ROMA – “Non ho mai dato l’ordine di rapire il padre del fornitore di droga, ho solo chiesto a mio fratello di chiedere dove fosse il figlio che mi doveva consegnare 5 chili di cocaina che avevo già pagato 130 mila euro”. Sebastiano Sardo, ex trafficante catanese diventato da sei mesi collaboratore di giustizia, ha parlato davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Roma ed ha raccontato i retroscena che portarono alla spedizione a Civitavecchia del fratello Luca insieme agli altri sodali per recuperare la partita di droga pagata dai trafficanti catanesi. Alla fine il commerciante fu costretto a salire in macchina preso in ostaggio fino a Messina, dove poi i catanesi (componenti di un commando secondo l’accusa) furono bloccati e arrestati. I sette catanesi (Gaetano Ferrara, Marco Guerrera, Simone Gugliemino, Francesco Perna, Antonio Santangelo, Luca Sardo e Concetto Zanti) sono accusati di sequestro di sequestro di persona allo scopo di estorsione.
Nessun ordine quindi da eseguire. Sebastiano Sardo avrebbe pagato la partita di cocaina che non sarebbe mai stata consegnata perché poco tempo dopo è finito in carcere. “Quando sono tornato ai domiciliari ho chiesto a mio fratello di andare a trovare il padre del fornitore per ottenere informazioni visto che era sparito con 130 mila euro. Ma gli altri che sono andati con mio fratello erano inconsapevoli”, racconta durante l’esame del Pg di Roma. E inconsapevoli sarebbero stati anche gli altri che hanno raggiunto Sardo a Messina. “Sapevano che Luca aveva avuto un problema con l’auto”, chiarisce ancora il collaboratore di giustizia.
Le parole del pentito catanese rappresentano un piccolo colpo di scena in un processo che è ormai alle battute finali. Il 20 febbraio ci sarà la discussione del Pg e della difesa. E poi potrebbe arrivare la sentenza. In primo grado le pene erano state pesantissime.