"La riforma delle Province?| Troppi punti interrogativi" - Live Sicilia

“La riforma delle Province?| Troppi punti interrogativi”

Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta di Gaetano Balistreri, coordinatore r.s.u. della Provincia di Palermo in merito al ddl in discussione all'Ars sui consorzi.

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PALERMO – Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta di Gaetano Balistreri, coordinatore r.s.u. della Provincia di Palermo in merito al ddl in discussione all’Ars sui consorzi.

“Il ddl 642 del Governo Crocetta getta ombre inquietanti sulle prospettive occupazionali degli oltre seimila dipendenti pubblici delle attuali nove province siciliane, nonché rischia di risultare ancor più foriera di ulteriori spese tutte a carico dell’intera cittadinanza siciliana. Le questioni e le incognite sono tante, per brevità riportano alcune tra le più importanti. L’articolo 10 dell’emendamento di riscrittura governativa al ddl assegna ai liberi consorzi di comuni soltanto alcune funzioni di programmazione e pianificazione territoriale volti al solo coordinamento di funzioni. Peccato che le competenze per queste funzioni si risolvano solamente nella redazione dei piani associati delle funzioni e dei servizi che verranno esclusivamente espletati dal personale dipendente dei comuni e non da quello dei consorzi (attuali province). E’ pacifico che le attuali norme di tenuta finanziaria finalizzate al rispetto del parametro di virtuosità (rapporto spesa personale/spesa corrente), non consentono né alle costituende città metropolitane nonché alla Regione e tanto meno ai Comuni, di assorbire, seppur in presenza di trasferimento di funzioni, tanto per focalizzare l’aspetto alla più grande provincia di Sicilia (quella di Palermo), i milleduecento dipendenti. In assenza di opportuni correttivi alla geografia della neo città metropolitana e alla consistenza demografica del rimanente attiguo Consorzio, per tutti questi lavoratori si innescheranno “inevitabilmente” le procedure di mobilità per soprannumero e poi il licenziamento.

Tra l’altro le ipotesi di intervento sulla consistenza demografica del consorzio della provincia di Palermo, risultano oramai vanificate dalla, purtroppo, recente versione di cui all’articolo 2 del ddl, approvata nell’ultima seduta parlamentare della settimana scorsa, che fissando in 180.000 abitanti la condizione di costituzione del Consorzio fa sì che , in teoria, nell’area attigua al comune di Palermo si potranno costituire perfino tre o anche quattro consorzi di comuni, escluso il capoluogo.

In aggiunta a questa previsione, non risultano chiare le economie di scala, tanto ventilate dalla riforma, che si otterranno, posto che la duplicazione dei centri di costo sarà inevitabile poiché aggravata da una totale mancanza di chiarezza di attribuzione di competenze e di funzioni che nel ddl si assegnano ai comuni, ai consorzi nonché alle regioni.

Le risorse finanziarie di spettanza delle attuali Province, che supportano il 70% delle spese (servizi alla cittadinanza, stipendi ai lavoratori), provengono dall’introito di imposte e tributi (Rca,Ipt,Tefa) che funzionando su riferimenti provinciali mal si conciliano con la forma statutaria dei nuovi enti che invece il ddl vuole di natura consortile. Domanda: se l’ordinamento giuridico italiano riconosce come Enti dotati di autonomia impositiva soltanto Stato, Regioni, Città Metropolitane e Comuni, con quale obbligatorio ed incontestabile presupposto giuridico si trasferiranno le imposte e i tributi sopra accennati ai futuri consorzi, al fine di garantirne la sopravvivenza? Non si comprende perché nel territorio italiano si siano già costituite alcune città metropolitane che hanno incluso (in perfetta sintonia di consistenza demografica di stampo europeo )anche i territori dei comuni coincidenti con le attuali Province. Di contro in Sicilia la melina dei sindaci locali ha fatto sì da non consentirne altrettanto, predisponendo di fatto, alla faccia del federalismo fiscale e del decentramento, il gap dei territori dell’entroterra, l’handicap finanziario per i mancati introiti dei contributi europei che saranno dirottati solo al capoluogo e il deficit occupazionale che emergerà nei rimasti consorzi”.

 

 

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