Kurt Cobain e le tante Seattle: Catania, Genova e il Nichilismo

Kurt Cobain e le tante Seattle: Catania, Genova e il Nichilismo

I Nirvana, i Denovo e...
STRETTO IMMAGINARIO
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CATANIA – “È la più esplosiva scena prodotta da una singola città, come non accadeva dai tempi della Londra punk”. Così disse un giornalista, parlando del movimento musicale del Grunge. Parliamo di un tempo e di un luogo preciso: siamo alla metà degli anni ottanta del secolo scorso a Seattle. Capita molte volte. Spesso ci sono luoghi dove, per via di fattori imponderabili e condizioni uniche, avvengono delle eruzioni di produzione culturale inaspettate. Come se ci fosse, senza saperlo, un appuntamento per un’assemblea di condizioni e di fattori, che nessuno ha stabilito, ma che sono stabiliti.

Come nel caso di Catania, nel cuore del Mediterraneo, dove, contemporaneamente ai Nirvana, i Denovo pubblicano “Niente insetti su Wilma”, da cui nasce un movimento che fu poi definito come la Seattle italiana. Una similitudine suadente ma non effettiva. La differenza tra la traiettoria nichilista della scuola di Seattle e la solare esuberanza di quella Catanese, infatti, è palese sin dal principio.

“Amarti così tanto, mi rende malato” (Love you so much, it makes me sick) e “mi sono innamorato di te perché non avevo niente da fare”, sono due frasi che sembrano scritte dalla stessa mano, anche se a distanza di anni. Se voliamo con l’immaginazione, potremmo sentire cantare queste due frasi sia scendendo a piedi, da Piazza De Ferraris giù verso il porto di Genova, passando da un Carruggio a un altro, sia girando nel Pike Place Market di Seattle, il mercato coperto forse più antico degli Stati Uniti, navigando tra una bevuta e un’altra al calar della sera.

Sono trent’anni che Kurt Cobain ha incontrato una pallottola di fucile che, ancora oggi, non si capisce se è stata cercata da lui o se qualcuno gli è la fatta incontrare. In un certo qual modo, è una storia del tutto simile a un’altra famosa pallottola, questa volta di pistola, che in una Liguria ubriaca dal Festival di Sanremo, vide la fine di Luigi Tenco. La Scuola di Seattle e la Scuola Genovese, a distanza di tre decenni, hanno quindi stranamente due leader che muoiono alla stessa maniera: andando incontro a una pallottola, volontariamente o meno.

Genova e Seattle. Due città quasi di confine: una, al suo Ovest, si accompagna alla Francia e l’altra, al suo Nord, confina con il Canada. Due città portuali, una al centro di un arco costiero del Mediterraneo e l’altra dentro un articolato bacino d’acqua, un puzzle di grandi piscine naturali d’acqua marina, formate da un oceano Pacifico che in quel punto entra in profondità sulla terra ferma. Due città che essendo portuali, sono predisposte ad accogliere per vocazione tutto ciò che per motivi legati al traffico delle merci e delle persone, passa dai rispettivi anteporti urbani.

La canzone popolare ligure ha notevoli relazioni con la Provenza e la Francia ma ha attinto molto però anche dalla zona dell’Italia Meridionale, e dall’Africa del Nord. A Seattle il jazz è di casa ancor prima che a New Orleans. In sostanza, ambedue le città, a ogni approdo di nave, oltre alle merci e alle persone, hanno visto scendere sulle proprie banchine anche le voci e gli strumenti di marinai che usavano il canto e la musica per passare il tempo libero durante le traversate.

Il cantautore è “uno che se la scrive, se la canta e se la suona”, diceva Gino Paoli che, con Umberto Bindi, negli anni ’50, collabora con Joe Sentieri, genovese, che sulle grandi navi Genova/USA aveva conosciuto swing, jazz e nuovi modi di scrivere e interpretare canzoni. Gli influssi del sound americano del dopoguerra crearono, grazie a cantanti come Natalino Otto, un nuovo patrimonio musicale e intellettuale che contribuì a far nascere con Bindi, Lauzi, Tenco, Paoli e De Andrè, la scuola genovese.

I Nirvana arrivano quando la Sub Pop – etichetta indipendente – aveva già prodotto sia i Mudhoney sia i Soundgarden, che insieme ai Nirvana saranno il cuore del movimento musicale di Seattle. Un movimento che si sviluppa sullo sfondo della crisi economica degli anni  Ottanta e che genera un nuovo suono che risponde alle esigenze di quei giovani che non avevano più un punto di riferimento. I Nirvana nascono per merito di Kurt Cobain e Krist Novoselic.

Nel 1987 esce il primo album Bleach. L’album ha quelle sonorità aggressive che tanto ancora devono al punk, ma ha una canzone, About a Girl, che si distacca drasticamente, inaugurando uno stile che maturerà, in seguito, in Nevermind del 1991.  I Nirvana, così come Luigi Tenco, però, non sarebbero stati possibili senza i Pearl Jam, Soundgarden, Mudhoney, Alice in Chains, da una parte, e Gino Paoli, Umberto Bindi, Bruno Lauzi, Fabrizio De André, dall’altra. Che cosa accomuna e rende paralleli, nel tempo, questi due movimenti?

“La difficoltà di definire il nichilismo sta nel fatto che è impossibile per la mente giungere a una rappresentazione del niente. La mente si avvicina alla zona in cui si dileguano sia l’intuizione sia la conoscenza, le due grandi risorse di cui essa dispone. Del niente non si può formare né un’immagine né un concetto.”

A trent’anni dalla morte di Kurt Cobain, forse possiamo dire che il nichilismo addebitatogli, può essere valutato diversamente se proviamo a fare una luce diversa su questo genere di atteggiamento nei confronti della vita. Soprattutto se separiamo il nichilismo dal relativismo, che non solo non sono sinonimi, ma che, probabilmente, potrebbero essere degli opposti.

Il nichilismo è prendere atto e avvertire l’assenza di un fine senza tempo. Il relativismo è invece trovarne uno, che sia proporzionato convenientemente a un arco del tempo. Sono due cose diverse. Che cosa è il significato della vita? Come fare esperienza della meraviglia? Il nichilismo è consapevolezza di un’assenza di fini e di perché predisposti per principio, ma non è accettazione di una loro variabilità, che corrispondano semplicemente alle convenienze di un determinato tempo. I Nirvana a Seattle, come Tenco e Bindi a Genova, dimostrano che è possibile ribaltare il tavolo dell’assoluto e del relativo attraverso la dignità umana, che è in primo luogo assunzione di responsabilità in proprio, senza alcun altro motivo, eterno o temporaneo che sia.

La dignità umana è quella chiave di volta intorno al quale sia il Medio Evo Italiano sia il Rinascimento, costruiscono l’umanesimo, e che hanno in Pico della Mirandola il cantore più importante in assoluto.

“Non ti ho dato, Adamo, né un posto determinato, né un aspetto tuo proprio, né alcuna  prerogativa tua, perché quel posto, quell’aspetto, quelle prerogative che tu desidererai, tutto appunto,  secondo  il  tuo  voto  e  il  tuo  consiglio,  ottenga  e  conservi. La natura determinata degli altri è contenuta entro leggi da me prescritte. Tu te la determinerai, da nessuna  barriera  costretto,  secondo  il  tuo  arbitrio, alla cui potestà ti consegnai.

Ti posi nel mezzo del mondo, perché di là tu meglio  scorgessi  tutto  ciò  che  è  nel  mondo.  Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti  plasmassi  e  ti  scolpissi  nella  forma  che  tu  avessi  prescelto.  Tu potrai degenerare nelle cose inferiori, che sono i bruti; tu potrai rigenerarti, secondo il tuo volere, nelle cose superiori che sono divine”

La dignità umana è quella cosa che porta a prendere una posizione rispetto alla vita, in cui il credere o non credere sono condizioni Ex Post e non Ex Ante. In ambedue i casi, sia in quello Genovese degli anni sessanta, sia in quel Nord Americano degli anni novanta, l’ordine costituito, in conclusione, è stato capace di usare ambedue le ribellioni, ma non è compito del ribelle occuparsi di questo.

“Ribelle è chi ha un profondo, nativo rapporto con la libertà, il che si esprime oggi nell’intenzione di contrapporsi all’automatismo e nel rifiuto di trarne la conseguenza etica, che è il fatalismo.” Kurt Cobain è stato un ribelle, come lo fu in maniera diversa Pico della Mirandola, e come lo fu Luigi Tenco. Ognuno a suo modo. Lunga vita ai ribelli.


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