La guerra dell'Arma e la Trattativa | Nuovo incarico per Antonio Ingroia - Live Sicilia

La guerra dell’Arma e la Trattativa | Nuovo incarico per Antonio Ingroia

L'ex pm, oggi avvocato, è il nuovo difensore di un maresciallo dei carabinieri.

PALERMO- Prima da pm, ora da avvocato. Quando ci sono di mezzo trame oscure e si parla, seppure indirettamente, della trattativa Stato-mafia, Antonio Ingroia è una presenza costante.

L’ultima notizia riguarda l’udienza preliminare del processo nei confronti dei marescialli Saverio Masi e Salvatore Fiducia che avrebbero calunniato alcuni ufficiali dell’Arma, accusandoli di avere fatto scappare pericolosi latitanti, di avere zittito fonti confidenziali e stoppato perquisizioni che potevano portare alla scoperta del papello con le richieste di Totò Riina allo Stato per fermare le bombe.

Oggi i due imputati erano convocati davanti al gup Lorenzo Iannelli dopo che il gip Vittorio Alcamo respinse la richiesta di archiviazione e decise l’imputazione coatta per le accuse rivolte a Gianmarco Sottili, Francesco Gosciu, Michele Miulli, Fabio Ottaviani, Gianluca Valerio e Biagio Bertodi (difesi dagli avvocati Claudio Gallina Montana, Basilio Milio ed Enrico Sanseverino).

La Procura a quel punto ha dovuto formulare il capo di imputazione e la parola è passata al nuovo giudice, cui spetta il compito di  decidere se rinviare a giudizio o prosciogliere gli imputati. Stamani, però, si è appreso che Fiducia ha deciso di cambiare avvocato. Non più Giorgio Carta, ma l’ex pm Ingroia che ha chiesto un termine a difesa per studiare il fascicolo processuale. Da qui il rinvio al 6 dicembre prossimo.

Le accuse di Masi erano pesantissime. Gli ufficiali, a suo dire, avevano ostacolato le indagini per la cattura di Bernardo Provenzano, Matteo Messina Denaro e impedito di recuperare la prova che la Stato avesse trattato con i boss. A rincarare la dose ci pensò Fiducia, il quale disse che nel 2001 era in contatto con una fonte confidenziale – nome in codice Mata Hari -, moglie di uno storico capomafia di Corleone, che avrebbe potuto condurlo al covo di Binu Provenzano. Durante un sopralluogo nelle campagne di Trabia Mata Hari e il militare furono bloccati da un uomo armato. Poi, la rivelazione: “Provenzano aveva deciso di costituirsi, ma alcune persone a lui vicine lo hanno convinto a cambiare idea”. Racconti che non avevano convinto il giudice Alcamo, il quale parlò di “sospetta progressione dichiarativa”, “discrasie” e “malcelato risentimento” da parte di Masi e Fiducia.

Le loro denunce rimandano al contenitore principale della Trattativa di cui l’aggiunto Ingroia è stato il ‘padre’. Così come lo è stato del processo al generale Mario Mori e al colonnello Mauto Obinu, assolti con sentenza ormai definitiva all’accusa di avere agevolato la fuga di Provenzano.

Ingroia, dunque, torna ad occuparsi dei temi a lui tanto cari, svestendo la toga di pm e indossando quella di avvocato. Ci riesce al secondo tentativo. Un giorno, infatti, si presentò in aula a Palermo, al processo sulla Trattativa, come legale di parte civile dell’Associazione vittime della strage di via dei Georgofili. Un salto in avanti, visto che non aveva ancora prestato giuramento e che per un paio di anni non avrebbe potuto esercitare la professione forense nello stesso distretto dove aveva fatto il pubblico ministero.


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