PALERMO – “Sporco negro, torna al tuo paese”. E poi i calci, i pugni, i colpi di catena. Una violenza che avrebbe dovuto subire in silenzio, senza rivolgersi alle forze dell’ordine, perché “a Palermo funziona così”. E invece il muro di omertà, stavolta, non si è nemmeno alzato. Ad aiutare il giovane senegalese finito nel mirino di tre aggressori nel centro storico di Palermo, è stato un residente della zona del Capo, dove i primi di luglio è avvenuto il pestaggio. E’ stata la stessa vittima a raccontare a LiveSicilia quella sera da incubo: “Ancora con la testa sanguinante una persona mi ha soccorso e mi ha anche accompagnato all’ospedale, poi ho denunciato tutto alla polizia”, ha detto. La collaborazione del giovane senegalese ha così permesso agli investigatori di risalire in tempo record ai presunti aggressori e ieri sono scattati tre arresti.
Ma quello avvenuto in piazza Beati Paoli non è stato purtroppo l’unico episodio recente alimentato dall’odio razziale a Palermo e provincia, dove soltanto lo scorso gennaio un altro giovane senegalese è stato picchiato in pieno centro. Anche in questo caso, prima che arrivassero i calci e i pugni qualcuno gli ha urlato “brutto negro, vattene da qui”. Poi la violenza ha preso il sopravvento, al punto da rendere necessario il trasporto in ospedale e il ricovero di Kande Boubacar. Anche lui si è ritrovato con la faccia sanguinante e ferite in tutto il corpo, dopo essere stato colpito più volte da almeno nove minorenni, poi identificati e indagati per lesioni personali con l’aggravante dell’odio razziale.
Una scia di violenza
Tra i casi più eclatanti, anche quello di un ballerino che abita in provincia. E’ nato a Palermo da una coppia mauriziana ed è stato adottato da una famiglia siciliana quando aveva appena quaranta giorni. Eppure si è trovato a tu per tu con le botte, le minacce, gli insulti sul colore della propria pelle. Davide Mangiapane, ballerino 24enne che vive a Lercara Friddi, un anno e mezzo fa è stato vittima di un’aggressione brutale avvenuta in pub del paese. Le indagini su quel pestaggio sono andate avanti senza sosta e gli aggressori sono stati condannati a quattro anni e mezzo: dietro all’assalto, secondo il Gip di Termini Imerese, c’è infatti l’odio razziale.
Ma non finisce qui, perché alla Vucciria un anno fa è stato preso di mira un ventenne libico. Prima lo hanno bloccato a pochi metri dallo storico mercato, poi l’hanno picchiato e derubato. La vittima era in compagnia di un amico che ha dichiarato: “E’ stato pestato a sangue perché è straniero, lo hanno insultato, poi sono passati alla violenza”. Una escalation senza fine che nel 2019 ha provocato tensioni e grande preoccupazione a Partinico, sempre nel Palermitano: ad aprile Dieng Khalifa, anche lui giovane senegalese e ospite di una comunità, è stato bloccato e preso a calci e pugni. “Vattene via sporco negro, siete tutti figli di p…”, gli avevano urlato.
I due aggressori, operai di 38 e 35 anni, sono stati condannati in abbreviato a due anni e quattro mesi con l’aggravante, anche stavolta, dell’odio razziale. La stessa che avrebbe mosso gli undici giovani che hanno assaltato lo scorso ottobre il mini market di un cingalese in via Alfredo Casella: la squadra mobile di Palermo lo scorso gennaio ha ricostruito le drammatiche fasi del raid, avvenuto con spranghe e mazze da baseball. La matrice razzista, nel caso dell’assalto al negozio, è stata ribadita dal gip Marco Gaeta, che ha disposto gli arresti: “Gli indagati hanno chiaramente manifestato – in termini concreti e percepibili – il sentimento di avversione e di odio razziale. E’ stato evidentemente l’odio razziale ad avere provocato l’aggressione e la rapina all’interno del minimarket. Il particolare momento storico è caratterizzato da un aspro contrasto, in seno alla società civile e in ambito politico, su forme e modalità di trattamento e di accoglienza da riservare ai soggetti di etnie diverse da quella occidentale”, ha precisato. Eppure, chi finisce nel mirino, nonostante il dolore fisico e quello del cuore, ci tiene a ribadire il proprio amore per Palermo. Lo ha fatto Kande Boubacar, il giorno dopo il pestaggio, così come il giovane senegalese rimasto ferito al Capo: “I palermitani non sono tutti uguali – ha detto – ci sono anche tante persone perbene, come il ragazzo che mi ha salvato e con cui siamo diventati ormai amici. Ritengo Palermo casa mia. E’ la città che mi ha accolto”.