CATANIA – Dove la politica non arriva, o non vuole arrivare, dove le amministrazioni non concludono se non qualche spot, è la cittadinanza a prendere le redini, ad analizzare e proporre. È proprio quello che sta avvenendo a Librino dove, una rete di associazioni diventata negli anni sempre più fitta e partecipata, ha avviato un laboratorio per la progettazione condivisa di proposte, per rilanciare il quartiere periferico grande come una città.
In autonomia rispetto alle facili promesse o rassicurazioni, e in continua ebollizione ed elaborazione, il laboratorio stamani ha illustrato quanto emerso lo scorso 2 luglio quando, attraverso tavoli tematici, le associazioni hanno prima analizzato le problematiche e poi elaborato le proposte per fare del quartiere una nuova realtà.
“Il lavoro che sta facendo la piattaforma non è né assoggettato né funzionale all’amministrazione comunale – afferma Santo Molino, ex dirigente scolastico della Pestalozzi, e parte della rete – ma è un gruppo autonomo che mette a disposizione le proprie idee per chi le voglia utilizzare”.
Idee che, come già evidenziato nel corso dell’incontro d’inizio mese, tendono principalmente a mettere in campo azioni mirate innanzitutto a superare il luogo comune che vede Librino il Bronx di Catania, e azioni concrete per rendere reale quanto immaginato.
Perché è dal pensiero della Librino futura che nasce il documento elaborato e presentato stamattina, nato dai desideri di chi vive e lavora nel quartiere ma soprattutto di chi pensa che Catania possa rinascere proprio dal luogo oggi simbolo in negativo, ma dove il fermento sociale è alto. “Lo scorso 2 luglio – spiega Sara Fagone, della Cgil e coordinatrice della rete – abbiamo chiesto ai partecipanti di immaginare il quartiere tra dieci anni. Ogni idea è stata riportata su un post-it da cui sono nate le esigenze che chi vive qui considera primarie”.
Verde, spazi sociali, luoghi di cultura, ma soprattutto valorizzazione dell’esistente, mobilità e investimenti sulle persone. “E’ poco proficuo – si legge nel report – continuare a spendere soldi pubblici per riqualificare il quartiere da un punto di vista solo fisico. Se ad ogni euro speso in “pietre” non corrisponde un euro investito sulle persone, continueremo ad assistere a uno spreco”.
“Solo coinvolgendo le persone in quella che è la loro realtà si contrasta l’anti politica e la cecità delle amministrazioni – ha aggiunto la Fagone che ha illustrato quanto emerso dal laboratorio insieme alla preside della Musco, Cristina Cascio, e a Eleonora Guzzetta, collaboratrice della rete e curatrice del blog realizzato dalle associazioni.
È questa un’altra novità della politica che parte dal basso: si chiama Librino Lab (l’indirizzo è Librinolab.wordpress.com) e sarà il luogo virtuale in cui le attività di cooperazione e progettazione continueranno e si allargheranno a chiunque volesse dare il proprio contributo. Anche perché, il mancato o il ridotto coinvolgimento della gente, della cittadinanza che conosce disagi e problematiche potrebbe portare gli amministratori a fare errori o, se non proprio a farne, a non realizzare azioni corrette.
Un esempio è il Librino express. Una richiesta, quella di potenziare il collegamento tra il quartiere e la città, avanzata proprio dalla rete di associazioni. “L’incremento del trasporto pubblico era una delle nostre richieste – ha sottolineato la Fagone. Abbiamo pensato che fosse un incentivo per noi e per i nostri abitanti. Mi sono informata bene e ho capito che verrà soppresso il 55. Per questo noi non prendiamo bene quanto deciso. Affatto. Se è vero che l’autobus ci metterà dieci minuti, è anche vero che le persone dovranno prendere navette per spostarsi all’interno del quartiere. Non mi sembra infine – ha concluso – che il Librino express effettui fermate dove sorgeranno gli istituti onnicomprensivi”.