La Sicilia è lontana dall'Europa. Esagerati? Fate la Palermo-Catania...

La Sicilia ancora lontana dall’Europa. Esagerati? Fate la Palermo-Catania

Una esperienza drammatica nella Sicilia che non è europea

PALERMO – La Sicilia fotografata nel cono di luce delle elezioni europee è una terra non sovrabbondante di motivi per essere ottimisti, un’isola ancora lontana dall’Europa tanto vagheggiata, contrariamente alla proverbiale Milano di una canzone di Lucio Dalla. Non ci credete? Siamo esagerati? Mettetevi in macchina e vedrete.

Per una sintesi figurativa dei diversi argomenti a dimostrazione dell’assunto, potrebbe, infatti, bastare l’esperienza drammatica di chi percorre, magari ogni giorno, la famigerata A 19, la Palermo-Catania, di cui si scrive da tempo, periodicamente. Un simbolo (in)calzante.

Palermo-Catania? Una trazzera…

Si sta lavorando, certo, con quello che appare come un maggiore impegno, rispetto a una atavica ‘indifferenza’. Le squadre di operai sono visibili: chi ha viaggiato di recente se n’è accorto. Le azioni di manutenzione sono necessarie. La data fissata dal presidente della Regione, Renato Schifani, per la ‘liberazione’ è il dicembre 2026. Un obiettivo non ravvicinato, ma, almeno, determinato. Ed è già un passo in avanti.

Eppure, gli sventurati che ancora incappano in un dedalo sterminato di cantieri non possono fare a meno di pensare quanto quell’incubo – nel susseguirsi di deviazioni, restringimenti, soste, rallentamenti e difficoltà – sia incompatibile con una normale viabilità. Quanto, cioè, sia poco ‘europeo’ quel tragitto accidentato. La Palermo-Catania vale già come ingombrante metafora di una arretratezza duratura.

E i numeri…

Ma questa è appena una delle tante storie che si potrebbero raccontare e che individuano l’esatta posizione di una antica e oggettiva marginalità. Oltre le metafore, a bizzeffe e in tutti i campi, ci sono i numeri ‘testardi’ nel pronunciare verità spiacevoli.

Si può citare, per esempio, in una recente un’agenzia Adnkronos: “L’Indice di progresso sociale regionale dell’Ue, presentato lo scorso 23 maggio dalla commissaria per la Coesione e le riforme, Elisa Ferreira, mostra da un lato le regioni del Nord, dall’altro l’ex blocco sovietico e i Paesi affacciati sul Mediterraneo, in costante ritardo. Un gap che diventa un abisso in Campania e Sicilia, rispettivamente al 207esimo e 214esimo posto su 236 regioni europee”.

La ricerca mette insieme dati che riflettono la fisionomia di un luogo, riguardo al benessere, alla soddisfazione dei bisogni basilari, alle opportunità e il dato non si è consolante. Questa è la fotografia del presente che, magari, potrà essere ribaltata (lo speriamo tutti) nella profusione di impegni e risorse. Intanto, dalla sconsolatezza degli avventori di Sacchitello, alle ultime statistiche: non sembra giunto ancora il giorno giusto per avviare una ‘ola’ di entusiasmo, da Palermo a Pachino.

La sfida dei partiti

Eccoci, infine, al voto, innervato di contrapposte retoriche e vissuto su due livelli. Uno – corretto e palese – chiama in causa l’importanza delle decisioni globali che verranno assunte e il valore locale delle consultazioni. L’Europa conta moltissimo, girarsi dall’altra parte significa non volersi bene.

L’altro piano, più carsico, coinvolge le prove di forza all’interno e all’esterno di tutti i partiti. Una prassi politica sicuramente legittima, certamente orientata sul potere, che, però, ha poco senso per l’interesse di una terra di speranze friabili.

Altri sono gli scenari da tenere presenti e chiamano in causa la responsabilità collettiva, a prescindere dagli schieramenti in campo. Non possiamo ancora dirci europei, se l’unica speranza per un viaggiatore stremato resta il profilo di una stazione di servizio in mezzo all’incubo.


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