PALERMO- Tra le squadre che scendono in campo, giorno e notte, per tentare il salvataggio di vite umane, nel flagello del Covid, c’è quella dell’Ismett di Palermo. Il dottore Antonio Arcadipane e i suoi ragazzi della terapia intensiva sono impegnati, senza sosta, nella riduzione del danno di una terrificante pandemia. E i risultati che raggiungono sono ottimi.
La macchina del salvataggio
“Abbiamo un reparto molto grande di terapia intensiva Covid, con quaranta posti letto – spiega il dottore Arcadipane – che ci permette di organizzarci in blocchi e di suddividere gli accessi dei pazienti e del personale. Di fatto, non abbiamo avuto una prima ondata in Sicilia. Ma, da ottobre, siamo stati pronti a ricevere malati gravi, continuando la nostra normale attività”. La speranza è racchiusa in quattro parole: ‘Ecmo’, ovvere la circolazione extracorporea. “L’Ecmo – dice il dottore – è affidata a una macchina, in alcuni casi trasportabile, che può funzionare, alternativamente o insieme, da cuore e polmone, sostituendo la loro funzione nel corpo umano. Faccio uscire dall’organismo sangue non ossigenato, lo pulisco e lo rimetto in circolazione”. Una terapia che ha dato grandi risultati nell’insufficienza respiratoria dei pazienti gravissimi per il Coronavirus, sostituendo la funzionalità degli organi danneggiati.
Quando può essere usata
“Bisogna chiarire alcuni aspetti – spiega ancora il dottore Arcapidane -. L’Ecmo va bene per persone che hanno riserve biologiche che consentano un recupero. Il principio è quello di tenere in vita, mentre l’organismo riesce a ripararsi e a riprendere la sua attività: noi diamo più tempo. La nostra mortalità è di circa il trentasei-trentotto per cento (la mortalità complessiva delle rianimazioni è del 50 per cento su base nazionale, ndr) e mi riferisco sia ai pazienti trattati con Ecmo sia a quelli che non sono indicati per la terapia. Abbiamo visto che il virus crea danni tremendi ai polmoni. Siamo i primi in Italia per numero di Ecmo e in Sicilia, come grosso centro, ci siamo solo noi”. La terapia intensiva dell’Ismett fa anche parte della rete nazionale ‘Respira’, per l’insufficienza respiratoria, creata nel 2009 per la Sars. “Si tratta di una collaborazione molto importante – dice il dottore Arcadipane – per migliorare l’assistenza sul territorio”.
Un’Ecmo ovunque?
Ma allora non sarebbe il caso di usare l’Ecmo (ExtraCorporeal Membrane Oxygenation) in ogni reparto Covid? Studi recenti dimostrano come abbia avuto un impatto nel diminuire la mortalità nelle rianimazioni. “E’ un meccanismo molto complicato – dice il dottore Arcadipane -. Non basta la macchina, ci vuole anche l’expertise, cioè professionisti in grado di usarla bene, perché è necessaria la massima precisione che viene dall’esperienza e dalla quantità di terapie che si fanno. Abbiamo diversi pazienti qui, all’Ismett. Oppure siamo noi che andiamo negli altri ospedali, perché è una tecnica trasportabile. Ripeto: è una terapia che va bene solo in determinate condizioni, quando c’è un organismo in grado di recuperare e che non ha subito danni irreversibili”.
Ma l’Ismett non si ferma
Nel frattempo, non c’è solo il Covid. L’attività dei trapianti prosegue a ritmo serrato. “Domenica scorsa, ci siamo occupati di un trapianto di polmone, poi un trapianto di fegato, poi un trapianto pediatrico… Insomma, c’è tanto da fare. E adesso, mi scusi, torno a lavorare. La prego, quando scriverà, non parli soltanto di me. Qui sono essenziali tutti: i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari, chi si occupa delle pulizie, i tecnici. Tutti, insomma. Vorrei che gli fosse reso il giusto merito. E vorrei sottolineare la grande capacità di mettersi in rete e di collaborare delle terapie intensive siciliane”. Il dottore Arcadipane si congeda. Lui è quello al centro della foto, qui immortalato con la sua squadra. Loro, come gli altri, nella trincea di una catastrofe, senza mollare mai.