Palermo: il caso di Francesco, quando la giustizia che sa ascoltare

La malattia, il carcere e la giustizia che sa ascoltare

Il caso di un detenuto, quando la Legge incontra la vita

PALERMO – Una storia che va oltre la legge, il carcere. Una storia di diritti. Martedì 2 dicembre 2025. Un avvocato è seduto sulla poltrona del dentista. Il cellulare in modalità “silenzioso” vibra con insistenza. Se di mestiere fai il penalista c’è una sola alternativa: rispondere, anche se la lingua è intorpidita per effetto dell’anestesia.

Il grido della moglie

Dall’altra parte, il grido di una donna: suo marito, affetto da un tumore in stadio avanzato, sta per essere condotto in carcere nonostante le sue condizioni di salute drammatiche. Per l’imputato Francesco, venti giorni fa, è diventata definitiva una condanna a 4 anni e due mesi. È colpevole di bancarotta fraudolenta. Non ci sono altri precedenti penali nella sua vita.

L’avvocato aveva subito presentato un’istanza di sospensione della pena per motivi sanitari, senza avere ancora ricevuto risposta. Nel primo pomeriggio del 2 dicembre, i carabinieri si presentano a casa dell’uomo per portarlo via. Hanno un ordine di esecuzione della sentenza che deve essere rispettato. Non sono loro a poter cambiare il corso delle cose.

I medici chiamati per attestare l’intrasportabilità di Francesco non fanno in tempo ad arrivare. La macchina esecutiva non si ferma. Terminato l’intervento, l’avvocato corre in studio e lavora fino all’alba per depositare un’istanza urgente al magistrato di Sorveglianza. Alle 8:30 del 3 dicembre è già in Tribunale. I cancellieri comprendono la gravità della situazione e si adoperano affinché il fascicolo arrivi tempestivamente al giudice, nonostante le 95 udienze fissate per quella giornata. Manca un documento essenziale, però: la scheda sanitaria redatta dal carcere. La procedura resta bloccata.

Nel frattempo, i familiari di Francesco tentano di introdurre in carcere i farmaci indispensabili per la terapia e il controllo del dolore. Anche questi vengono respinti per motivi burocratici. L’avvocato presenta un’ulteriore istanza. I medicinali devono arrivare subito al detenuto.

Serve la relazione del carcere

Il 4 dicembre è il giorno più critico. Sul tavolo del magistrato di sorveglianza non c’è ancora la relazione. L’avvocato decide di recarsi personalmente al carcere Pagliarelli. Una poliziotta penitenziaria, “con sincerità e disponibilità”, gli conferma che il detenuto è in infermeria, ma “ci vuole tempo” prima che la documentazione sia pronta.

È un tempo che Francesco non ha. Il legale si rivolge al garante dei detenuti. Ci sono dei diritti inviolabili che non possono essere negati. Alle 13:30 la prima svolta: dal carcere telefonano all’avvocato per richiedere i farmaci in precedenza respinti, insieme al piano terapeutico. Pochi minuti dopo giunge la pec del magistrato di Sorveglianza che autorizza formalmente l’ingresso dei medicinali.

La macchina della giustizia inizia a muoversi nella direzione giusta. Alle 11:00 del 5 dicembre la decisione: Francesco è dichiarato incompatibile con il regime carcerario. Viene disposta la sua immediata scarcerazione. A firmare il provvedimento di conclusione degli arresti domiciliari è il magistrato di Sorveglianza Daniela Vascellaro, che “con sensibilità, rapidità e rigore ha saputo guardare oltre i confini della burocrazia, restituendo alla giustizia il suo significato più autentico: proteggere la vita e la dignità della persona”. E come lei anche i cancellieri, gli agenti penitenziari, il personale sanitario, il garante dei detenuti e l’avvocato.

La Legge che incontra la vita

La storia di Francesco dimostra che anche nelle situazioni più rigide lo Stato può funzionare, che c’è umanità oltre il muro della pena, delle colpe e della burocrazia. Francesco è tornato a casa. La malattia non l’ha risparmiato, ma lo Stato sì: gli ha restituito la dignità garantita dalla Costituzione. “Una storia che merita di essere raccontata, perché ricorda che la giustizia può davvero trionfare quando chi la serve non dimentica di guardare in faccia l’essere umano”, spiega il legale. È la Legge che incontra la vita, lì dove c’è sofferenza, e sa ascoltare.


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