PALERMO – In Sicilia le politiche pubbliche e l’utilizzo dei fondi strutturali è inefficace. È un altro dei dati che emerge dal giudizio di parifica sul consuntivo 2017 della Regione Siciliana. Un macigno sull’attività degli ultimi anni della politica siciliana. L’Isola se cresce, lo fa da sola. Le politiche di bilancio non apportano nessuna ricchezza al Pil siciliano.
L’attività di bilancio del Governo e del Parlamento sono servite come strumenti di “distribuzione e compensazione generalizzata di provvidenze pubbliche”. Queste sono alcune dichiarazioni contenute nei capitoli sul ciclo del bilancio e la legislazione di spesa della relazione per il giudizio di parifica riferito all’esercizio finanziario del 2017.
I magistrati contabili rilevano anzitutto l’uso di un cattivo metodo nella politica finanziaria. Gli strumenti di bilancio, negli ultimi anni, sono stati approvati sempre in ritardo. E, in questi scenari, sono state mortificate le funzioni di ciascuna legge riguardante li manovre finanziarie, fosse il bilancio di previsione o la legge di assestamento. Infine le coperture: spesso assenti.
Insomma, se è vero che il giudizio, quest’anno, è una valutazione finale sull’era Crocetta, allo stesso tempo è forte il monito indirizzato all’era rappresentata da Musumeci e Miccichè, le due attuali guide dei principali palazzi della Regione. A dire il vero, all’attuale presidente dell’Ars i magistrati contabili hanno pubblicamente riconosciuto il merito di alcuni interventi, in particolare relativi alla razionalizzazione della spesa del Palazzo, così come la gestione della vicenda dei cosiddetti “portaborse”. Ma a preoccupare la Corte sono soprattutto le procedure relative alla creazione delle leggi. E così, se le critiche sono per la stragrande maggioranza riferite alla “vecchia” Assemblea, non mancano i moniti riferiti ai nuovi deputati, affinché non si ripetano gli errori del passato.
La Corte dei conti, infatti, rivolgendosi specialmente a Palazzo dei Normanni avverte che è opportuno cambiare totalmente l’approccio e il metodo sulle questioni finanziarie. Ma non è solo un problema di forma. In un punto la Corte dei Conti arriva a dirlo chiaramente: “L’iter legislativo si configura già a monte non conforme alle leggi vigenti in materia di contabilità pubblica”. Le leggi sono fatte senza rispettare le leggi.
I ritardi e l’assenza di programmazione
La prima questione che la Corte dei conti solleva è quella del mancato rispetto di tutti i tempi che vengono fissati per l’approvazione dei documenti del ciclo di bilancio. Ecco alcuni esempi. Il Defr dovrebbe essere approvato entro il 30 giugno. Ma, nel 2016, il Defr per il 2017 è stato approvato dalla Giunta il 26 ottobre e dall’Assemblea il 28 dicembre. La legge di bilancio, che andava presentata dal governo entro il 30 ottobre e approvata dal parlamento entro il 31 dicembre, ha visto un iter molto più dilatato: presentazione della Giunta il 17 dicembre 2016 e approvazione dell’Ars il 29 aprile 2017. Dopo il 30 novembre, poi, non si potrebbero più approvare leggi che comportino nuovi spese o minori entrate ma, sempre nella scorsa legislatura, anche questa regola è stata trasgredita.
I ritardi però non sono fini a loro stessi. Piuttosto raccontano l’assenza di programmazione delle politiche. In altre parole, gli sforzi della politica sono stati vani e se la Sicilia l’anno scorso è riuscita a generare anche un solo zero virgola di Pil non è grazie alle scelte di bilancio. “Le linee programmatiche generali – aggiunge la Corte – delineate dal Governo non appaiono correlate a specifiche politiche settoriali o di bilancio, con l’effetto che le prime risultano declinare dichiarazioni d’intenti senza basi analitiche. Di conseguenza non vengono definiti gli obiettivi e i contenuti della manovra di bilancio, ivi compresi gli indirizzi agli enti strumentali e alle società controllate e partecipate”.
E c’è di più. Infatti non solo a Sala d’Ercole si è svuotato il senso della parola programmazione ma sono state alterate anche le funzioni di altre leggi. Così, nella legge di assestamento (del bilancio di previsione per il 2017), che serve solo per adeguare l’autorizzazione data dall’Ars rispetto ai dati del bilancio consuntivo, sono stati inseriti una “serie di interventi di natura localistica e microsettoriale” e nuovi e maggiori oneri per il bilancio. Si è addirittura data copertura a una spesa che nella finanziaria era stata prevista ma senza trovare le cifre.
L’assenza di relazioni tecniche.
Continuando l’analisi degli atti legati al ciclo del bilancio del 2017, i giudici denunciano l’assenza di una opportuna serie di relazioni tecniche allegate ai ddl o agli emendamenti. L’altro tema. Anzi l’altro problema. Alle volte sono mancati del tutto i documenti che spieghino gli effetti sperati per ogni previsione di spesa. Sono mancate pure le carte che argomentino la presenza di una copertura. E, quando sono state presenti sono risultate “molto lacunose e prive delle necessarie indicazioni che illustrino gli aspetti qualitative delle proposte legislative”.
Eppure, quando le documentazioni tecniche c’erano, sono state ignorate. “La carenza di una relazione tecnica – affermano i giudici – quale documento di raccordo tra il disegno di legge e i beni pubblici a cui afferisce, assume dimensioni paradossali se si considera che durante i lavori d’aula spesso è stata del tutto negletta l’apprezzabile attività di approfondimento sui Ddl svolta dal servizio Studi dell’Ars. che con la pubblicazione dei cosiddetti “Documenti” potrebbe, invece, fornire un importante contributo a supporto del processo di formazione delle leggi regionali”.
Alcune volte è accaduto che le proposte di legge esitate dal governo contenessero le relazioni. Poi, una volta arrivate in Assemblea, il dibattito parlamentare ha spazzato via la norma o l’ha alterata totalmente rendendo nullo il significato della relazione tecnica. Fatte le modifiche e raggiunti gli accordi sui testi, la legge è stata approvata ma senza che il Ragioniere Generale abbia potuto dare il visto che certifichi la presenza di una copertura.
Le coperture finanziarie
Ed è proprio quello delle coperture l’ultimo grande tema. Si è già accennato alla “copertura postuma” e alla mancanza di una copertura certificata. La Sezioni unite dei giudici contabili raccontano chiaramente alcuni dei fenomeni a cui si è assistito. Sia la finanziaria che la legge di assestamento hanno ricorso “frequentemente ad un rinvio generico a risorse già in essere (attraverso la riduzione di precedenti autorizzazioni legislative di spesa), rischiando così di compromettere la realizzazione delle politiche pubbliche regionali programmate e rendendo meno plausibile dal punto di vista finanziario l’assolvimento dell’obbligo di copertura”.
Chiude il cerchio un aspetto richiamato dai magistrati. Le coperture spesso soo state trovate ricorrendo a precedenti autorizzazioni di spesa, magari senza verificare la presenza di risorse nel fondo globale, il fondo da usare per le nuove spese che sorgono a seguito dell’approvazione di una legge. Questa attività in sé possibile richiede però che siano cambiati gli obiettivi che dovevano essere perseguiti con le risorse sottratte. Cosa che non è stata fatta e che così ha generato inefficienze del sistema e, appunto, la vanificazione della programmazione economica. “La comprovata reiterazione di tale condotta – commentano i giudici -, che a volte riguarda anche politiche varate nel medesimo esercizio finanziario, rende, altresì, sostanzialmente, inefficace ogni tipo di analisi dei documenti di programmazione, degli andamenti tendenziali del bilancio regionale e delle singole azioni deliberate dalla Giunta di governo”.
Tutto questo è quello a cui si è assistito nella passata legislatura. “Adesso deve cambiare il percorso normativo delle disposizioni finanziarie. – ha detto Gaetano Armao, vicepresidente della Regione e assessore all’Economia, alla fine dell’udienza – Va reso più rigoroso. Non vanno bene le variazioni all’ultimo minuto e le mediazioni. Il dibattito parlamentare va agevolato presentando in tempo gli atti da approvare. I percorsi vanno strutturati meglio e sono d’accordo sull’uso della bollinatura (la procedura che ‘certifica’ la copertura finanziaria delle proposte di spesa, ndr). Gli emendamenti devono essere prima con relazione, poi bollinati e poi il Parlamento sceglie. Questo modo di fare scelte finanziarie non va più. – conclude Armao – Lo ha chiesto la Corte dei Conti all’Assemblea”.