CATANIA – Anche il Teatro Stabile di Catania parteciperà alla mobilitazione del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne. E lo farà con uno spettacolo intenso e tragico come “La città di platica”, che inaugurerà il cartellone “L’isola del teatro”, programmato per la seconda stagione consecutiva nella storica sala del “Musco”.
“Non dimentichiamo mai di essere il teatro di Sciascia e di Fava. Lo Stabile etneo – afferma con orgoglio il direttore Giuseppe Dipasquale – in quanto istituzione culturale di una nazione democratica, ha sempre avuto come priorità il rispetto dei diritti fondamentali dell’essere umano. Perciò continuiamo a riservare ampio spazio al teatro civile e ci schieriamo da anni contro la violenza di genere, operando in sinergia con le associazioni che agiscono nel territorio. È in questa visione che abbiamo organizzato gli approfondimenti di “Donne in campo” a fianco del movimento Se non ora quando. E siamo stati tra i primi in Sicilia ad aderire alla campagna “Posto occupato”. Con la medesima coerenza apriamo la stagione del Teatro Musco il 25 novembre, portando in scena un testo che racconta di donne violate nel corpo e nello spirito”.
Scritta a quattro mani dai giornalisti Silvia Resta e Francesco Zarzana, la drammatica pièce sarà in scena dal 25 al 30 novembre, per la regia di Norma Martelli, scene di Camilla Grappelli e Francesco Pellicano, suono a cura di David Barittoni. Sul palcoscenico, protagonista assoluta, agisce l’attrice Claudia Campagnola, mentre la poesia di Forough Farrokhzad è stata registrata da Antonella Civale.
La produzione, firmata dalla “Compagnia della Luna” diretta da Nicola Piovani, costituisce un importante esempio di giornalismo d’inchiesta, mettendo in scena un testo di indiscutibile forza e denuncia sociale. L’attrice Claudia Campagnola interpreta con rara sensibilità le tre figure femminili su cui si incentra l’opera: tre esempi di vita vera di donne contemporanee – Neda, Hanifa e Rose – tra violenze, abusi e mancato rispetto dei diritti umani fondamentali.
Dall’Iran la storia di Neda, studentessa uccisa a Teheran durante le proteste successive alle elezioni presidenziali del 2009, duramente represse dal regime. Il video amatoriale che ne ha documentato la morte, con la sua virale diffusione in rete ha reso la figura di Neda, “la voce dell’Iran”, il simbolo dell’opposizione al governo e dei manifestanti per la democrazia.
Dall’Afhanistan, Hanifa racconta lo strazio di tante donne del suo popolo: ragazze, spesso bambine, che – per sfuggire alla schiavitù dei matrimoni combinati e a mariti troppo vecchi e violenti – tentano il suicidio, una folle strada verso la libertà. Si cospargono di benzina e si danno fuoco; alcune muoiono, altre restano ustionate a vita.
Dal Kenya, l’ultima protagonista. Rose, testimone del sacrificio di molte giovani donne che come lei tagliano le rose nelle serre sul lago Naivasha, costrette ad aspirare concimi e polveri tossiche per pochi dollari al giorno, sotto immensi teloni trasparenti. Una “città di plastica”, appunto, che sorge per il profitto delle multinazionali occidentali producendo fiori, simbolo al contempo di amore e di morte.
Il teatro, con un linguaggio realistico, crudo, dà voce a chi non ce l’ha. Il messaggio è esplicito: “La città di plastica” offre al pubblico le storie di tre ragazze, tutte drammaticamente autentiche e drammaticamente reali, come quelle di tante che nel mondo non riescono a raggiungere i loro sogni e le loro speranze”; queste le parole di uno degli autori, Francesco Zarzana.
E ancora, la coautrice Silvia Resta: “Ho incontrato tante donne sulla mia strada di cronista. Ricche e povere. Sottomesse e ribelli. Vittime di violenze e di abusi, o attive protagoniste della loro vita. Ho capito che non ce n’ è una, in fondo, che non abbia lo stesso sogno. Lo stesso bisogno di libertà”.
Storie di sofferenza e di sogni spezzati, tradotte – spiega la regista Norma Martelli – “con pudore di usare parole piene di strazio; rispetto per il dolore e il coraggio, a volte incosciente, della giovane età; e l’impegno di far arrivare in platea, attraverso l’emozione, riflessioni sulla condizione di tante ragazze, giovani donne che hanno una sola grande colpa quella di volere vivere”.
Lo Stabile etneo inaugura la stagione del Musco portando sul palcoscenico uno spettacolo intenso, drammatico, che spinge alla riflessione su una tematica di estrema attualità e importanza.