C’erano una volta le preferenze multiple. I giovanissimi non le hanno conosciute, ma chi si avvicina ai quaranta le ricorda bene. Si usavano i numeri all’epoca. E giostrando triplette e cinquine, si controllava il voto che era una bellezza. Per spiegare ai più giovani di cosa stiamo parlando, giova rinviarli a una memorabile scena di un gioiello di film, Il portaborse di Daniele Lucchetti, in cui un collettore di consensi spiega a un basito Silvio Orlando come si fa a controllare i voti col sistema della preferenza multipla (GUARDA IL VIDEO), per decenni un pilastro del sistema perverso del voto di scambio.
Con la preferenza multipla i ras del voto clientelare riuscivano ad attuare un controllo militare dei pacchetti di preferenze garantiti dai loro portatori d’acqua sul territorio, ricompensati spesso sulla base di indecenti intese. A quello scempio si pose fine nel giugno del 1991 con un referendum che sancì la fine dell’era della preferenza multipla, permettendo all’elettore di esprimere (allora era in vigore per le Politiche un sistema proporzionale) un solo voto di preferenza. Ed è così che da un ventennio ormai funzionano le cose. Ma adesso, con il consueto afflato rivoluzionario che pare animare il Palazzo negli ultimi tempi, la Sicilia vuole entrare nel futuro.
Nel bel mezzo della sessione di bilancio, un bilancio complicatissimo anzi drammatico, l’Ars ha sentito il bisogno di fermare tutto, anche sulla spinta della giunta di governo, per mettere mano alla legge sulla doppia preferenza di genere, che domani, dopo un passaggio oggi in commissione, andrà in Aula. Rosario Crocetta ci teneva tanto da postergare di due settimane la data del voto quando mancava pochissimo all’indizione dei comizi e già qualche candidato aveva stampato i manifesti. Insomma, una mobilitazione istituzionale senza precedenti, giustificabile solo da una clamorosa emergenza democratica.
Ma cosa prevede esattamente la legge che la politica siciliana, con una ritrovata concordia tra maggioranza e opposizione, si appresta a votare? È presto detto. La norma permette di dare due preferenze, purché vadano a due candidati di genere diverso. Insomma, purché si votino un uomo e una donna. L’obiettivo, nobile, dei promotori e del governo regionale che ha sposato la causa del ddl, è quello di portare più donne nei consigli comunali. Ma le vie dell’inferno, si sa, sono lastricate da buone intenzioni. E la nuova legge, che di fatto reintroduce la cara vecchia preferenza multipla che permette il controllo del voto clientelare e di scambio, rischia di spalancare le porte a scenari inquietanti.
E sì, perché al di là delle finalità apprezzabili del progetto, probabilmente i volponi delle clientele già si fregano le mani per lo straordinario strumento di controllo del voto che viene loro offerto. Al ras locale, infatti, basterebbe inserire in lista un pugno di candidate “finte” (nonne, sorelle, amiche, fidanzate e badanti), imponendo ai piccoli gruppi di clientes di votare il suo nome affiancato da una donna (meglio, da diverse donne per controllare più gruppi di portatori di voti) con poche chance di elezioni. Proprio come ai “bei” tempi delle preferenze multiple.
A mettere in guardia dal pericoloso trucchetto è stato in un commento su questo giornale il vicepresidente del consiglio comunale di Messina, Giuseppe Trischitta. Che ha bene illustrato un’altra pericolosa anomalia. Infatti, in base alla norma in discussione all’Ars, si potrà affiancare al nome del candidato non solo quello di una donna ma addirittura il nome di un altro candidato uomo: in questo caso non sarà annullato il voto tout court, ma solo la seconda preferenza. A quel punto le possibili combinazioni diventeranno tantissime e il controllo del voto clientelare potrà essere davvero capillare. Basterà assegnare ai piccoli gruppi da controllare una pluralità di “doppiette” (come ben spiegato nella mirabile scena del Portaborse) e il gioco sarà fatto.
Insomma, c’è il rischio molto concreto che una norma animata dalle più alte e condivisibili intenzioni (sia chiaro: chi scrive sarebbe ben lieto di vedere più donne, capaci, rappresentate negli enti locali) si trasformi involontariamente in un insperato e clamoroso assist al voto clientelare e controllato. Il tutto in una regione, se mai ci fosse bisogno di ricordarlo, ad altissimo tasso di infiltrazione della criminalità organizzata. Curioso che dai partiti non si sia levata una voce per far suonare il campanello d’allarme sul tema, mettendo in discussione l’impianto stesso della legge o per lo meno studiando dei correttivi come l’annullamento del voto in caso di due preferenze per due uomini.
La trovata della doppia preferenza di genere, è bene ricordarlo, è stata introdotta da una legge nazionale del 2012 voluta dal governo. Al momento però solo una regione l’ha adottata, cioè la Campania. La Sicilia si candida a essere la seconda. E pochi giorni fa la Calabria si è lanciata per conquistare il terzo gradino sul podio. Campania, Sicilia e Calabria: un trittico che magari nel futuro farà subito pensare alle pari opportunità. Ma che fino a oggi sollecita altro genere di suggestioni. Che sarebbe bene non perdere mai di vista.