CATANIA – La procura di Catania che indaga sui propri stessi periti: è l’ultimo sviluppo del caso del piccolo Luigi Messina, morto pochi giorni dopo il parto, nel luglio 2016, nell’ospedale Garibaldi/Nesima di Catania. Il neonato aveva subito due interventi chirurgici. Il provvedimento della procura catanese arriva in seguito a una nuova perizia, che di fatto sconfessa quella realizzata in un primo momento da tre professionisti catanesi.
I nomi
Gli indagati sono 3, come già anticipato da LiveSicilia, si tratta di Orazio Cascio, Filippo Dones, Enrico Reginato. Alcuni giorni fa l’avvocato Antonio Cozza, del foro di Perugia, e il padre della bambino, Giuseppe Messina, hanno chiesto che “la Procura adotti in tempi celeri gli opportuni provvedimenti”. “La nostra azione – hanno concluso – si fermerà soltanto quando il piccolo avrà ricevuto piena giustizia”.
Dieci giorni in ospedale
La vicenda si svolge a luglio 2016. Alla fine di una gravidanza regolare Norina Pirrera e suo marito Giuseppe Messina, entrambi di Gela, vanno in ospedale per il parto programmato di due gemelli, un maschio e una femmina. Se la sorellina riesce a respirare autonomamente, però, il piccolo Luigi è subito trasferito per problemi respiratori all’unità di terapia intensiva neonatale, dove è tenuto per qualche giorno prima di essere estubato. Ma il piccolo non riesce a resistere in autonomia neanche per ventiquattro ore e deve essere di nuovo intubato.
A questo punto inizia il calvario della coppia. I medici si rendono conto che il bambino ha il dotto di Botallo aperto, ovvero il canale che porta il sangue dall’arteria polmonare all’aorta. Si decide di procedere chirurgicamente alla chiusura: una equipe che arriva dall’ospedale San Vincenzo di Taormina interviene e il piccolo viene rimesso sotto osservazione. Non riaprirà più gli occhi.
Le condizioni ancora critiche spingono i medici a fare un controllo, e a questo punto si scopre, dieci giorni dopo il parto e tre giorni dopo la prima operazione, che il dotto di Botallo è ancora aperto, mentre una clip metallica chiude l’arteria polmonare sinistra. Di fatto Luigi Messina ha respirato con un polmone solo, ma neanche il secondo intervento è riuscito a salvarlo.
Le carte e i processi
La famiglia si rende conto subito che qualcosa non va: “Prima degli interventi – racconta Giuseppe Messina, padre di Luigi – avevo parlato con i tre medici dell’equipe chirurgica, eppure dal verbale di intervento risultava che ce ne fosse solo uno, gli altri erano spariti”. Dopo la denuncia dell’accaduto da parte dei genitori la procura di Catania inizia a indagare, nominando tre periti catanesi. I quali scrivono nella loro relazione che “il comportamento professionale non corretto dei chirurghi che eseguirono il primo intervento”, da solo, non sarebbe causa del decesso, che invece sarebbe da attribuire ai problemi di respirazione “causati dalle precarie condizioni cliniche e prematurità del piccolo Messina Luigi”. Per il primo gruppo di periti nominati dalla procura, in altre parole, la causa della morte sarebbe il fatto che il piccolo è nato prematuro, e non ci sarebbe nessuna responsabilità né da parte dei chirurghi di Taormina, né da parte dei neonatologi del Garibaldi.
Su questo punto i genitori di Luigi danno battaglia: “Come si fa a definire prematuro un parto programmato?” si chiede Giuseppe Messina. Il quale, con l’aiuto della onlus “Aria Nuova”, prepara una memoria in cui sottolinea le diverse stranezze della documentazione che riguardano i dieci giorni di suo figlio Luigi, i nomi dell’equipe chirurgica che non vengono segnalati, le note nei verbali di intervento. Fino alla lettura della relazione dell’anatomopatologo che aveva partecipato all’autopsia del piccolo Luigi, in cui si scoprono due cose. La prima, che il dottore scrive di infarto emoraggico del polmone sinistro; la seconda, che è esclusa l’immaturità degli organi esaminati. Entrambe le cose vengono confermate da una seconda perizia, scritta da uno specialista in anatomia patologica dell’ospedale Bellaria di Bologna, in cui si legge: “Diagnosi: focolai atelectasia e focolai di infarto emorragico del polmone sinistro come da esiti di chiusura dell’arteria polmonare sinistra”. La perizia dello specialista bolognese si conclude con la frase “Assenza di aspetti di immaturità a carico di tutti gli organi esaminati”.
Le indagini per falso
A partire da questi elementi l’associazione “Aria nuova”, tramite il suo avvocato Antonio Cozza, ha presentato una denuncia per falso in perizia a carico dei tre professionisti di cui la procura di Catania si servì per redarre la prima relazione sul caso. Non solo: secondo quanto dichiara Cozza, “dal nuovo esame emerge che la morte del piccolo è ascrivibile ad un grave errore dei sanitari che lo ebbero in cura al Garibaldi-Nesima”. I responsabili non sarebbero dunque solo i chirurghi, arrivati da Taormina per chiudere il dotto di Botallo al piccolo Luigi, ma anche i neonatologi che lo curarono. Uno spiraglio per i genitori, che da cinque anni si battono per vedere riconosciuta la verità.