Il sindaco teneva famiglia: imprese bancomat - Live Sicilia

Sidoti teneva famiglia: imprese bancomat e auto sanguisughe

Il retroscena dell'inchiesta che travolge il sindaco di Montagnareale

Un intero nucleo familiare sotto inchiesta. Ed è la famiglia del sindaco di Montagnareale, in provincia di Messina. Rosario Sidoti è stato arrestato dalla guardia di finanza per bancarotta fraudolenta, tentativi di accaparramento di ingenti finanziamenti pubblici e connesse operazioni di riciclaggio e autoriciclaggio.

Il sindaco finisce ai domiciliari. Per i suoi familiari (i genitori, la moglie, la suocera, la figlia, le due sorelle, un cognato ed una cugina), è stato imposto il divieto di esercitare imprese o uffici direttivi di persone giuridiche per dodici mesi. Gli indagati oltre al sindaco Rosario, le sorelle Anna (anche lei in passato è stato sindaco) e Irene, il padre Antonino, la moglie Maria Sidoti, la figlia Vincenzina, il cognato del sindaco Antonino Napoli, la suocera Tindara Federico, Vincenza Milici (mamma del sindaco) e Cinzia Blandano (cugina dei fratelli Sidoti) .

L’indagine: ecco come è partita

L’indagine della procura di Patti è partita da un controllo sulla spesa di alcuni finanziamenti pubblici, regionali e comunali. Si è scoperto che un immobile in ristrutturazione era passato di mano in mano fino a divenire di proprietà della figlia del sindaco.

Le accuse

Uno spunto per fare le pulci alla “galassia Sidoti” di cui fanno parte una serie di imprese edili, una società immobiliare e un’altra che gestisce alcune case vacanza. Secondo l’accusa, Sidoti avrebbe pilotato la bancarotta di due società e, poco prima che fallissero, le avrebbe svuotate dei beni.

Così come scrive il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Patti, i Sidoti avrebbero utilizzato le imprese di famiglia come un bancomat personale. I soldi sottratti alle imprese fallite sarebbero stati utilizzati per spese personali: dagli acquisti in pasticceria ai medicinali, dalle cure odontoiatriche al pieno di carburante. A proposito dei costi alla pompa di benzina. Agli atti ci sono quasi due milioni di euro spesi. Costi che, sostengono i finanzieri, sarebbero stati gonfiati falsificando le schede carburanti.

Sarebbe accaduto, così c’è scritto nei documenti contabili, che i Sidoti non guidassero macchine, ma sanguisughe di carburante: con un solo litro di gasolio un’auto percorreva poco più di un chilometro.

La richiesta di finanziamenti pubblici

Le indagini si concentrano anche sulla richiesta di finanziamenti pubblici – circa un milione e mezzo di euro – erogati anche attraverso l’Irfis, per la riqualificazione urbana dei Comuni di Montagnareale e Librizzi.


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