PALERMO – “Gli dici a tuo fratello che la parte di quell’individuo, è la nostra. Se tuo fratello vuole tutta l’agenzia, noi non abbiamo niente a che vedere. Fammi avere ventimila euro della mezza quota e se la prende tutta lui”. Alla Noce c’era in ballo un’agenzia scommesse, i boss volevano impossessarsene perché uno dei soci era considerato dalla cosca un uomo “senza valori”, nonostante l’esistenza di un accordo che permetteva al clan di controllarne parzialmente l’attività con il pagamento del pizzo. Aveva una relazione da alcuni mesi con una minorenne, una situazione che la cosca con a capo Giovanni Musso non poteva accettare, al punto da considerare quell’uomo un “cato di munnizza”, (un secchio della spazzatura).
Emerge dalle intercettazioni del blitz “Settimo quartiere”, l’operazione antimafia che ha condotto la squadra mobile all’arresto di undici persone e ha permesso di ricostruire tre tentate estorsioni, tra le quali proprio quella al centro scommesse. I patti erano chiari: come dice Giovanni Di Noto al fratello di una delle vittime, i boss volevano entrare concretamente in società per estromettere uno dei titolari, del quale non condividevano il comportamento. L’alternativa era quella di sborsare ventimila euro per gestire singolarmente la sala.“Sennò – ribadisce Di Noto – domani mattina siamo in società noi. Tuo fratello se la deve tenere lui? E noi non abbiamo problemi, fammi avere i soldi domani, che è la metà della quota dell’agenzia”.
La famiglia mafiosa della Noce era intenzionata ad andare fino in fondo, come viene a galla dalla conversazione captata dalle microspie della polizia durante l’incontro tra Di Noto e Salvatore Maddalena: “Oh, gli stiamo levando l’agenzia! E sii ho detto, siamo noialtri i padroni dell’agenzia. Un cato di munnizza di questo non può stare, quindici anni, neanche li ha la ragazzina”. Alle richieste, il titolare dell’agenzia scommesse aveva deciso di non cedere: “Vabbè, noialtri gli scassiamo tutte cose”, commenta Di Noto dopo aver saputo della sua reazione, parlando con Maddalena.
“Se hai capito fa come un cornuto. E’ venuto come un cornutazzo, ha detto se avessimo cento euro al mese io ci mando il “pesciolino” ai “picciriddi” del rione, con tutto il cuore ma qua non è il discorso dei bambini, il discorso è questo: se da domani in poi Lui non ci vuole venire incontro, altrimenti prende ventimila euro ora e me li fai avere”. A quel punto i boss decidono di passare dalle parole ai fatti. Le minacce si fanno più concrete e il clan pianifica una vera e propria intimidazione ai danni dell’agenzia. Il dialogo registrato riguarda ancora una volta Di Noto e Maddalena, a cui si aggiunge La Vattiata:
“Venerdì ci amu a sparari na vitrina, accussì Bom Bom. Capisci, accussì poi si fa a strata. Organizziamoci, c’è sparari ‘nta facci”. In alternativa all’uso di armi, uno dei boss propone un raid all’interno dell’attività per distruggere apparecchiature e arredi: “Isamu a saracinesca e ci rompiamo tutte le mensole… Si fa così. Venerdì si ci va e si “ci futtunu” tutti i computer. Si levano tutti i computer e tutto quello che c’è…neanche gli devi lasciare la presa, accusì stuona”.