Storie di licenziamenti. Storie di piccoli imprenditori che non riescono più a mandare avanti la propria azienda. Storie di imprese che chiudono. Storie di gente comune che non sa più cosa fare per ‘campare’ la famiglia. Circa diecimila persone sono scese in piazza. Un dato che testimonia il segno di difficoltà che sta vivendo la Sicilia.
“Sta scomparendo il tessuto produttivo. Chiudono le aziende. E’ necessario l’intervento della politica se vogliamo evitare la chiusura di tutti i siti produttivi in Sicilia – ha detto Francesco Lannino, segretario Filctem Cgil Palermo e dipendente Enel – nel tempo si è registrata una perdita costante nelle piccole aziende manifatturiere fino ad arrivare a Eni, Enel e Terna, i grandi colossi che riducono sempre più le proprie strutture sul territorio. Bisogna assumere e non licenziare ma soprattutto mettere a disposizione le risorse per creare lavoro produttivo e non assistenziale”.
Tra il 2010 e il 2011 l’Eni ha messo in mobilità circa 1500 persone, su tutto il territorio nazionale, e ne ha assunti soltanto 500. “Questa è una politica di svecchiamento – spiega Michele Ferruggia, Rsu Eni – circa 900 persone sono in cassa integrazione. Dal 2007 l’azienda ha avviato la chiusura di diverse unità operative. Da dieci sono passate a tre, Palermo, Enna e Siracusa. Il rischio di chiusura di una di queste tre unità operative è alto”.
La crisi investe anche il settore della sanità che ormai “fa acqua da tutte le parti”, come dice uno dei lavoratori in sciopero. “Il mese scorso la clinica privata Triolo-Zangla ha licenziato undici persone tra cui anche me – ha detto Luciano Fabio Basso – l’azienda ci ha comunicato che bisognava ridurre i costi e che aveva un problema di budget. Per sgravarsi dai costi, si è rivolta ad una ditta esterna. Per otto mesi potrò usufruire del sussidio di mobilità. Poi non saprò che fare. Oggi sono qui per rivendicare un diritto che mi è stato tolto”.
Brutte notizie anche per l’agricoltura siciliana. “La situazione dell’agricoltura è disastrosa – afferma Salvatore D’Oro di Confagricoltura Agrigento – lo Stato non aiuta i piccoli imprenditori in crisi, mentre i grandi semplicemente pareggiano i costi. Soltanto ad Agrigento ci sono circa 500 agricoltori che non lavorano più. Un dato che ci fa capire meglio in che situazione vivono invece i paesi che vivono solo di agricoltura. Chiediamo che lo Stato diventi socio delle aziende al 50%”.
Non gode di migliore salute l’edilizia, che a Palermo in un solo anno ha perso oltre mille posti di lavoro, come rivela Cassa edile di Palermo (Cepima), l’ente bilaterale di mutualità e assistenza gestito da rappresentanti dell’Ance e dei sindacati confederali di categoria Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Feneal-Uil. Secondo i dati della Cepima, a settembre scorso i lavoratori iscritti erano 8.985 e 1.925 le aziende. Il saldo, rispetto a 12 mesi prima è di 1.013 operai (erano 9.998) e 115 aziende in meno (erano 2.040). Da dicembre del 2010 ormai non si risale sopra quota 10 mila operai, e anche le ore lavorate restano abbondantemente al di sotto del 1.281.473 della scorsa estate. Quanto al numero delle ditte, solo a giugno e luglio del 2011 si era risaliti leggermente sopra quota 2.000 aziende iscritte, ma gli ultimi dati hanno fatto registrare un nuovo calo.
Anche lo stato di salute del settore telecomunicazioni non è dei migliori. Prevale un fenomeno di delocalizzazione che sta portando le aziende ad investire all’estero piuttosto che in Italia per ridurre i costi della manodopera. “Su circa 1500 dipendenti, si registra un 20% di delocalizzazione – a rivelare il dato regionale è Giovanni Gorgone, responsabile della segreteria regionale telecomunicazioni Ugl – chiediamo al Governo di legiferare al più presto e fare in modo che le aziende, che hanno usufruito di sgravi fiscali e agevolazioni, investano nel nostro territorio”.
Crisi avvertita anche nel settore dell’artigianato e dell’edilizia. “Stanno mortificando il settore e le banche hanno chiuso i prestiti agevolati – racconta Salvino Spinato, dirigente Casartigiani di Monreale – ho un’azienda con tre impiegati. Tutti gli imprenditori che operano in questo settore, come me, negli ultimi anni hanno accumulato non meno di 50 mila euro di debiti”.
“Le banche non ci consentono di respirare mentre il lavoro è diminuito del 50% – afferma Dina Magadino, dirigente Casartigiani Trapani e titolare di un centro estetico – Ho tre dipendenti ma se la situazione resta stabile sarò costretta ad andare avanti con un solo dipendente o da sola. Io chiedo più fide bancarie e maggiori controlli sull’abusivismo”.
“Sono stato licenziato due anni fa e per il momento sono disoccupato – afferma Giuseppe Filippazzo di Portoempedocle, dove due giorni fa si è svolta una manifestazione locale – Ho lavorato per un’impresa edile ma poi l’impresario ha dovuto dimezzare i suoi dipendenti a causa dell’economia bloccata. E’ difficile andare avanti. Spero che qualcosa si sblocchi al più presto. Anch’io ho diritto ad un posto di lavoro”.