Padre Stabile,lei nella sua esperienza pastorale e religiosa ha sempre cercato di portare avanti anche un impegno civile e politico, nel senso più puro del termine, insieme alle comunità che ha guidato. Qual è il significato di questa scelta?
“Credo che la comunità religiosa, a partire da quella parrocchiale, non può essere un’isola autoreferenziale che si chiude in una dimensione esclusivamente intimistica. Gesù nella Bibbia dice: “Aiutate i deboli e condividete il pane che avete”. E’ questo il messaggio sociale che la Chiesa deve portare avanti. Lo ha affermato più volte anche la Conferenza episcopale italiana.”
Nel clero palermitano e siciliano non sempre è stato messo in pratica tutto questo. Forse eccessiva timidezza o incapacità…..
“Sicuramente non c’è una consapevolezza diffusa dell’impegno politico, anche se ci sono molti bravi preti che lo fanno. Una parte del clero pensa che la politica non sia affare suo. Io non ragionerei in termini di demarcazione assoluta. Io credo, invece, che la cura dell’uomo non riguardi solo lo spirito, ma anche le problematiche sociali, economiche e culturali. Senza dubbio il sacerdote e il cristiano in generale, devono portare avanti un modo diverso di affrontare queste problematiche. Ripeto, Gesù dice ai discepoli di dare da mangiare al popolo che ha fame, e non di lasciare ad altri questo compito”.
In che modo si esplica l’impegno civile e politico della Chiesa?
“In un atteggiamento di grande attenzione verso le fasce deboli, che siano poveri, rom, immigrati o disoccupati. I preti vivono all’interno del territorio, ne conoscono i problemi e quindi devono anche partecipare alla loro soluzione. La Chiesa deve avere a cuore i problemi della gente, deve professare la cultura dell’attenzione nei confronti dell’altro. Questo è il mandato di Cristo. Se i sacerdoti non hanno queste attenzioni si macchiano di responsabilità gravi”.
Come si è evoluto negli ultimi tempi il rapporto delle gerarchie ecclesiastiche siciliane e nazionali rispetto a queste problematiche?
“Storicamente questo rapporto si è modificato con la dissoluzione della D.C. perché venendo meno questo partito d’ispirazione cattolica è anche scomparsa quella mediazione tra Chiesa e politica. Per quanto concerne le gerarchie, da Ruini in poi la Chiesa è intervenuta più direttamente sul piano politico. Io contesto il volto eccessivamente interventista o partitico della Chiesa che, invece, si deve muovere sul piano antropologico, morale e sociale, senza sviluppare ingerenze nelle decisioni su quale legge fare o non fare”.