Quando il quattordicenne Vittorio entra per caso in un negozio di musica gestito da un anziano uomo e assiste all’esibizione del vecchio e dei suoi amici che suonano la chitarra, qualcosa si insinua nella sua mente. La magia della musica cattura la sua immaginazione, le note gli parlano, il suono invade la sua anima. “A volte si fatica per trovare se stessi – racconta Vittorio – io so soltanto che la musica è l’unico linguaggio attraverso il quale posso esprimere me stesso. Ed è una sensazione bellissima”. “Insegui i tuoi sogni”, gli dice il vecchio con il quale entra in confidenza. Ma lui sa che i sogni da soli non vanno da nessuna parte, che bisogna essere aiutati dalla fortuna e che non siamo noi a decidere quale vita vivere. Vittorio, ad esempio, ha abbandonato la scuola perché suo padre non poteva mantenerlo agli studi.
Meccanico, cresciuto con il mito di John Wayne, il padre di Vittorio non ha mai pensato che suo figlio potesse avere altri sogni, a parte quello di sopravvivere e tirare avanti per portare il pane a casa. Ogni pomeriggio, però, Vittorio, terminato il lavoro in officina, si rifugia nel negozio del vecchio. È lì che inizia a strimpellare la chitarra. “Prova anche il pianoforte”, gli suggerisce l’anziano proprietario. Vittorio si siede davanti al piano. Le mani sudano, ma il suono esce. Sporco. Confuso. E profondamente intimo. Tanto da spingere l’uomo a dargli lezioni private. Ragazzo timido, Vittorio. Non ha molti amici, a parte i coetanei del quartiere che lo prendono in giro perché non sa giocare a calcio. Le ragazze non lo filano. Troppo inesperto in quel volto acerbo che esprime tutta la fragilità racchiusa nel suo cuore. La sera vorrebbe uscire, come fanno tutti i giovani della sua età, ma nessuno lo invita. Nessuno lo cerca. “Io non riesco ad esprimermi – dice – non ho la battuta giusta e le parole mi escono confuse. È timidezza, lo so. Vorrei essere diverso”.
Un giorno il padre lo segue e scopre dove il figlio trascorre i pomeriggi. Una perdita di tempo. È così che definisce l’amore di Vittorio per la musica. Insieme alla madre, decide di privarlo delle lezioni e gli vieta ogni contatto con il vecchio musicista. Vittorio si rassegna. Scoraggiato, inizia a comportarsi come i coetanei del suo quartiere. Gioca a calcio, fuma gli spinelli. Lentamente, si spegne in lui la speranza di una vita diversa. Il vecchio però non molla. Ha fiutato il talento del ragazzo. E lui sa che non esiste peccato peggiore di un talento sprecato. Va a trovare Vittorio in officina. Lo esorta a riprendere a suonare. Vittorio prima rifiuta, poi accetta. Le esercitazioni si tengono a casa dell’anziano uomo. Il ragazzo studia come un pazzo, si esercita continuamente, anche quando ripara i motori delle auto, lui strimpella con la mente e crea melodie nuove. “Cosa me ne farò di tutto questo?”, chiede al vecchio. Nessuna risposta. Il vecchio solleva le spalle. Non sa cosa promettergli. Non vuole illuderlo.
Vittorio continua a prendere lezioni, ma è stanco. Il lavoro che non gli piace, l’assenza di amicizie, di un amore, i litigi con il padre e le ansie della madre, lo rendono nervoso, insicuro. Una mattina, dopo l’ennesimo litigio con il padre, Vittorio si rifiuta di andare in officina. Cammina a piedi, senza una meta. Ad un tratto sente una musica meravigliosa che invade la strada. Prima lontana, poi sempre più vicina. Vittorio si ferma. Davanti a lui c’è un edificio. E una folla di ragazzi e ragazze che entrano ed escono. Hanno tutti uno strumento. E il volto felice, sereno. “Volevo essere come loro – racconta – sentivo che quello era il mio mondo, che quei ragazzi non mi avrebbero mai preso in giro perché parlavano la mia stessa lingua, condividendo energie e passioni. In quel momento ho capito come volevo stare al mondo”. Vittorio torna spesso davanti al Conservatorio. Gli piace quella realtà fatta di suoni. Intensifica le esercitazioni. Lavora il doppio per mettere soldi da parte e poter acquistare uno strumento tutto suo.
Vuole una seconda possibilità dalla vita. Soltanto questo. Pochi giorni fa, Vittorio ha sostenuto l’esame per accedere al Conservatorio. Si è esibito davanti ai maestri e a un gruppo di ragazzi. Non sa se riuscirà ad entrare. L’unica cosa certa è che attraverso la musica, lui ha trovato se stesso. Sua madre era lì, a sostenerlo. Poi, a sorpresa, è arrivato anche il padre. Imbarazzato. A disagio. Gli occhi bassi. Sempre più lucidi di commozione. Forse perché ha sentito suonare Vittorio per la prima volta. E non gli è parso vero. Suo figlio gli stava parlando. E lui lo stava ascoltando.