PALERMO – C’era lo scirocco, purtroppo. Eppure la campagna antincendi era iniziata, proprio il giorno prima, con un bel corso di formazione. Anzi, di informazione. Purtroppo però c’era la mafia e la criminalità. E soprattutto il caldo, l’inaspettato caldo di giugno in Sicilia.
Alla fine dei roghi, si giungerà a legare il clima a Cosa nostra, pur di evitare di ammettere l’unico fatto evidente: la Regione non è stata in grado di evitare e fronteggiare l’emergenza. La Regione dei 23 mila operai forestali e dei 1.200 lavoratori del Corpo forestale. Quei Forestali che Crocetta vorrebbe mandare anche a gestire il dissesto idrogeologico. Magari insieme agli ex Pip. Non restano che gli scongiuri.
Una shakerata di vento, mafia e sfortuna, quindi, ed ecco servito uno dei più grossi disastri degli ultimi anni in Sicilia. Ma nessuno, tra quelli che questi disastri dovrebbero prevenirli, ha pensato di accennare un minimo “mea culpa”. Anzi. Crocetta ha tuonato, ovviamente, contro i mafiosi. Perché – questa è costante di tre anni e mezzo di governo – il presidente della Regione non è mai riuscito, in ogni settore, ad andare al di là della “criminalizzazione” dei problemi che è incapace di risolvere.
Ma stavolta è in buona, buonissima compagnia. Perché a sentire le dichiarazioni dei soggetti chiamati a intervenire, tutto ha funzionato alla perfezione. Il dirigente generale della Protezione civile Calogero Foti ha parlato di “sistema che ha reagito bene”. Mentre è partito un esposto da parte dell’associazione Sicilia OpenGov proprio per l’assenza del governatore dalle attività di coordinamento della Protezione civile, che spettano appunto al presidente della Regione.
Il dirigente generale del Corpo forestale Gaetano Gullo ha detto “di aver fatto tutto ciò che era possibile di fronte a una emergenza di quel tipo”. E l’assessore al Territorio Maurizio Croce ha laconicamente affermato che “le attività antincendio sono partite il 15 giugno, come prevede la legge”. Iniziate, per essere precisi, con due giorni di “informazione”. Sì, nessun vero intervento antincendio, del resto mancavano pure i mezzi sufficienti, così si è preferito usare le prime giornate pagate ai precari, nei singoli distretti, per ricordare loro come svolgere il lavoro che svolgono da anni.
Per Antonello Cracolici, invece, le attività di prevenzione sono state regolari e sono partite per tempo. Ma le immagini di ieri sono una palese smentita, del resto già operata da soggetti del Corpo forestale, sindacati di categoria, esponenti politici, dal presidente della commissione Antiamfia all’Ars. Tutti parlano chiaramente di ritardi, omissioni, errori, superficialità del governo regionale.
Eppure, pare sia tutto a posto. Solo sfiga, mafia e vento. E invece, andrebbero forse tracciate un po’ di linee. E ricordare un paio di cose. A cominciare dal fatto che a giugno, in Sicilia, fa caldo. Che lo scirocco non è una novità. Che gli incendi nell’Isola non sono una moda della nuova stagione primavera-estate. E che questi hanno provocato danni mai visti.
No, non sono una novità, quei fuochi. E tantomeno potrebbero essere considerati un evento imprevisto oggi, dopo il disastro che ha carbonizzato, pochi giorni fa, buona parte della vegetazione di Pantelleria. Un “avvertimento” che non è stato colto. Un esempio che avrebbe dovuto allertare. Ma che ha prodotto solo la “creazione del Parco di Pantelleria” da parte della giunta. I solito spot, il solito fuoco fatuo.
Quelli di ieri, insomma, erano fatti prevedibili. Da un governo che volesse sforzarsi, ogni tanto, di governare. Di amministrare. Senza affidarsi al solito scoglio della denuncia plateale e sguaiata (altra novità, per la cronaca,: i roghi sono quasi sempre accesi da criminali), del sospetto da allungare su altri, del disegno che presto prenderà il volto di Cosa nostra, e che si legherà prevedibilmente ai fatti del Parco delle Madonie e dell’emergenza rifiuti.
E invece, la verità è che questa politica è incapace di garantire alla Sicilia una vita normale. Non si è rivelato capace Rosario Crocetta, come scriviamo da tempo, e la vicenda incendi è solo la prova più clamorosa. Ma non si è rivelato capace il suo governo, quello della svolta. Quello del Pd unito e dello stretto rapporto con Roma (ma il premier, per fortuna, ha seguito con apprensione i fatti siciliani dalla Capitale). E invece, nessuna prevenzione è stata operata dagli operai forestali gestiti dall’assessorato all’Agricoltura. Non avevano mezzi adeguati, poi, gli operatori antincendio guidati dall’assessorato al Territorio e ambiente. E tutto questo perché non ci sono i soldi, secondo qualcuno. Mentre la metà dei finanziamenti destinati ai Forestali è ancora congelata nella Finanziaria voluta dal renzianissimo Alessandro Baccei in attesa che il governo regionale abbia la forza e quello centrale la voglia di chiudere un accordo-capestro. Ma tra poco, assicurano, arriverà la “riforma dei forestali”. Promessa ormai da anni e da assessori diversi.
Questo è il quadro. Ovvero un mosaico di città che bruciano, di boschi in cenere, di paura, sgomento, di telefoni che squillano a vuoto, di operazioni anticendio “fai da te”. E la conclusione è, purtroppo, una: questa politica non è in grado di garantire ai siciliani nemmeno la sicurezza minima. Non è in grado di amministrare alcun settore, né di operare alcuna programmazione. Il belletto da spargere anche questa volta sul volto devastato dell’Isola avrà presto il colore della mafia e della criminalità. Una ricostruzione che ormai non convince nessuno. Questo governo, semmai, questa politica devono andare a casa prima possibile. Prima della prossima prevedibilissima emergenza. Prima del prossimo fuoco prodotto dall’incapacità e dall’inconcludenza.