PALERMO – “Guardandomi allo specchio mi dico ‘6 giorni di carcere, 50 di arresti domiciliari e 40 di obbligo di dimora, più la sospensione dal lavoro per lo stesso periodo, sono misure che, prima di vivere questa triste avventura, immaginavo per un delinquente pericoloso e recidivo’”. Inizia così la lettera che Antonio Belcuore ha spedito a Livesicilia e ad altri organi di informazione. Belcuore è l’ex dirigente regionale del Servizio turistico di Taormina coinvolto nell’inchiesta sui Grandi Eventi. Per l’accusa era una pedina del cosiddetto sistema Giacchetto. Un’accusa che Belcuore non accetta.
“Una vicenda assurda che merita un minimo di spiegazione per le centinaia di persone che mi hanno manifestato la loro solidarietà ed una mia riflessione ad alta voce sulla mia storia personale – spiega Belcuore -. Sto per compiere 19 anni di impiego nell’Amministrazione Pubblica. In tutti questi anni ho sempre evitato di fare il burocrate immobile, quello che sa solo dire ‘non si può fare’: ho sempre cercato di trovare le giuste soluzioni per dimostrare che la nostra terra sa essere ricca di iniziative e porsi al cospetto del consesso internazionale. Ripensandoci – prosegue – forse sarebbe stato meglio rimanere sulla strada del burocrate ammuffito, visto anche il processo sommario a mezzo stampa di cui sono stato vittima prima ancora di essere giudicato da un tribunale”.
Belcuore è accusato di turbativa d’asta e corruzione. Proprio ieri, su istanza del suo legale, l’avvocato Claudio Gallina Montana, gli è stato tolto anche l’obbligo di dimora. È tornato ad essere a pieno un uomo libero. Nei suoi confronti erano già cadute alcune ipotesi di reato relative alle gare d’appalto per il Taormina Fashion Awards, i Campionati italiani di scherma e la Settimana tricolore del ciclismo. E’ rimasta in piedi, invece, l’ipotesi dell’accordo illecito fra Belcuore e il manager della pubblicità Faustino Giacchetto per pilotare la gara d’appalto per il Campionato di golf femminile. Il prezzo della corruzione del dirigente sarebbero state bottiglie di vino ‘pregiato’ per un valore di 3.000 euro e un IPad.
“Nei miei confronti Giacchetto si è sempre comportato da persona corretta; il rapporto esistente, d’altronde, non avrebbe consentito altro tipo di atteggiamento – scrive Belcuore -. Ma per i magistrati non poteva essere così: Giacchetto mi avrebbe corrotto per avere benefici – non ho ancora capito di che tipo, atteso che le manifestazioni si sono regolarmente svolte con ottimi risultati (unico mio vero scopo) – con la consegna di una cassa di vino durante le festività di Natale del 2011 e, addirittura nel giugno del 2010, dunque ben 18 mesi prima dei fatti contestati, di un fantomatico iPad, mai ricevuto e conseguentemente in ben due perquisizioni mai trovato”.
Ed ancora: “Questi elementi sono stati ascritti come prova della corruzione conclamata del delinquente che scrive. Certo, quanto meno rispetto all’iPad, almeno 3 bicchieri di vino ho avuto la possibilità di berli. Perché allora parlare di corruzione – prosegue – quando dall’esame dei conti correnti bancari mio e di mia moglie, sotto controllo e scandagliati dal 2007 al 2013, non è emerso nulla se non il pagamento mensile della rata del mutuo, quella dell’automobile e della moto, la canalizzazione di tutti i servizi (acqua, telefono, luce e gas), lo scarsissimo uso di denaro contante, vista l’utilizzazione massima della moneta elettronica (quindi di facile riscontro)? Forse le perquisizioni andavano fatte con il martello pneumatico per controllare se, come si faceva una volta, i soldi ricevuti li avessimo riposti “sutta a visula”…. o forse le misure restrittive mi sono state comminate perché altri erano gli obiettivi della Procura…”.
Belcuore elenca poi i successi ottenuti dalle manifestazioni da lui organizzate e lancia una stilettata: “Mi sarei aspettato un minimo di reazione da parte degli Assessori e Dirigenti generali che si sono succeduti dal 2009 al 2012 (avranno scelto coraggiosamente di defilarsi, visto che l’inchiesta non li ha nemmeno sfiorati…). Non un moto di solidarietà nei miei confronti, ma almeno una difesa delle loro scelte programmatiche dalle accuse di ladrocinio, formulate da chi ha dimostrato di non conoscere neanche le procedure più elementari di gestione della cosa pubblica. Per contro, hanno molto dichiarato alcuni rappresentanti di istituzioni regionali e nazionali che, senza conoscere né i fatti né le persone coinvolte, si sono lasciati andare in affermazioni e giudizi da Tribunale dell’Inquisizione”.