CATANIA – Un fiume di soldi, grandi affari e presunte relazioni pericolose. Negli ultimi anni il patrimonio e i conti correnti, milionari, di Mario Ciancio, sono stati analizzati dagli investigatori, ne è venuta fuori la richiesta di sorveglianza speciale per 3 anni a carico dell’editore etneo, con obbligo di soggiorno a Catania e la richiesta, datata 10 luglio 2017 di confiscare conti correnti in Svizzera e a Catania per 70milioni di euro, società e immobili del valore di circa un miliardo di euro. Un procedimento condotto dai pubblici ministeri Antonino Fanara e Agata Santonocito che ha portato a una battaglia senza esclusione di colpi – parallela al processo per concorso esterno in associazione mafiosa – tra i magistrati e i legali di fiducia di Ciancio che hanno respinto le accuse.
Cinquanta faldoni depositati nel processo a carico di Mario Ciancio raccontano la storia degli ultimi 50 anni di Catania, anzi, del sistema Catania.
Un sistema in cui la gestione della pubblica amministrazione avrebbe favorito determinati affari dell’editore, mentre, sullo sfondo, ci sarebbero state relazioni pericolose anche con ambienti vicini alla mafia. Relazioni che l’editore ha sempre negato, sostenendo di essere stato, in passato, “vittima” della mafia.
INDAGINI PATRIMONIALI – I magistrati iniziano a verificare i fondi che Ciancio deteneva in Svizzera, intestati ad alcune fiduciarie del Liechtenstein, per verificare se fossero di derivazione lecita.
Attraverso una rogatoria analizzano i redditi del nucleo familiare di Ciancio. Arriva così la richiesta di sequestro, poi respinta dei depositi bancari. Nel 2015, la Procura dà incarico alla Pwc di ricostruire tutte le evoluzioni del patrimonio dal 1979 al 2014. Ciancio si affida a Giuseppe Giuffrida, consulente finanziario, che replica alle accuse della magistratura. Dopo numerose udienze, il 10 luglio del 2017, i pubblici ministeri Antonino Fanara e Agata Santonocito formulano le conclusioni.
Il lavoro della Pwc non è stato semplice: sono stati analizzati 1.500 bilanci, effettuate 1.000 visure societarie.
Nella gestione della società Domenico Sanfilippo Editore, la Procura ritiene esistere una sproporzione di 461mila euro nel 1976 e 12milioni di euro nel 2013. Ma la sproporzione è conseguente a uscite per 20milioni di euro. Per questo, non viene chiesta la confisca della società.
Sige Spa, è il pilastro editoriale del gruppo Ciancio, che è socio all’87%, mentre le restanti quote appartengono alla Etis, società che gestisce la tipografia. Nella Sige sarebbero stati immessi 10,4milioni di euro dei quali 9,4 non sarebbero “giustificati”. Da questa società, ha accertato la magistratura, “Ciancio riceve ben 33milioni e si tratta, quindi, di entrate illecite” che sarebbero state conteggiate all’attivo. La Procura chiede il sequestro e la confisca del 100% delle quote della Sige Spa.
Cisa Spa, è uno dei pilastri immobiliari del gruppo Ciancio. La società sarebbe sorta negli anni ’80 con capitali “giustificati” e sarebbero stati investiti “oltre 12milioni di euro” con somme non giustificate. Anche per questa società, chiesto sequestro e confisca del 100%.
Etis Spa è la società che gestisce la tipografia della zona industriale. Gli inquirenti ritengono che sia stata finanziata con 3,4milioni di euro “Non giustificati”. Anche in questo caso, sequestro e confisca del 100%.
Stesso discorso per la Società agricola turistica Sater Srl, i magistrati ritengono che ci sia una sperequazione di 12milioni di euro, mentre siano giustificate soltanto somme per 1,8milioni di euro.
Get Srl, in questa società Ciancio ha il 44%, le restanti quote sono di Virlinzi. Negli anni ’80 e ’90 gli investimenti sarebbero giustificati, al contrario non sarebbero giustificati quelli degli anni 2000 e, per questo, siccome le somme sperequate sarebbero servite per altre uscite, il 44% delle quote non dovrebbe essere confiscato per “mancanza di capienza”.
Altro polo editoriale è l’Ies nella quale sarebbero stati investiti oltre 5milioni di euro non giustificati, per questo viene chiesta la confisca al 100%.
Time Spa, 6,7milioni di euro escono nel 2010 e rientrano l’anno successivo, nessuna confisca richiesta.
S.i.s. Srl è in liquidazione, dal 2000 sarebbero stati investiti 4,2milioni di euro “sperequati”. Chiesta confisca al 100%.
Palma Rossa Srl, è la società proprietaria dei 54 ettari di terreno della Playa, il litorale sabbioso catanese. Si tratta dei terreni che rientrano nel noto Pua, piano di edificazione finito nel mirino della magistratura per l’ombra della mafia. Viene chiesta la confisca del 50% delle quote intestate ai Ciancio.
Azienda agricola San Giuseppe La Rena srl, l’investimento iniziale sarebbe sperequato, confisca chiesta al 100%.
Parco Antonio Srl, società costituita nel 1973, Ciancio è proprietario del 41%, le quote restanti sono intestate a società del Gruppo Virlinzi. Non viene chiesta la confisca.
Edisud Spa, Ciancio è socio al 33%, mentre gli altri soci sono la Messapia (30%), società del gruppo Ciancio e la Bari Editrice. Nella società sono stati investiti oltre 10milioni di euro, dei quali 9 non sarebbero giustificati. La Procura chiede il sequestro del 33% delle quote e il 100% della Messapia.
A45 Srl. È una società costituita nel 1990, Ciancio diventa socio nel 1993. Gli investimenti effettuati sarebbero sperequati. Chiesta la confisca del 100%.
Gea servizi Srl, investimenti sperequati, chiesta confisca al 100%.
La Sicilia Multimedia Srl. Tutti gli investimenti sarebbero avvenuti “con somme non giustificate”: 2.250mila euro su 2.300mila euro. Chiesta confisca al 100%.
Simeto Docks, è la società che gestisce la cartellonistica del gruppo Ciancio. Eccetto un investimento iniziale di 100mila euro, che sarebbe giustificato, tutti gli altri investimenti, per oltre 10milioni di euro, non sarebbero giustificati. Chiesta confisca al 100%.
Telecolor international Srl, è la società editrice di Telecolor. Angela Ciancio, la figlia dell’editore, avrebbe finanziato la società con 1,3milioni di euro in modo non giustificato e avrebbe ricevuto dalla società 2,5milioni di euro nel 2005. Ma la presunta illiceità che interessa la Procura riguarda soltanto le somme versate da Mario Ciancio, 100mila euro, su queste basi, non viene richiesta la confisca.
Società agricola Cardinale Srl. È una società proprietaria della celebre Tenuta Cardinale, costituita nel 2001 Ciancio e gli zii Biondi di Milano, gestisce 78 ettari, parte dei quali doveva essere utilizzata per un centro commerciale, il Mito. La Procura ritiene che ci siano investimenti per 5,2 milioni di euro non giustificati. Chiesta la confisca al 100%.
Società editrice meridionale Srl, non viene chiesta la confisca.
Spiaggia di Sole Srl, ivestimenti per 750mila euro non giustificati. Chiesta confisca al 100%.
Aci Sant’Antonio sviluppo Srl. Contiene investimenti per 120mila euro che non sarebbero giustificati, per questo si chiede la confisca al 100%.
Società agricola Fiumara Srl, società costituita nel 1977, ma nel 1980 ci entrano Ciancio e Pippo Baudo. Oggi è controllata in parte dal nucleo famigliare di Ciancio e dalla Sater. Sarebbero stati effettuati investimenti per 400mila euro non giustificati. Chiesta confisca al 100%.
Edizioni radiofoniche siciliane. Società costituita nel 1989 e controllata da società del gruppo Ciancio. Sono stati effettuati investimenti per 550mila euro non giustificati, secondo i magistrati. Nessuna richiesta di confisca.
Chiesta invece la confisca della Cappellina Srl, con investimenti per 4milioni di euro giustificati solo per 8.500 euro. Stesso discorso per la Messapia Spa, aquisita nel 1983 da Ciancio per un prezzo equivalente a 431mila euro, pagato a una società Svizzera: investimenti non giustificati per 4,3milioni di euro.
Chiesta confisca al 100% anche di Pk Sud Srl, società che gestisce la pubblicità per il gruppo Ciancio e della Publipiù Srl. Nella prima società, del capitale di 1milioni di euro, sarebbe stato versato solo un quarto (250mila euro), in un anno in cui sarebbe stata calcolata una sproprorzione dei redditi per circa 12milioni di euro.
Poi c’è un lungo elenco di immobili intestati a Ciancio e ai suoi famigliari. Ville in tutte le parti della Sicilia, isolette comprese.
Nel 2015, il Tribunale ha respinto, con decreto, la richiesta di sequestro dei soldi che Ciancio custodiva in Svizzera. I magistrati ritengono adesso, alla luce della consulenza della Pwc, di dover sequestrare 45milioni di euro depositati nel conto corrente Intesa San Paolo di Catania e i 25milioni di euro presenti, fino a pochi anni fa, in Svizzera.