Il sovrano e i suoi sudditi - Live Sicilia

Il sovrano e i suoi sudditi

Berlusconi a Lampedusa
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Davanti alle facezie e alle promesse del presidente del Consiglio, il cipiglio adirato degli abitanti di Lampedusa si è rilassato. L’hanno ascoltato con devozione. Ne sono stati rapiti. Hanno intonato il coro di prammatica: “Silvio, Silvio!”. E quando lui ha annunciato di avere comprato una casa nell’isola, hanno battuto le mani con foga. Non c’è mica bisogno di essere un giornale di sinistra, per pensarlo: il blitz di Berlusconi che va e acquista una villa in loco con un clic, secondo lo scenario di una studiata mossa di propaganda, ci comunica un acre sapore di grottesco, la cui origine solo in parte individuiamo. Il punto non è casa tua, Silvio. E’ la casa degli altri che conta. Abbiamo colto il tono un po’ volgare dell’ostentazione nel discorso di Berlusconi sull’isola e comprendiamo lo sdegno nei nostri confronti dei berlusconiani, che l’avranno trovato splendido. A chi scrive, personalmente, è sembrato uno show tra le macerie. Una rappresentazione con forme e accenti che non si confacevano alla gravità del momento. La famosa caratteristica del premier che si vanta della sua portentosa informalità era fuori posto, come una barzelletta a un funerale.

Dice, ma ci sono i contenuti e le promesse. E’ auspicabile che diventino cose che si possono toccare. Lombardo fa bene a reagire con un cauto: vigileremo. D’accordo, Berlusconi si è impegnato. Tuttavia, continuiamo egualmente a non condividere nella sostanza l’entusiasmo dei lampedusani, che è comunque logico, secondo il registro emotivo, dopo giorni difficilissimi. Se il capo del governo si sperimenta per trovare una soluzione a un problema grave, precedentemente ignorato per colpa e ignavia, non c’è da lanciare i cappelli verso il cielo. Non è una concessione. E’ il dovere di un presidente del Consiglio italiano. I cori e gli applausi raccontano altro. Non era un premier l’uomo che ha parlato ieri davanti al municipio di Lampedusa. Era un sovrano. Allora, il discorso cambia. Un presidente è soggetto all’imperio della legge, paga i suoi conti alla democrazia ed è obbligato a trovare la risoluzione di questioni spinose. Un monarca assoluto no. Fa come gli pare.  Può restare nel chiuso delle sue stanze. Può decidere di uscire al balcone e tendere la sua paterna mano verso i sudditi docili e festosi. Gli stessi che lo maledicevano.

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