La guerra dei Rosas - Live Sicilia

La guerra dei Rosas

Zamparini, "l'odio" e gli "schiaffi"
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Chi ne conosce la storia ultra-centenaria sa bene che per il Palermo l’era-Zamparini è la più felice di sempre. Senza di lui, mai avremmo ammirato certi campioni. Senza di lui, le maglie bianconere di passaggio alla Favorita probabilmente sarebbero ancora quelle del Nola, le nerazzurre quelle del Latina, le rossonere quelle del Foggia. Pur con tutte queste benemerenze, Zamparini detiene la grave colpa d’aver diviso nel suo nome la tifoseria rosanero. In questo virtuale “Bar dello sport” si è riproposta la disquisizione tra i “grati in eterno” ed i “fuori il Mercante dal Tempio”. Carlo Ferlisi ha postato un articolo dal titolo provocatorio in cui si paventava “un odio” dei tifosi verso Zamparini. Dall’altra parte della barricata, ho espresso la sensazione, avvertita da molti allo stadio, che l’applauso a Cavani dopo il gol dello 0-2 fosse anche uno schiaffo a Zamparini.

Cerchiamo di riportare le cose nel giusto contesto partendo dalle parole “odio” e “schiaffo”. Nessuno tra i tifosi rosanero dotati di buon senso può “odiare” Zamparini. Anzi, se vogliamo, uno schiaffo è la risposta stizzita della ragazzina che scopre il moroso a gettare un occhio in direzione del sedere alla compagna di classe o il sonoro rimprovero della mamma al bimbo che fa i capricci. Chi odia non schiaffeggia. Chi odia usa altri mezzi per manifestare il proprio sentimento. E “lo schiaffo”, almeno per come io l’ho inteso, non sminuisce affatto quella sportività di cui la tifoseria rosanero ha dato prova, ad esempio, in occasione dello spareggio-Champions contro la Samp o della finale di Coppa contro l’Inter. Anzi, la esalta. Perché il dissenso è espresso sotto la forma leggiadra dell’applauso, piuttosto che sotto quella pecoreccia del fischio da mandriano.

Nessuno degli “ingrati” pretende, con i soldi altrui, ciò che Zamparini non può fare. Perché questa è la dimensione del Palermo. Si chiede solo che si faccia tesoro degli errori e che non si ripetano sempre gli stessi. Che la si smetta di giocare alle figurine in campo, in panchina e nella stanza dei bottoni. Ieri Joao Pedro, Rigoni junior, Kurtic, Andelkovic, Paolucci Darmian, Garcia. Oggi Milanovic, Labrin, Simon, Alvarez, Gonzalez, Tzorvas, Lores. Che non si cambi l’allenatore cinque volte in un anno solare. Che si scelga il Direttore Sportivo e lo si lasci lavorare, pur nel binario di una direttiva aziendale dettata dalla proprietà. Zamparini è uomo di grande intelligenza e di certo ha subodorato l’aria che tira a Palermo. E, per la prima volta, richiamando i tifosi all’unità d’intenti, ieri ha usato parole a lui desuete come “anno di transizione” e “pazienza”.

Ecco, appunto, ciò che vorremmo tutti ascoltare dalla bocca del nostro Presidente. Parole di serenità. Parole di chiarezza. Parole di unità. E’ proprio vero ciò che ripeteva mia nonna: “gli schiaffi” alle volte sono salutari.


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