“Ettore Randazzo, oltre a essere un grande avvocato, ha profuso ogni sua energia per insegnare ai giovani a essere avvocati. Il costante aggiornamento, respingendo la tentazione di sentirsi “arrivati”, la cultura delle regole, il rigore deontologico diventavano imperativi professionali per indossare degnamente la toga. Si nutriva di dubbi senza mai dispensare certezze, condensandoli in scritti in cui si scorgeva la macerazione per temi ostici. Nell’ultima sua fatica letteraria, “L’avvocato e la verità” edito da Sellerio, affiorava il dilemma di come conciliare la verità processuale con il rispetto delle garanzie del soggetto sottoposto a processo.
Il diritto, come strumento di tutela di qualunque imputato, si elevava a valore da difendere strenuamente; senza condiscendenza, ma con rispetto per gli altri interlocutori del processo penale. Intuendo l’importanza di percorsi condivisi per una giustizia più efficiente, contribuì a creare il Laboratorio Permanente sull’esame e contro esame (LAPEC), in cui far confluire le esperienze di avvocati e magistrati nell’individuazione di linee guida interpretative che agevolassero l’applicazione delle norme processuali. Presiedeva il Comitato Scientifico dell’Istituto Superiore di Scienze Criminali, ideando stimolanti incontri di crescita culturale in cui fondere storia e modernità. La scorsa estate, nel solco di una tradizione pluriennale, in concomitanza con la rappresentazione delle tragedie greche, assunse la difesa di Admeto, marito di Alcesti imputato di istigazione al suicidio. Nonostante la tenace accusa sostenuta dalla nota grecista Eva Cantarella, con un’arringa magistrale determinò – grazie al voto del pubblico – l’assoluzione del suo assistito.
Credeva nell’associazionismo e aveva presieduto prima il Consiglio delle Camere Penali e, dal 2002 al 2006, l’Unione delle Camere Penali
Ci sono tanti avvocati. Non tutti sono Avvocati. Ettore non solo lo era, ma indicava la strada per diventarlo.
In cielo tanti disperati avranno la fortuna di incontrare chi sosterrà la loro difesa. Con garbo, eleganza, acume.
Noi, la nostra comunità, la nostra toga, ne piangiamo l’assenza fisica, sapendo però che inganna la morte chi lascia profumo di un’indelebile testimonianza di vita.
Ciao Ettore”.
Enrico Trantino, presidente della Camera Penale di Catania “Serafino Famà”