13 Novembre 2017, 07:20
2 min di lettura
PALERMO – Bastava pagare una mazzetta per ottenere il Durc, Documento unico di regolarità contributiva. L’ex vice direttore dell’Inail di Palermo e direttore dell’ufficio di Termini Imerese, così sostengono i finanzieri, chiudeva gli occhi di fronte alle irregolarità. Da qui le accuse di corruzione e concussione che sono state contestate in sede penale a Giuseppe La Mantia, definito dagli investigatori “cassiere” del clan mafioso dei Madonia.
Ora lo stesso La Mantia viene raggiunto da una misura di prevenzione patrimoniale. Il nuovo corso è colpire i beni non solo dei mafiosi, ma anche di chi commette reati contro la pubblica amministrazione.
I finanzieri del Gico della Polizia Tributaria gli hanno sequestrato immobili e depositi bancari per 516 mila euro. Il provvedimento è stato emesso dal tribunale di Palermo su richiesta della Procura della Repubblica.
Il meccanismo della corruzione è andato avanti dal 2007 al 2012. Anni in cui La Mantia era diventato il punto di riferimento di imprenditori senza scrupoli. Tutta gente non in regola con i versamenti dei contributi Inps e dei premi assicurativi Inail, e con i pagamenti delle cartelle esattoriali. Solo grazie alla compiacenza di La Mantia, “ripagato con sostanziose tangenti”, gli imprenditori entravano in possesso del Durc, documento necessario per partecipare ad appalti pubblici e ricevere pagamenti dalla pubblica amministrazione.
“Per le sue prestazioni, l’alto funzionario colluso veniva ricompensato con la consegna di buste contenenti denaro – scrivono i finanzieri del Gico – che riscuoteva direttamente presso il proprio ufficio, ovvero ottenendo l’accredito di somme direttamente su conti correnti di cui era titolare o di cui aveva la disponibilità perché intestati a familiari o persone a lui vicine. In taluni casi, la mazzetta veniva riscossa anche sotto forma di concessione dell’uso gratuito di cellulari e auto di lusso.
A La Mantia viene pure contestata la truffa perché avrebbe attestato falsamente la sua presenza al lavoro quando in realtà sarebbe stato assente. Con l’avvio delle perquisizioni in ufficio l’ex dirigente capì di essere finito nei guai e avrebbe chiesto ai colleghi di fare sparire alcuni documenti.
C’è poi il capitolo investigativo che farebbe emergere la vicinanza di La Mantia con alcuni personaggi mafiosi, come Camillo Graziano della famiglia dell’Arenella. Ed ancora con il clan Madonia di cui sarebbe stato il “cassiere”. Di lui avevano parlato anche alcuni collaboratori di giustizia, riferendo di una sua partecipazione alla gestione degli appalti di cui al tempo si era occupato Angelo Siino, il “ministro dei lavori pubblici” di Cosa nostra.
Pubblicato il
13 Novembre 2017, 07:20