PALERMO – C’era una volta, quantomeno, il paravento della questione morale, le quinte che nascondevano a stento un retropalco di anomalie, privilegi e abusi. Adesso, è crollato anche questo. E al governatore Crocetta è rimasta la triste scena di una legislatura di fallimenti e strafalcioni, di inciampi e condanne, di indagini e piccoli o grossi scandali, tutti compresi all’interno del perimetro di quello che fu e a stento è ancora, il suo cerchio magico.
Perché la vicenda del patron di Ksm Rosario Basile, ai domiciliari per una storia che chiaramente ha una origine privatissima, finisce per sconfinare nel pubblico, nell’agire di un imprenditore che, come abbiamo raccontato, da anni intreccia la sua attività alle esperienze politiche o alle relazioni che contano. C’è sullo sfondo il coinvolgimento di un pubblico ufficiale, una azienda che – stando a un’inchiesta del programma televisivo della Rai, Rec – ha anche una enorme potenzialità elettorale: chi assume, infatti, se non i privati in tempi di blocchi e divieti? Blocchi e divieti che hanno recentemente azzoppato – vedi la vicenda dei concorsi della Sanità – le velleità dei politici di Sicilia.
Sarà sfortunato, Crocetta. O quantomeno avrà perso per strada quello che una volta rivendicava come il “fiuto sbirresco”. Quell’intuito che gli avrebbe consentito di riconoscere persino dall’odore, prima ancora che dalla vista, i collaboratori affidabili da quelli che non lo sarebbero stati. Vicenda privata, quella di Basile, e ancora tutta da chiarire e che potrebbe anche risolversi con un proscioglimento del patron dell’azienda quasimonopolista della security. Ma che sfortuna, per il socio unico di Irfis, cioè la Regione, cioè Crocetta.
Azienda che oggi si ritrova con un presidente “in contumacia” e con un cda nel quale due dei tre componenti sono stati in maniera diversa coinvolti in inchieste. Quella contabile a carico di Patrizia Monterosso si è risolta già con una pesantissima condanna e una richiesta di risarcimento ultramilionaria, mentre la burocrate regina dovrà affrontare anche una vicenda di natura penale, con l’accusa, questa persino ancor più grave, di un peculato stellare. È questo, per intenderci, il cda che sta guidando la più importante “mediobanca” del Sud Italia. Quella in grado di “muovere”, grazie anche alle leve del mercato, fino a un miliardo di euro, in crediti, prestiti, mutui. In un periodo nel quale l’accesso al credito nelle banche “classiche” è quasi un miraggio.
E basta guardare indietro a tre anni fa, per capire quante cose sono cambiate. Il Crocetta dei primi giorni, quello che puntava il dito contro fatti assimilabili al furto di caramelle, che scorreva gli alberi genealogici per sputtanare dipendenti pubblici, che sollevava polveroni per lo sprecuccio dell’amministratore a capo dell’ultimo ente regionale, si è perso per strada. Il socio unico Regione ossia Rosario Crocetta, mantiene quell’ente nelle mani di un presidente ai domiciliari e di una vicepresidente (del resto confermata da Crocetta nelle mansioni di segretario generale) condannata dalla Corte dei conti e sotto inchiesta dalla Procura.
È crollato quel paravento che faceva apparire Crocetta diverso. Nonostante diverso sotto certi aspetti lo sia, ovviamente: nessuna inchiesta ha sfiorato il presidente finora, se si esclude quella per diffamazione dalla quale è “coraggiosamente” fuggito difendosi con lo scudo dell’immunità che sa tanto di vecchia politica. Nessuna inchiesta, insomma, paragonabile a quelle che hanno coinvolto i suoi predecesssori Cuffaro e Lombardo. Ma Crocetta non ha reso fertile questa differenza. O meglio, ha provato a farlo con le parole, scivolando poi fragorosamente su nomine e amicizie.
Con Antonio Ingroia, Crocetta condivide ancora una inchiesta della Procura contabile sulle assunzioni in Sicilia e-servizi. Il presidente dell’Ast confermato dallo stesso governatore, Dario Lo Bosco, è finito agli arresti per una vicenda legata a Rfi. E poi, soprattutto, ecco gli errori di valutazione clamorosi nella Sanità.
Proprio la Sanità, poi. Proprio l’ambito nel quale doveva celebrarsi la “purificazione”, la rinascita della Sicilia “rivoluzionata” da Crocetta, anche grazie al nome di Lucia Borsellino. E invece, anche in questo caso, basta guardare le cose come stanno. Lucia è fuggita a gambe levate, di fronte a questioni “di natura morale ed etica”. Matteo Tutino è ai domiciliari a causa delle accuse gravissime sulla gestione del reparto di chirurgia plastica a Villa Sofia. Indagato è anche l’ex commissario Giacomo Sampieri, il preferito dal presidente che lo difese evitandogli la cacciata dall’azienda della quale era commissario. Dalle telefonate tra questi medici e tra loro e il governatore, ecco il quadro desolante di una Sanità malata, un labirinto di clientele, favori e abusi. Una “escalation” quella di Tutino che, per usare le parole dei pm, si avvaleva “soprattutto dei suoi rapporti particolarmente privilegiati con il presidente della Regione onorevole Rosario Crocetta”. Crocetta che ha sempre replicato: “E’ solo il mio medico personale”. È vicenda privata, insomma. La cosa pubblica, manco a dirlo, non c’entra.