La Merkel alza la voce con la Bce - Live Sicilia

La Merkel alza la voce con la Bce

La nota sui mercati
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ECONOMIA: Angela si lamenta

Nonostante finora abbia seguito la linea comandata dal cupolone, a sorpresa, questa settimana Angela Merkel, il cancelliere tedesco, riportandoci indietro di un secolo esatto e dando evidentemente voce a una scuola di pensiero che nel suo paese combatte l’anglosassonizzazione del mondo, si è lamentata delle politiche monetarie ultralassiste e del ricorso alla stampa di carta moneta. Martedì ha attaccato la BCE per il programma (puntualmente confermato da Trichet due giorni dopo) di stampare 60 miliardi di euro, rompendo la tradizione di non commentare la politica monetaria decisa a Francoforte. Il messaggio è stato forte e chiaro: Berlino è preoccupata delle conseguenze inflazionistiche a lungo termine, e quindi che tutta la gestione monetaria-fiscale della crisi adottata nel mondo per combattere la crisi possa piantare i semi di disastri futuri sempre peggiori, esplicitamente criticando la Fed e la Banca d’Inghilterra.

Mercoledì, dall’altra parte dell’Atlantico ha risposto Ben Bernanke (poi scimmiottato da Trichet il giovedì) asscurando come al solito che la Fed è fortemente impegnata ad assicurare la stabilità dei prezzi, cioè nè inflazione nè deflazione, ribadendo la sua teoria che per ora il pericolo è quest’ultima ed è per questo che sta facendo una politica inflazionistica; ma non appena si profilerà la situazione apposta farà il contrario. Dichiarazioni ad uso e consumo soprattutto dei polli americani, cui si vuol far credere che l’interventismo governativo sui mercati ed in economia servirà ad aiutare il sistema e a ripararne le falle. I tedeschi pare non se la bevano e nel cuore dell’Europa c’è chi capisce che le politiche anglosassoni sono un disperato tentativo di perpetuare un sistema di potere finanziario ed economico insostenibile, a beneficio di una piccola elìte.

Nessuna riparazione delle falle potrà avere successo fino a quando la finanza non sarà centrata sulla libera domanda e offerta in regime di concorrenza perfetta, l’unica che consente di allocare efficientemente le risorse nell’economia. La statalizzazione all’ingrosso del rischio con il nuovo comunismo asimmetrico (si socializzano le perdite ma non i profitti) sarà pure una manovra anticiclica, ma è anche certamente molto controproducente.

La manipolazione della quantità e del prezzo del credito è molto facile per chi comanda, e i risultati (maggiore liquidità, propensione al rischio, inflazionamento degli assets) possono essere immediati e seducenti. Nel frattempo però, i costi di questa manipolazione non sono evidenti nè quantificabili, per cui gli interventi vanno avanti e con essi i conseguenti cambiamenti nella quantità e nella qualità della finanza, generando eccessi e crisi, che a loro volta stimolano sempre maggiori manipolazioni ed inflazionamenti.

Gli anglosassoni propagandano la giustificazione che si tratta di avere il buon senso di usare politiche anticicliche e regolamentatorie per sopperire alle carenze della natura umana, a loro dire la causa del male se lasciata “senza freni”. Falso ideologico, perchè la causa non è questa ma proprio la manipolazione governativa. In realtà occorrerebbe avere il buon senso di non perpetuare le bolle e la finanza “Ponzi” fino al punto di rischiare il collasso sistemico, come a fine anno scorso.

Gli anglosassoni, e gli inflazionisti più in generale, non possono ammettere che loro sono il probema e non la soluzione.

Infatti, il sistema creditizio non sarebbe “impazzito” se le banche centrali guidate dalla Fed non avessero garantito liquidità e salvataggi agli operatori a forte leva. Greeenspan è stato per 17 anni il campione della “finanza contemporanea” alla Ponzi, creando profitti facili e cospicui per chi strutturava e distribuiva strumenti finanziari sofisticati. Bernanke ha esordito, così conquistando la successione, promettendo elicotteri distributori di soldi sulle città, e lo stiamo vedendo: ha mantenuto la promessa. Attizzare la gente all’indebitamento immobiliare, con la scusa che essere proprietari è la priorità nazionale, diventava un modo per moltiplicare i sopramenzionati strumenti finanziari, con Fannie e Freddie che trasformavano in liquidità ogni pezzo di carta. Non sorprende che la bolla sia poi scappata di mano, oltre le intenzioni dei pompatori. Ma ciò che conta capire è che il cosiddetto “sistema bancario ombra” venutosi a creare nell’ipotecar-immobiliare è stato solo un aspetto di questo storico esperimento nella manipolazione governativa di moneta e credito, che ha portato gli inflazionisti a trasformarsi in statalisti, nel tentativo disperato di turare le falle.Oggi tutti coloro che si sono distinti nell’alimentare la bolla, si distinguono per chiedere sempre più interventismo e salvataggi pubblici, su cui scommettono a testa bassa. Così, tocca assistere agli stessi errori analitici già fatti all’indomani dello scoppio del Nasdaq: la volontà di inflazionare una nuova bolla ancora più grande, nel tentativo di mitigare le sofferenze provocate dallo scoppio di quella precedente, agitando puntalmente lo spettro della deflazione (che in realtà sarebbe un bene per tutti i creditori), per giustificare una nuova mega dose di inflazionismo, e soprattutto una nuova mega dose di intervento dello Stato nei mercati e nell’economia. Facile capire come, così procedendo, l’economia diverrà interamente statalizzata. Naturalmente, gli operatori e l’industria se ne infischiano, perchè preferiscono avere Banche centrali e governi che pagano le loro perdite, mentre manipolano tassi e quantità in modo da farli guadagnare. Come ho già illustrato altre volte, anche le fasi di scoppio delle bolle – in questi casinò truccati – diventano per i bari magnifiche occasioni di profitto.

A gennaio scrissi un pezzo dal titolo “Banksters” che iniziava così:

“Immaginiamo la situazione ideale per arricchirci: sarebbe quella in cui, disponendo di enormi finanziamenti a tasso nullo o minimale, potessimo comprare case-azioni-materie prime a prezzi molto bassi, seguita da una situazione in cui i prezzi di tutto ciò che noi abbiamo comprato salgono costantemente, mentre possiamo prestare a tassi sempre maggiori quei denari che noi abbiamo ricevuto con finanziamenti a tassi nulli bloccati per lungo tempo. Una pacchia. Ad un certo momento esauriremmo sia gli assets da vendere che i soldi da prestare. L’ideale a quel punto sarebbe una crisi generale in cui i prezzi e i tassi tornassero a scendere, potendo ottenere copiosi finanziamenti gratuiti o quasi con nuovo denaro stampato per la bisogna. Così potremmo ricomprare tutto ciò che avevamo venduto, e saremmo pronti per la fase successiva in cui tutto risale…….”

Non sorprende quindi che i campioni del “libero mercato” siano così felici che le banche centrali manipolino il costo del denaro e gli alti e bassi congiunturali, anche se dovrebbe essere chiaro ormai come ciò serva solo a un apparato finanzario che sistematicamente sottovaluta il rischio, eccede nel credito, nelle leve e nella speculazione , allocando malamente le risorse nell’economia reale. Dopo un pò tale apparato è concentrato esclusivamente nel fare profitti facili creatigli dalla banca centrale, mentre i segnali rivenienti dall’economia reale (prezzi e redditi) vengono sempre più marginalizzati. Con ogni ciclo di Bolla (pompaggio e scoppio) il ruolo del governo nel meccanismo dei prezzi cresce diventando intrusivo e destabilizzante. Le bolle cambiano, ma le distorsioni dei prezzi e gli squilibri restano, diventando sempre più profondamente inseriti nella struttura economica sottostante. La struttura attuale è la risultante di anni di finanza malprezzata, di eccessi creditizi e speculativi: dovrebbe essere ovvio che accellerare in questa direzione come si sta facendo, anche se a breve termine può dare qualche illusorio beneficio, non farà altro che esacerbare la situazione, impedendone il riaggiustamento. Angela fa bene a preoccuparsi.

MATERIE PRIME: dollaro ed oro

L’oro scende del 2,4% (+8% da inizio anno),e l’argento -2,2%(+35%). Gli industriali ancora al rialzo: il rame sale del 3%(+60%), il petrolio anche +3% (+50%) il gas naturale +1% (-31%). Agricoli misti. L’indice generale CRB avanza del 2% (+12%).

Il petrolio continua a sovraperformare l’oro, il quale ha risentito nel finale del rafforzamento del dollaro in un quadro di borse sempre forti: il rapporto oro-petrolio è sceso a 14,1. Il gas naturale continua a restare su minimi storici relativi: il rapporto petrolio-gas è a 17 contro una media storica di 10, cui corrisponderebbe oggi un prezzo intorno a 7 che è anche il prezzo che risulta dagli studi sull’attrattività del gas per gli impianti produttori. Più a lungo il gas rimarrà intorno a 4 o anche meno, tanto maggiore sarà il rimbalzo quando la caduta della produzione farà sentire il suo effetto. Tuttto questo a prescindere dall’inflazionamento generale dovuto alle politiche macroeconomiche, che quando si manifesterà renderà prezzi di 7-8 equivalenti agli attuali 3-4.

Più in generale le materie prime restano inversamente correlate al dollaro, che questa settimana è stato al centro di dichiarazioni russe e cinesi. Il Presidente Medvedev in apposita intervista alla CNBC ai margini del forum internazionale tenutosi a San Pietroburgo ha messo in discussione il ruolo futuro del dollaro come moneta di riserva internazionale, auspicando l’uso di un mix di valute, in agenda nel prossimo incontro con Brasile, India e Cina il 16 gugno negli Urali. I cinesi invece hanno ricevuto il ministro del tesoro USA affermando che potrebbero comprare fino a 50 miliardi dei nuovi bond emessi dal FMI,che andrebbero a far parte dei quasi 2 trilioni di riserve valutarie del paese comunista. Timothy Geithner si è così ringalluzzito, ed ha dichiarato che i cinesi comprendono le politiche americane e sono fiduciosi nel dollaro, nonostante i rischi di deficit alle stelle e di inflazione. E’ il genere di dicharazioni che favoriscono un recupero del dollaro quando ipervenduto, e così è stato con effetto trascinamento sull’oro, da sempre considerato la vera alternativa al biglietto verde.

Si conclude con : petrolio a 68,3(luglio) gas naturale a 3,86(luglio) oro a 962(giugno) argento a 15,3(giugno) platino a 1286 (luglio) palladio a 259(giugno) rame a 228(giugno) soia a 1225(luglio) oro-petrolio a 14,1.

CAMBI: 1,43 tiene

L’indice del dollaro ha recuperato quasi il 2%, soprattutto nel finale di venerdì, concludendo a 80,7 (-1% da inizio anno).Pur guadagnando conro tutte le valute principali, si è distinto particolarmente con lo yen (+3,4%).Questo rally in chiusura è stato sorprendente perchè avvenuto in presenza di una borsa stabile, e dopo dati occupazionali relativamente buoni che in genere -favorendo la propensione al rischio- danneggiano il dollaro. Invece questa volta così non è stato, per cui è probabile che siano intervenuti fattori diversi, come quello sopramenzionato dell’apparente sostegno dei cinesi al bilgietto verde. Circa i dati occupazionali, comunque, la minor perdita di posti di lavoro (molto meno di quanto atteso e in netta decelerazione) non autorizza alcun facile ottimismo. Sin dall’inizio della recessione a dicembre 2007 la disoccupazione ufficiale è salita di 7 milioni di persone, il peggior risultato dalla fine della seconda guerra mondiale, ed infatti il tasso di disoccupazione è salito a maggio al 9,4%, e la riduzione delle ore lavorate settimanali suggerisce che sia stato contenuto da una riduzione media del carico lavorativo. Il dato dei posti di lavoro persi è inoltre influenzato dal modello di calcolo utilizzato dagli statistici governativi e non è pienamente affidabile (infatti contrasta con quanto aveva indicato mercoledì la rilevazione privata ADP). Pertanto, il rafforzamento del dollaro andrebbe messo in relazione non ad un maggior ottimismo sulla crescita futura degli USA, bensì semmai al suo contrario e sarebbe la borsa in ritardo nel recepirlo.

Venerdì pomeriggio EUR/USD ha perso 200 cts. di colpo ed ha chiuso sotto al supporto psicologico di 1,40 promettendo dal punto di vista tecnico un ulteriore declino per la prossima settimana. Anche perchè dal lato dell’euro la riunione della BCE di giovedì non è stata positiva. E’ vero che i tassi sono stati lasciati fermi all’1%, e che Trichet nella conferenza stampa ha parlato di possibile pavimento già raggiunto dall’economia europea, però è anche vero che durante la sessione di domande e risposte Trichet ha detto che i tassi potrebbero scendere ancora; soprattutto, ha confermato – rigettando le critiche della Merkel – il programma di stampa di 60 miliardi a cominciare da luglio, tramite acquisti di covered bond sia sul mercato primario che secondario. L’importo resta di gran lunga inferiore a quelli anglosassoni, ma si tratta di un inizio che crea potenziale spazio per tassi ancora più bassi. Così EURUSD -che ha messo a segno 6 settimane consecutive di massimi crescenti, incluso il record per il 2009 fatto questa settimana a 1,434 -appare adesso con il vento contro, come dimostra la brusca inversione registrata venerdì, e gli si aprono prospettive di un periodo di consolidamento dopo il fallimento sulla citata resistenza, incluso un ritorno verso almeno 1,376 se non anche 1,35.

La settimana ha segnalato anche una forte debolezza dello yen contro tutte le valute, oltre quanto ci si poteva aspettare in questa fase in cui è aumentato l’appetito per il rischio: gli indicatori classici (andamento delle borse, delle valute commodities, etc.) sono rimasti in fase di stallo, eppure lo yen è stato venduto a piene mani, probabilmente in vista della riunione BOJ e della revisione dei dati occupazionali e sul PIl.

OBBLIGAZIONI: si impennano i tassi

Negli USA i futures sul tasso a tre mesi scadenza dicembre 2009 quotano 1,36% (+42 cts. rispetto a 7 giorni fa), il libor a tre mesi è al 0,63%(-3 cts.) e ad un anno al 1,60%(+0 cts.); i bills a 3 mesi allo 0,19%(+4 cts.). I rendimenti dei bonds a 2 anni a 1,3%(+48 cts.); a 5 anni al 2,83%(+54 cts.); il decennale al 3,83% (+37 cts); a 30 anni al 4,64%(+30 cts.). Contrazione quindi del differenziale tra 2 e 10 anni a 253 (-12 cts.), ed anche tra 5 e 10 tornato all’1% dopo un lungo periodo all’1,2%, ed impennata dei tassi sui mutui a tasso fisso trentennali (+38 cts. al 5,29%) quindicennali(+26 cts. al 4,79) e a tasso variabile ad un anno (+12 cts. al 4,81%). In calo i differenziali sui bonds aziendali, ed in rialzo i rendimenti degli obbligazionari dei paesi emergenti, con i bonds brasiliani al 6% sul decennale, e sale anche quello del decennale giapponese (1,49).

Ai timori sulla solvibilità dei titoli lunghi, si è aggiunta questa settimana anche l’impennata dei titoli a breve motivata dall’impressione proveniente dai dati macro e da alcune dichiarazioni in materia di tassi d’interesse, che hanno nettamente modificato le attese. Rialzi di quasi mezzo punto in sette giorni non si vedevano da tanto tempo. Per il decennale si avvicina sempre più area 4%, e sarà importante verificare come si comporterà non appena dovesse esserci un rientro dell’ottimismo sulla crescita e delle attese su tassi al rialzo.

Fermi in Europa i tassi euribor: ad un mese al 0,94% (+1 cts.) a tre mesi al 1,28%(-1 cts.) ad un anno al 1,66%(+0 cts.). I rendimenti sui bund tedeschi in rialzo sul 2 anni a 1,67%(+25 cts.) e sul decennale a 3,72% (+13 cts.) per cui scende il differenziale tra 2 e 10 anni a +205 cts. ; il differenziale con i bonds USA sul due anni crolla a quota +37 , mentre sul decennale addirittura si inverte a +11 cts. a favore del bond. La caduta del maggior rendimento sulla scadenza breve, e l’inversione sul decennale concorrono a favorire il recupero del dollaro sull’euro.

BORSE: quinta al rialzo

Dopo la lunga sosta al bivio, le borse sono uscite imboccando la strada del rialzo, così avviandosi a completare la quinta onda del recente ciclo positivo. Lo sp500 dal minimo di marzo è salito per 3 mesi arrivando questa settimana a segnare il + 43%. Il contesto è quello classico, con il sentimento positivo ai massimi, e con i tecnologici che guidano (Nasdaq +47%). La quinta onda ha toccato quota 952 venerdì e può avere ancora spazio. Ma con la gran parte del rialzo ormai fatto, si avvicina il momento per cercare i segnali di fine corsa, tenendo a mente che finito questo ciclo correttivo, riprenderà il trend primario ribassista che porterà ben sotto i livelli di marzo.

Ricapitolando brevemente i conteggi: dal 667 toccato il 6 marzo, vi è stata una prima onda principale al rialzo (articolatasi in 5 onde minori) , fino a 833; da lì è seguita la seconda al ribasso concluso a quota 780, e poi una nuova serie di 5 onde minori: 876, 827, 930, 879 e la quinta in corso. Già a quota 946 questo terzo ciclo rialzista ha eguagliato per ampiezza il primo (833-667= 946-780) e quindi ha soddisfatto il requisito minimo per finire; inoltre a 961 inizia un importante area di resistenze, e finora ogni rialzo durante questo mercato Orso iniziato ad ottobre 2007 si è fermato sulle resistenze principali, specialmente quando in presenza di divergenze negative con gli oscillatori su base settimanale. Ebbene, sull’indice di forza relativa(RSI) nel grafico settimanale si è già formata una divergenza negativa, presente anche su altre scale temporali. Dunque, mentre è possibile che si proceda fino alla famosa quota mille, è altrettanto possibile che la quinta in corso finisca in qualsiasi momento. Una prima indicazione tecnica verrebbe da un declino sotto 912, da confermare con il cedimento del supportone a 876 che darebbe il via a un trend calante; quest’ultimo potrà già essere l’inizio della nuova grande onda ribassista sopramenzionata, se avverrà in modo impulsivo; oppure, se avverrà con zig-zag indecisi, sarà ancora una fase intermedia che richiederebbe un successivo rialzo prima di completare tutta la B correttiva. Ma per valutare questa alternativa ci sarà abbondante tempo al momento opportuno.

Si conclude con Dow a 8763 +3,1% ( -0% da inizio 2009) SP500 a 940 +2,3%(+4%) Nasdaq100 a 1493 +4%(+23%)Russell +5,7%(+6%) Trasporti +4,6%( -5%) utilities +1% (-9%) semiconduttori +0% ( +28%) Broker +4%( +33%) Banche -1%(-16,5%).Il rapporto tra put e call sale a 0,81 e l’indice della volatilità VIX fermo a 29.

Il Nikkey giapponese a 9768 +2,6%(+10% da inizio 2009), il Dax a 5077 +2,8%(+5,5%) il cac francese a 3339, il footsie inglese a 4438, ftse italia a 20778. Tra gli emergenti: Brasile +0,2%(+41%) Russia +5,7% (+82%) India +3%(+56%) Cina +4,3%(+51%).

PREVISIONI: si torna a spendere?

Il calendario americano presenta pochi dati importanti la prossima settimana, ma ciò che manca nella quantità è compensato dalla sostanza. Molto importanti saranno le informazioni provenienti dalle vendite al dettaglio, dalla fiducia dei consumatori misurata dalla University of Michigan preliminare per giugno, e dal deficit commerciale. I dati occupazionali di venerdì mostrano che si sono persi meno posti di lavoro del temuto a maggio, ma siamo sempre nell’ordine di 350 mila e ciò dovrebbe impattare sui consumi. Ad aprile il calo delle vendite al dettaglio rispetto a 12 mesi prima era stato di quasi il 10%; per maggio ci si aspetta un rimbalzino dovuto all’aumento dei prezzi della benzina, non indicativo quindi di una ripresa nella domanda aggregata. E anche questo rimbalzino potrebbe non esserci stato se si considera che gli ultimi dati sulle catene distributive sono stati negativi: eventuali sorprese avranno effetti sui mercati in misura superiore a quelli provocati dalla fiducia dei consumatori e dal deficit commerciale, qualora si discostassero significativamente dalle stime, in particolare la prima, attesa migliorare ancora ma che potrebbe invece deludere.

Sarà importante monitorare il sentimento sul dollaro per capire se realmente il recupero di fine settimana scorsa rappresenta l’inizio di una fase nuova, almeno per un pò. I dati sulle posizioni ribassiste sul dollaro confermano questa possibilità. E ciò anche per capire eventuali refluenze su materie prime, borse e rendimenti. Naturalmente dal lato dell’euro conteranno anche i dati macro europei, come l’indice di fiducia Sentix che dovrebbe migliorare in linea con gli indicatori similari americani, visto il recupero generale dei mercati azionari. Nel frattempo la bilancia commerciale tedesca e la produzione industriale di aprile dovrebbero riflettere l’impatto del calo delle esportazioni, e ciò potrebbe pesare sulla valuta europea.

In conclusione, dal quadro di fondo caratterizzato da borse, rendimenti e materie prime al rialzo con dollaro al ribasso, la settimana passata ha visto come anomalìa nel finale l’inversione di tendenza sul dollaro (che ha trascinato solo l’oro). La settimana che viene, con le informazioni sull’andamento dei consumi, dovrà far capire se si tratta di uno scostamento temporaneo, o se piuttosto il dollaro anticipa altre inversioni, su borse rendimenti e materie prime, vale a dire un inversione generale nel sentimento ottimistico e nella propensione al rischio.

http://michelespallino.blogspot.com/


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