La 'Mala Pasqua' della Sicilia che non conta più niente

La ‘Mala Pasqua’ della Sicilia che non conta più niente

Dal biglietto per l'aereo alle prospettive è tutto sbagliato, tutto da rifare.
AUTONOMIA E CARO VOLI
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(Roberto Puglisi) “A te la Mala Pasqua!”. Era l’invettiva melodrammatica di una donna tradita, è diventato un destino, un codice di rassegnazione, lo schema perfetto dell’irrilevanza. La Sicilia delle resurrezione invocata, mai inverata, non conta più niente e tutti i segnali lo dimostrano. Ci scopriamo marginali, senza orizzonti disponibili. Eppure, continuiamo a covare manie di grandezza che non hanno riscontro nella copia conforme delle cose reali. Forse, è una minima consolazione l’eco tenace delle intelligenze che, finora, non hanno disertato.

Autonomia, portami via…

Un acuto intellettuale come il professore Giuseppe Savagnone scrive, per esempio, sull’impianto di una nota riforma, preannunciando un fosco domani: “La tesi del ministro Calderoli e dei governatori  favorevoli è che l’autonomia gioverebbe anche alle Regioni del Sud. È vero? Secondo l’Istat, in un focus denominato “I divari italiani nel Pnrr”,  nel 2021 il prodotto interno lordo (Pil) pro-capite italiano è stato pari a 33 mila euro circa. Una cifra che scende a 18 mila nel Sud. La Regione italiana con il Pil pro-capite più basso è la Calabria, a quota 17.500 euro, seguita dalla Sicilia a 18.200 euro. Il gap tra le due regioni più meridionali d’Italia e la prima in classifica, il Trentino Alto Adige, che sfiora quota 44 mila euro, è di circa 26 mila euro. Basterebbero questi dati a far dubitare fortemente che il venir meno della redistribuzione di risorse – fino ad oggi possibile –  tra Nord e Sud finisca per avvantaggiare anche le Regioni meridionali”. E, desolatamente, conclude: “…è molto probabile che si instaurino fra Nord e Sud gli stessi meccanismi discriminatori che oggi portano a ‘difendere le frontiere’ nei confronti dei migranti provenienti dall’Africa e dall’Asia”. Una voce pacata e puntuale, oltre la ridda delle fazioni politiche.

L’allarme per la Sanità

Altre voci, inserite in un contesto politico, offrono, comunque, punti di vista che appaiono sensati. “Con l’autonomia differenziata si rischia di spaccare completamente il Paese e la nostra isola diventerebbe ancora più isolata. La sanità, che già gestisce autonomamente i fondi trasferiti dallo Stato, ne è un esempio inequivocabile. La Sicilia paga 250 milioni l’anno per la migrazione sanitaria, la Lombardia invece, incassa 1 miliardo. La Sicilia risulta terz’ultima tra i sistemi sanitari regionali e questo ha come diretta conseguenza una migrazione sanitaria quantificabile in ben 314 mila ricoveri nelle regioni del Nord”. Ecco l’allarme di Luisella Lionti, segretaria della Uil Sicilia, ravvisabile nella cronaca completa (qui).

Il costo di essere siciliani

La marginalità non consiste soltanto in una prospettiva, semmai insiste nell’attualità. L’inossidabile ‘caro voli’ che rende le partenze e i ritorni molto più impegnativi di un viaggio alla scoperta di un nuovo continente sottolinea la nostra minorità. I siciliani si lamentano? Continuino pure a farlo, come una truppa rabberciata, nell’indifferenza dei superiori. Il presidente della Regione, Renato Schifani, ha ingaggiato una sacrosanta battaglia sul punto. Magari darà qualche frutto stabile in futuro. Al momento, sul piano delle rivendicazioni spontanee, il nostro potere di interdizione è pari a nulla. Quale altra palmare dimostrazione di una impalpabilità che ci chiama in causa, che ci rende impotenti perfino dei dibattiti che ci riguardano e che, da anni, conduce a un deserto di infrastrutture, servizi e speranze? L’infinitesimale bignami sovraesposto lo dimostra. E tanto altro si potrebbe scrivere.

Il Ponte e il quasi…

“L’Italia è un Paese formalmente unito, ma dobbiamo prendere atto della circostanza che siamo rimasti indietro rispetto ad altre sue parti. La Sicilia è una delle regioni con i più bassi prodotti pro capite, il 37 per cento dei suoi giovani non studia e non lavora. Da un recente lavoro della Fondazione Ambrosetti risulta che il 42 per cento dei siciliani è a rischio povertà. Significa che le politiche, per noi e per il Meridione, sono state tutte sbagliate”. Le parole di Raffaele Bonsignore, presidente di Fondazione Sicilia, strenuo alfiere del Ponte sullo Stretto, contengono verità documentate. La domanda, a questo punto, è: ci sarà mai una stagione che veda la Sicilia protagonista, per le sue virtù, con una classe dirigente adatta allo scopo? Ogni auspicio del genere si è, finora, immancabilmente risolto in uno sberleffo. Però, hai visto mai… Nel frattempo, beato chi può pagare il biglietto dell’aereo.


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