Kalashnikov, fucili e bombe a mano:| l'arsenale del clan Assinnata - Live Sicilia

Kalashnikov, fucili e bombe a mano:| l’arsenale del clan Assinnata

La retata The End ha permesso ai carabinieri di azzerare il gruppo dei Santapaola di Paternò. Nel corso delle indagini i militari riuscirono a individuare il deposito delle armi della cosca.

CATANIA – Una potenza di fuoco da fare invida a un commando militare. Gli Assinnata di Paternò nel 2013 avevano a disposizione un arsenale composto da kalashnikov, bombe a mano, fucili e pistole. I militari, che ieri hanno eseguito 14 arresti tra cui il capo Turi Assinnata, erano riusciti attraverso una delicata indagine a localizzare il deposito del maxi arsenale da guerra della cosca santapaoliana. Il sequestro delle armi è un pezzo fondamentale dell’indagine che ieri ha portato a disarcionare il gruppo mafioso dedito alle estorsioni e allo spaccio di droga. Un’inchiesta di puro intuito investigativo che negli ultimi mesi si è completata con l’apporto delle rivelazioni dei pentiti Filippo Santo Pappallardo e del killer Filippo Musumarra, ex componente del clan rivale degli Assinnata, i Murabito Rapisarda.

Facciamo dunque un passo indietro. Il custode del potente arsenale – secondo quanto emerso dalle ricostruzioni degli inquirenti – è Pietro Puglisi. Che nel maggio del 2013, due mesi dopo il sequestro, fu arrestato a seguito di un’ordinanza del Gip di Catania.  Per gli investigatori Puglisi alias “Sputavento”, “Peri ‘i Gallina” o “Muschitta” sarebbe un fedelissimo del boss Turi Assinnata (l’uomo che farebbe tremare Paternò, come dicono i sodali nelle intercettazioni).

I carabinieri trovarono le armi in contrada Gianferrante, zona delle campagne di Paternò. Erano in un immobile a disposizione del fratello di Puglisi, per gli inquirenti però era solo una copertura. Il vero custode era Pietro “Stupavento”. I Ris di Messina si videro arrivare dopo il sequestro una quantità notevole di armi.

L’arsenale, infatti, era così composto: 3 bombe a mano, fucile kalashnikov da 4 caricatori e dieci cartucce; una pistola Beretta con matricola punzonata e due caricatori, ognuno da 15 colpi; una pistola Tanfoglio calibro con matricola abrasa e caricatore; un fucile Benelli calibro 12 con matricola abrasa; un fucile Beretta calibro 12, con canne mozzate e con matricola abrasa, un fucile Benelli con canne mozzate; un fucile Breda con canne mozzate, modello Altair Special, calibro 12; un fucile con canne mozzate privo di marca e con matricola abrasa; tre caricatori doppi per pistola; tre scatole di cartucce calibro 9×21 marca Lellier & Bellot; una canna calibro 12, marca Breda con matricola; circa 900 cartucce di varie marche e calibri.

L’avere a disposizione armi di questa potenza fa ben capire la pericolosità del clan che negli ultimi anni ha anche arruolato nuovi soldati, anche provenienti da altri gruppi malavitosi. Come Giuseppe Parenti, transitato dai Laudani (quindi Morabito-Rapisarda) ai Santapaola (Assinnata-Alleruzzo). Due famiglie che erano in piena guerra di mafia: una faida iniziata con il delitto di Turi Leanza (detto Padedda) e fermata dai carabinieri l’anno scorso con il blitz En Plein.


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