PALERMO – Il fatto non sussiste. La Corte d’appello ribalta la sentenza di primo grado e assolve Khadiga Shabbi, la ricercatrice universitaria libica condannata in primo grado a un anno e otto mesi per istigazione a commettere reati in materia di terrorismo. “Soddisfazione” esprimono i legali della difesa, gli avvocati Salvatore Gambino e Michele Andreano per la decisione della Corte d’appello presieduta da Angelo Pellino, giudice a latere Roberto Murgia.
“Pericolosa e simpatizzante del fenomeno jihadistico”: così il gup di Palermo aveva descritto nelle motivazioni della sentenza di primo grado. Dopo il verdetto la libica, a cui era stata sospesa la pena, era stata scarcerata. Fino a quindici giorni fa era ospite nel centro di accoglienza di Ponte Galeria. Poi, è tornata nella sua casa di Palermo. Per lei era stata chiesta l’espulsione dall’Italia, ma i suoi legali avevano fatto istanza di protezione internazionale, visto che nel suo Paese è in corso una guerra civile.
La donna era accusata di legami con esponenti di organizzazioni terroristiche islamiche e foreign fighters e di una fitta attività di propaganda in favore di Al Qaeda svolta attraverso social come Facebook. Contro di lei gli investigatori avevano prodotto intercettazioni telefoniche e i dati dei suoi pc.
“Appare evidente – scriveva il gup nelle motivazioni della sentenza – la pericolosità concreta delle condotte istigatrici e propagandistiche poste in essere dalla Shabbi, alla luce del contesto in cui le stesse si svolgevano, ossia quello della galassia di simpatizzanti del fenomeno jihadistico internazionale, in cui erano presenti, oltre a ex combattenti e uomini avvezzi alla violenza, anche soggetti come i lupi solitari”.
Un quadro che non ha retto al vaglio dei giudici di appello. Le motivazioni della sentenza saranno depositato entro novanta giorni.