In ginocchio ad ogni pioggia |A Catania emergenza permanente - Live Sicilia

In ginocchio ad ogni pioggia |A Catania emergenza permanente

Parla il geologo Carlo Cassaniti.

 

Allerta meteo
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CATANIA – Bastano pochi minuti di pioggia battente perché le strade si trasformino in spaventosi torrenti d’acqua. Ne sanno qualcosa i cittadini catanesi, sempre più esposti alle criticità idrauliche conseguenti alle ondate di maltempo. Ovvero i pericoli di possibili inondazioni e allagamenti in caso di abbondanti piogge e alluvioni. Con l’incalzare della stagione fredda aumentano, infatti, i timori di possibili disagi legati al rischio idraulico, alto nel nostro territorio e da non confondere con quello idrogeologico che dipende, invece, dalla stabilità dei fiumi o da possibili rischi di frane o valanghe. A spiegare il fenomeno e la gestione di tale rischio è Carlo Cassaniti, consigliere regionale dell’Ordine dei geologi.

“Per quanto riguarda Catania – spiega – purtroppo dagli anni ‘60 a oggi l’eccessiva cementificazione ha significativamente compromesso e ridotto le capacità di impermeabilizzazione dei territorio. Ecco perché nell’area sud orientale della Sicilia si registra un così alto rischio idraulico. Oltre ad avere infatti un alto tasso di cementificazione, il tessuto urbano è poi caratterizzato da una proliferazione di edificato privo però di buoni sistemi fognari di smaltimento, con la conseguenza che le acque piovane non trovano di fatto nelle strade dei collettori o grondaie in cui defluire. Leggermente diversa è la situazione nel sul versante dell’area vulcanica dove i terreni sono maggiormente permeabili e non vi sono fiumi”.

Ma i fenomeni atmosferici fino a che punto sono rilevanti?

“È un’altra grande problematica: la comunità scientifica ormai ammette che il clima sta cambiando. Se è vero, infatti, che negli ultimi anni è diminuita la pioggia totale, dall’altro lato sono aumentati invece i fenomeni di abbondanti piogge concentrate nel breve termine, nell’arco cioè di 3 – 6 ore. I cosiddetti ‘flash storm’. Il sistema di smaltimento molto spesso risulta insufficiente, in primo luogo perché non adeguato e non in linea con il processo di urbanizzazione delle nostre città, e secondariamente perché non è stato oggetto di manutenzione ordinaria: ci sono, per esempio, le fogne che non di rado sono otturate da fogliame, rifiuti o anche dalla cenere vulcanica”.

In ambito urbano, dunque, i problemi sono legati ad un’eccessiva cementificazione del tessuto, cioè al consumo del suolo che lo ha reso meno permeabile. La via Etnea di Catania rappresenta, dunque, l’esempio più eloquente di questo problema.

“Purtroppo sì. In via Etnea c’è un problema strutturale. Vanno potenziati i canali di gronda a valle della Circonvallazione perché il tessuto edilizio non presenta soluzioni di continuità da Catania fino ad arrivare a Nicolosi, vale a dire che le acque che provengono da quelle aree finiranno per confluire tutte a Catania. La manutenzione è fondamentale, anche solo quella basterebbe già per mettere in salvo vite umane dal rischio idraulico in caso di allagamenti. Pertanto completare le opere è fondamentale per tutelare la comunità da eventuali pericoli. Ha una rilevanza fondamentale, sia quella ordinaria da effettuare prima che arrivi il periodo della grandi piogge, così come il potenziamento della rete fognaria. Va riconosciuto che l’amministrazione comunale catanese in tal senso, e rispetto a qualche anno fa, ha iniziato una maggiore fase di prevenzione e quindi di pulizia effettuata prima del periodo delle grandi piogge. Rappresenta un buon esempio di gestione del problema, mi pare si stiano realizzando numerosi collettori fognari, a partire dal canale di gronda. L’area più a sud del catanese è caratterizzata dalla presenza di terreni meno vulcanici e quindi più argillosi, situazione questa gestita tramite numerosi canali, da Santa Maria Goretti al canale Buttaceto”.

Cosa fare dunque per ridurre il rischio idraulico nelle città in caso di abbondanti piogge?

“Avviare intanto un processo inverso, cioè quello della decostruzione. E poi potenziare nell’area urbana le nostri reti idriche e mantenerle pulite, sempre. Ma in area extra urbana soprattutto non andare ad occupare quegli spazi dove prima scorrevano i corsi d’acqua. Vengono addirittura realizzate strade in aree dove prima c’era un fiume. Azioni che vanno contro natura”.

Alcuni esempi?

“Non andando troppo lontano dall’area metropolitana c’è il caso di Capo Mulini nel torrente Lavinaio Platani dove si sono registrate anche delle vittime. In quella zona l’ex corso d’acqua passa all’interno delle fondamenta delle case, ponendo la collettività ad un rischio idraulico altissimo. Questi restringimenti a valle causano dei rigurgiti a monte, con allagamenti di strade, edifici pubblici, scuole e via dicendo. Ecco perché è necessario avviare tale processo di decementificazione, attraverso azioni strutturali cioè decostruendo il nostro territorio. Ma è chiaro che ciò non è possibile farlo dappertutto: dove esistono già case non è possibile demolirle. L’alluvione a Giampilieri di qualche anno fa rappresenta il caso più emblematico: a Scaletta Zanclea un edificio è crollato all’interno di quello che era un fiume: ebbene quell’edificio possedeva regolare concessione edilizia. Sono quelli i nostri errori”.

Non intervenendo in tal senso quali sono i pericoli?

“Quello che abbiamo già visto purtroppo. E fare tesoro del passato per tentare di migliorare. Se da un lato possiamo infatti governare i processi di trasformazione urbanistica, altrettanto non possiamo fare con i fenomeni atmosferici come flash storm, le cui durate non sono sempre prevedibili. La prevenzione è tutto in tal senso. Ma è anche vero che i cittadini non sono pronti e preparati a questi fenomeni, non c’è la consapevolezza del rischio e dei pericoli che spesso vengono sottovalutati. Basti pensare che, per esempio, in via Dusmet dove ci sono gli archi della marina c’è una segnaletica che vieta l’attraversamento ai pedoni in caso di alluvione, ma ci sono numerosi filmati in cui si vede come i cittadini invece attraversino tranquillamente sotto gli archi. Ecco perché ritengo che sia necessaria una maggiore diffusione di informazioni per quanto concerne i rischi idraulici, e l’amministrazione, dal canto suo, deve pianificare tali rischi, incrementando per esempio le esercitazioni con la Protezione civile”.

 

 


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