Il sorriso spento di Nino e Ida|"Un giorno mi taglierò la barba" - Live Sicilia

Il sorriso spento di Nino e Ida|”Un giorno mi taglierò la barba”

Trentun anni fa il massacro di una famiglia. La verità cercata. Quello che rimane.
MAFIA, L'ANNIVERSARIO
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PALERMOVincenzo e Augusta. Lui, con la sua barba bianca in ricordo di uno sfregio mortale. Lei, con il suo vestito nero, indossato per la morte del figlio e mai più dismesso. Entrambi, insieme, sono un monumento a ciò che amiamo, ai sentimenti nobili della vita, al valore di chi non si arrende, nonostante la pioggia battente.

Papà Vincenzo e mamma Augusta, sopravvissuti. Padre e madre di Nino Agostino, suoceri di sua moglie Ida Castelluccio, nonni mai inverati del figlio che lei aveva in grembo, trucidati trentun anni fa, oggi, in un giorno d’estate.

Poi, la forza di chi va avanti. Un uomo che promette: “Non mi taglierò la barba, fino a quando non saprò la verità”. E il cuore indomito di una donna che lo sorregge. E una svolta giudiziaria che potrebbe darla quella verità tanto cercata, in mezzo alla palude.

Una palude di trame oscure

Come ha scritto il nostro Riccardo Lo Verso, qualche tempo fa: “La richiesta di rinvio a giudizio per l’omicidio dell’agente Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio è un viaggio attraverso una palude. Una palude di trame oscure, rapporti borderline, spioni e spie. Una palude in cui sguazzavano potenti boss, seminatori di morte e orrore, che andavano a braccetto con i servizi segreti. Una palude dove i pentiti hanno recitato un ruolo da protagonisti. La Procura generale di Palermo, diretta da Roberto Scarpinato, che ha avocato a sé le indagini, ha chiesto il rinvio a giudizio per omicidio di Antonino Madonia e Gaetano Scotto, rispettivamente capo mandamento di Resuttana e boss dell’Arenella, e di Francesco Paolo Rizzuto, amico di Agostino, per favoreggiamento aggravato”.

Ed è una trama ancora presunta, che aspetta il vaglio di un cammino giuridico successivo, ma che risuona agghiacciante nella descrizione dei motivi atroci che avrebbero portato al massacro di un servitore dello Stato e della sua famiglia. Una strage – secondo l’ipotesi accusatoria – maturata per togliere di mezzo un temibile cacciatore di latitanti, sotto copertura, che avrebbe intuito la presenza di losche collusioni e legami innominabili fra i ‘buoni’ e i cattivi.

“Un giorno mi taglierò la barba”

Vincenzo Agostino, al telefono, ha la voce vigorosa di sempre. La sua Augusta è morta più di un anno fa. E si capisce che questo omone, con gli occhi azzurri da bambino, soffre ogni giorno la pena di tutti i suoi distacchi, anche se è circondato dall’amore di quelli che restano, a cominciare da Flora, la figlia.

“Sai – dice Vincenzo – tiriamo avanti. Finalmente ho incontrato una magistratura senza lacci che vuole fare luce sui depistaggi e che ha avuto il coraggio. Qualcuno sa sicuramente quello che è successo a mio figlio e a mia nuora. Ho notato subito delle stranezze”.

Un sospiro profondo: “Mio figlio era un uomo dello Stato. Nella sua vicenda ci sono coperture, servizi deviati, depistaggi. Nino lottava dalla parte della giustizia. Io sono un padre a cui hanno ammazzato un figlio. Ora siamo prossimi alla verità. Mi taglierò la barba? Sì, quando ci saranno le sentenze. L’ho promesso… L’ho promesso alla mia Augusta che non c’è più”.
La voce si incrina: “Mia moglie è rimasta nel cuore di tutti. Era lei che mi dava la forza. Oggi c’è un Paese consapevole grazie a lei, grazie a noi. Abbiamo trasmesso il nostro dolore e il nostro bisogno di giustizia”.

“Voglio sapere perché…”

“Mia mamma era una persona speciale, come mio papà, ma con un carattere diverso – racconta Flora, la figlia – al suo funerale c’erano amici che hanno preso due volte l’aereo in giornata per non mancare. Soffriamo per la sua assenza, però l’affetto di tanti ci offre sollievo. Oggi pomeriggio (ieri, ndr) mio figlio ha scritto un pensiero bellissimo per suo zio Nino. L’ha fatto leggere al nonno e si sono commossi”.

Ecco un estratto: “Voglio conoscere il motivo per il quale mio zio non ha giustizia, voglio sapere perché mia zia non ha potuto continuare a coltivare il suo sogno d’amore, durato soltanto 1 mese e 4 giorni. Voglio sapere perché mio cugino non ha mai potuto vedere la luce del sole e non ha mai potuto ricevere l’affetto dei suoi genitori”.

Questa è una delle tante storie di sangue e di riscatto dei nostri anni terribili. Qualcosa andrà perso, qualcosa resterà. Noi ricorderemo per sempre la barba bianca di un uomo, di un padre, e i suoi occhi sopra quella barba. Noi ricorderemo per sempre la voce lieve di una donna minuta. Il suono dolce e dolente del suo cuore di madre.

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