia. Lo incontriamo a casa sua, nel quartiere Brancaccio, proprio sopra la sede della cooperativa “Kraljica Mira Regina della Pace” (di cui il padre, autista Amat in pensione, è presidente) che ospita anche attività per la Protezione civile, un caf e un banco delle opere di carità che distribuisce beni di prima necessità ai poveri della borgata.
Signor Di Liberto, nel video di Striscia lei è accusato di chiedere soldi in cambio di posti di lavoro…
“Non è assolutamente vero. Io sono un carabiniere che, in modo totalmente gratuito e fuori dall’orario di lavoro, si preoccupa di dare una mano a tanti giovani del quartiere, persone preparate e per bene, che non riescono a trovare lavoro. Io non ho mai preso soldi, in nessun modo, faccio solo da portavoce e non sono nemmeno presente nel direttivo. Quello che è andato in onda non è quello che è successo. E’ stato montato ad arte”.
Ma è lei quello che si vede nel video e che dice di candidarsi al consiglio comunale?
“Sì, ma intanto la mia non è una candidatura ufficiale. E poi è stata la persona a chiedermelo. Voglio che una cosa sia chiara: nessuno, e dico nessuno, ha mai parlato a uno solo dei settanta iscritti di politica o di elezioni. Possono tutti testimoniare che mai abbiamo chiesto in cambio voti o ne abbiamo anche solo parlato. Sono stati invece i ragazzi a chiedermi di candidarmi”.
Nel video però si vedono anche dei soldi…
“Quelli servono alla quota di iscrizione alla cooperativa, grazie ai quali si fa anche un corso di primointervento che costerebbe molto di più. Qui nessuno si è arricchito, anzi ci abbiamo pure rimesso di tasca nostra”.
Quando è cominciato tutto?
“Io sono cresciuto con padre Pino Puglisi, mia madre è stata consigliere provinciale negli anni Novanta e su suo imput abbiamo fatto rivenciare la parte superiore della chiesa. Io mi sono diplomato, iscritto all’Università, poi mi sono arruolato nell’Arma e sono stato otto anni a Napoli. Mia madre era impiegata al comune e mio padre all’Amat, siamo persone per bene. Mi sono sempre impegnato nel sociale e ho sempre avuto la passione per la politica, candidandomi sia nel 2001 che nel 2007 alla circoscrizione con l’Udc. E’ così che ho conosciuto Mario Bellavista, il presidente dell’Amat”.
Ma come è nata l’idea di questo progetto?
“Da un ritaglio di giornale del 1998, che raccontava di una cooperativa dell’epoca che aveva proposto una cosa simile all’Amat. Da lì abbiamo preso spunto, ma non per me, che lavoro, o per gli altri componenti del consiglio direttivo: solo e unicamente per i tanti ragazzi del quartiere che sono disoccupati. Dal momento che conoscevo Bellavista, ho pensato allora di proporgli questa idea”.
E Bellavista cosa le ha risposto?
“Era contento, abbiamo scritto insieme il progetto nell’aprile del 2010. Ci siamo scambiati telefonate, sms, mail che ancora conservo in cui mi dava dei consigli. L’idea iniziale era che dei giovani disoccupati, a titolo completamente gratuito, potessero aiutare anziani e disabili sugli autobus, dopo aver fatto un corso di primo soccorso e con tanto di divisa per essere facilmente riconoscibili. E, come unica forma di guadagno, avrebbero avuto una percentuale del 5 per cento sui biglietti venduti, ovvero quella che si dà ai punti vendita dei titoli di viaggio Amat. Il tutto da realizzare sulle linee più affollate, così da far guadagnare di più all’azienda e permettere a qualche giovane di percepire qualcosa. Parliamo di un guadagno assai esiguo e l’azienda ne avrebbe tratto solo beneficio, vendendoci all’ingrosso i biglietti”.
Lei ha presentato il progetto all’Amat?
“Certo, è stato anche protocollato e porta la data del 29 aprile 2010. Ma poi tutto si è fermato. Per mesiho tentato di capire il perché e poi mi è stato spiegato che il blocco era dovuto a contrasti interni al cda dell’Amat, perciò Bellavista, che mi aveva detto di aver presentato il progetto, mi ha suggerito di contattare Giuseppe Giordano il quale invece ha ammesso di non conoscerlo nemmeno. Allora ci viene chiesta un’integrazione, che prontamente facciamo nella quale, su loro suggerimento, cioè dell’Amat, inseriamo la possibilità di verificare l’obliterazione del biglietto e di vendere i ticket per le zone blu”.
L’integrazione quando viene fatta?
“All’inizio dello scorso settembre. Ma poi mi è arrivata una chiamata di Bellavista”.
Cosa le ha detto?
“Si era sparsa la voce di assunzioni all’Amat, cosa non vera e con la quale noi non c’entravamo nulla. Era arrabbiato e mi diceva di fermare tutto, che lui non c’entrava nulla e che se ne lavava le mani. Ma ripeto, noi non abbiamo mai parlato a nessuno di assunzioni, tutti i soci erano costantemente informati di quello che facevamo e sapevano perfettamente che non si trattava di questo”.
Poi cosa è successo?
“Abbiamo fatto un’ulteriore integrazione, secondo i nostri conti il progetto avrebbe incrementato del 60% i biglietti venduti. L’otto settembre, invece, il direttore generale dell’Amat ci scrive una lettera dicendoci che quel progetto non è realizzabile, citando anche l’opposizione del sindacato Asstra che ho pure chiamato: mi hanno detto che non ne sapevano nulla. E cominciano a uscire articoli di giornale”.
Articoli di giornale che riguardano voi?
“A volte siamo citati, a volte no. Erano articoli in cui si diceva che noi promettevamo posti e l’azienda smentiva, ma noi non abbiamo mai promesso nulla. Siamo gente per bene e onesta, alle istituzioni non abbiamo mai chiesto niente. E a chi se n’è andato, abbiamo anche restituito i soldi”.
E a quel punto che avete fatto?
“Decediamo di fermare tutto, vista la lettera, anche se poi l’Amat ha provato ad aumentare i biglietti venduti con le guardie giurate, a testimonianza del fatto che un problema in tal senso c’era. Fondiamo una nuova cooperativa, quindi non più onlus, e facciamo un nuovo progetto che prevede che i ragazzi stiano ai capolinea o alle fermate, e non sugli autobus, a vendere biglietti, schede telefoniche o a fare volantinaggio. Il problema è che ci giunge voce che, in altre borgate, qualcuno si spaccia per socio e chiede soldi per avere lavoro ma noi non c’entriamo nulla con queste cose. Siamo stati tirati in ballo”.
Ed è lì che comprate i biglietti?
“Sì, il 19 dicembre compriamo i biglietti, firmando un regolare contratto dal quale si evince che il profittosarebbe stato di 20 euro in totale. Però, a febbraio, Bellavista lo rescinde”.
Vi ha spiegato il perché?
“Ci ha mandato una lettera, in cui dice che non era possibile fare il contratto. Ma noi siamo in regola, ecco perché abbiamo dato mandato ai nostri legali di procedere per i danni subiti. Ho contattato anche l’ufficio commerciale dell’azienda e spiegato che siamo una cooperativa sociale, quindi pienamente in regola. E il 3 marzo abbiamo fatto un’assemblea per spiegare tutto ai soci”.
Andiamo al video di Striscia…
“La persona che viene da me, e penso di aver capito chi è, fa alcune cose molto strane. Anzitutto, cerca sempre e solo me. Non chiede informazioni agli altri, che erano più titolati di me a darle. Viene più volte alle riunioni. Nel video siamo in tre: io, mio padre e un autista dell’Amat. Mi fa una serie di domande dirette, ma non tutte in una volta, in giorni diversi. Dal video, montato ad arte, sembra che tutto avvenga nello stesso momento ma non è così. Mi ha chiesto lui se mi candidavo, io non avevo preso minimamente il discorso. Ecco perché penso sia stato fatto tutto contro di me. E non capisco perché o chi ci sia dietro”.
Ma lei ha preso i soldi…
“Lui ha insistito, non doveva neanche darli a me, mi ha anche detto che levava il pane di bocca ai figli, per questo non li volevo minimamente. Ma lui ha insistito e li ha anche aperti a ventaglio, cosa che mi ha insospettito. Poi mio padre li ha presi e restituiti”.
Alla persona che glieli aveva dati?
“No, perché non avevamo i suoi dati. Alla persona che ce lo aveva presentato”.
Lui è più venuto?
“Sì, alla riunione del 3 marzo era in prima fila”.
Nel video si dice che i dipendenti dell’Amat sono dalla vostra parte…
“Mio padre era un dipendente e molti sono figli di dipendenti, ma sta solo a significare che in molticredono nell’efficacia del progetto e nella sua utilità. Sento che l’azienda vorrebbe prendere provvedimenti disciplinari, ma di che tipo visto che non hanno fatto nulla di male questi dipendenti?”.
Avete contattato Striscia?
“Subito, ieri sera stessa. Ma le dirò di più: in questi mesi abbiamo mandato centinaia di mail alla Petyx per chiederle di interessarsi del nostro caso. Non ci ha mai risposto”.