La legge col buco - Live Sicilia

La legge col buco

Palazzo Chigi

Il provvedimento approvato dal Consiglio dei ministri regola l'incandidabilità dei politici condannati. Ma le sue maglie si dimostrano molto larghe. Applicata ai politici siciliani, infatti, prevederebbe l'ineleggibilità di due sole persone: Giuseppe Drago e Totò Cuffaro.

Il decreto 'Liste pulite'
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PALERMO – Lo spettro è ampio, perché prevede l’ineleggibilità in quasi tutte le cariche pubbliche, dai dicasteri fino alle nomine in società speciali. La sua efficacia, però, è ancora tutta da dimostrare. Tanto che si potrebbe parlare di un bluff. Il decreto “Liste pulite” approvato dal consiglio dei Ministri dopo quasi sei ore di seduta, mette un “filtro” che in molti, però, bypasseranno. Il caso più eclatante è quello di Marcello Dell’Utri. Sotto processo, ormai, da 15 anni, il senatore del Pdl è stato condannato in primo e secondo grado, poi la Cassazione ha annullato rinviando alla corte d’appello il processo per concorso esterno all’associazione mafiosa. Dell’Utri potrà candidarsi, anche perché la condanna patteggiata per frode fiscale non rientra nel novero delle questioni di incandidabilità previste dal decreto “Liste pulite”. Anche chi patteggia è sottoposto all’incandidabilità, ma la legge predispone solo per il futuro, quindi, salvi tutti i patteggiamenti intervenuti prima.

IN. Ma Dell’Utri è in buona compagnia. A cominciare con la condanna più “fresca”, quella caduta sulle spalle di Alberto Acierno, ex deputato nazionale e regionale ed ex dg della Fondazione Federico II. La sua condanna a 6 anni e mezzo per peculato, pur rientrando fra i reati previsti nel decreto, non essendo definitiva, lo lascia libero di presentarsi agli elettori. Antonello Antinoro, europarlamentare del Cantiere popolare, è stato condannato a due anni e mezzo per voto di scambio semplice, ma solo in primo grado. Santino Catalano, ex deputato regionale, ha patteggiato un anno e due mesi per abuso d’ufficio e falso, è salvo per l’entità della pena e perché il patteggiamento è intervenuto prima dell’entrata in vigore del decreto. Giuseppe Naro, tesoriere del gruppo Udc alla Camera dei deputati, condannato in via definitiva a sei mesi di reclusione per abuso d’ufficio: aveva comprato con denaro pubblico 462 ingrandimenti fotografici a 357 milioni di lire. Giuseppe Buzzanca, ex sindaco di Messina, è stato condannato a sei mesi per peculato. Il reato è fra quelli previsti ma la pena è inferiore a due anni e non è definitiva. Per cui Buzzanca è salvo. Come Mimmo Fazio. Condannato in appello per violenza privata – avrebbe indotto l’amministratore delegato dell’Ato rifiuti alle dimissioni – l’ex sindaco di Trapani si salva perché il reato non è fra quelli previsti. Anche Salvino Caputo potrà continuare a candidarsi nonostante la condanna a due anni per tentato abuso d’ufficio e falso ideologico, fattispecie che rientrano fra quelle previste nel decreto ma che, in attesa di una pronuncia definitiva, non ha efficacia. Salvo anche Santo Catalano. L’ex deputato regionale di Cantiere popolare, condannato a un anno e undici mesi per abuso edilizio, ha patteggiato la pena che, in ogni caso, non supererebbe i due anni previsti come soglia minima. Quindi amen. Anche chi è stato condannato a due anni e nove mesi per falso in bilancio, come l’ex componente della giunta Scapagnini di Catania, Giuseppe Arena, potrà candidarsi in attesa della definizione del suo giudizio. Giuseppe Sorbello, ex sindaco di Melilli, condannato a quattro mesi di reclusione per abuso d’ufficio per fatti legati al finanziamento della sua campagna elettorale è anche lui salvo.

INDAGATI. Fuori dalle disposizioni approvate dal governo Monti restano, ovviamente, tutti gli indagati e quelli che hanno ancora processi in corso. L’ex governatore siciliano Raffaele Lombardo, il cui giudizio è ancora in corso col rito abbreviato al Tribunale di Catania. Il luogotenente del Pdl nel Trapanese, Tonino D’Alì, sotto processo a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa. L’ex ministro Lillo Mannino, finito fra gli imputati della trattativa Stato-mafia. Gli ex deputati regionali Gaspare Vitrano (concussione), Cateno De Luca (tentata concussione e abuso d’ufficio), Fabio Mancuso (bancarotta) , Riccardo Minardo (truffa), Franco Mineo (intestazione fittizia, malversazione e peculato), Fausto Fagone (sotto processo a Catania nel filone “Iblis”). Poi ci sono l’ex presidente Anci Sicilia, Giacomo Scala, recentemente indagato per truffa dalla procura di Trapani. L’ex sindaco Castelvetrano, Gianni Pompeo, rinviato a giudizio per abuso d’ufficio. Mentre nel Nisseno, Rudy Maira, Salvatore Cardinale e Vincenzo Lo Giudice, in ordine ex deputato regionale di Cantiere popolare, l’ex ministro delle Poste, ed ex deputato dell’Ars per l’Udc, indagati per associazione a delinquere finalizzata alla gestione di appalti pubblici dalla procura guidata da Sergio Lari.
La lista si allunga con l’ex presidente dell’Ars Francesco Cascio, e i due ex deputati Mario Parlavecchio e Giovanni Di Mauro, indagati ma per omissione di atti d’ufficio. Pippo Gennuso, accusato di concorso in falso e distruzione-occultamento di documenti pubblici: avrebbe concesso autorizzazioni “facili” per le sale bingo.

OUT. Giuseppe Drago, condannato in via definitiva a tre anni per peculato nel settembre 2009: si è appropriato dei fondi riservati alla Presidenza della Regione siciliana. Dovrà aspettare il 2015. Forse. Perché il decreto dispone che “se il delitto è stato commesso con abuso dei poteri o in violazione dei doveri connessi al mandato”, l’interdizione viene aumentata di un terzo. Quindi si arriva al 2017. Stessa sorte toccherà a Totò Cuffaro, la cui condanna per favoreggiamento aggravato dall’agevolazione mafiosa è diventata definitiva nel gennaio 2011. Cuffaro è stato condannato a sette anni di reclusione. Dovrà aspettare un anno in più, prima di ripresentarsi alle elezioni.

LO SCHEMA. Il decreto “Liste pulite” prevede l’ineleggibilità per il doppio del periodo di interdizione dai pubblici uffici ai quali i politici sono stati condannati e, comunque, per un periodo non inferiore ai sei anni. I reati previsti sono quelli di maggiore allarme sociale (mafia, terrorismo, tratta di uomini), quelli contro la pubblica amministrazione (peculato, corruzione, concussione), e quelli che prevedono pene non inferiori al massimo di 4 anni di reclusione, gli stessi reati, per intendersi, per cui si può finire in galera. Se poi i delitti sono commessi con l’abuso o la violazione dei doveri connessi al mandato, il periodo di ineleggibilità viene aumentato di un terzo.

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